Palazzo Madama, sede del Senato

“Le risorse messe a disposizione della riforma fiscale, rinviata al 2022, sono nella sostanza 2,5 miliardi di euro per l’anno 2022 e 1,5 miliardi di euro a regime a decorrere dal 2023. Si tratta di uno stanziamento sostanzialmente inconsistente rispetto ad un obiettivo di riforma dell’intero sistema fiscale”. E’ quanto affermato dl Consigliere nazionale dei commercialisti delegato alla fiscalità, Maurizio Postal, nel corso dell’audizione sulla Manovra svoltasi oggi presso la Commissione Finanze e Tesoro del Senato. “Degli 8 miliardi di euro per l’anno 2022 e 7 miliardi di euro a regime dall’anno 2023, 5,5 miliardi – sottolineano i commercialisti –  sono infatti destinati alla riforma dell’assegno universale alla famiglia, al cui servizio vengono attribuiti 3 miliardi anche per l’anno 2021, presumibilmente nell’ottica di un avvio della riforma a partire dalla metà dell’anno 2021”.

Fondi insufficienti per una riforma fiscale organica

“Tanto quanto è vera e sostanziale la riforma del cosiddetto “assegno unico per i figli”, è il commento di Postal, – sulla quale esprimiamo per altro vivo apprezzamento, perché supera l’assoluta inadeguatezza dello strumento delle detrazioni IRPEF decrescenti per figli a carico e punta a superare l’odiosa e incivile discriminazione tutt’oggi esistente, tra lavoratori dipendenti e lavoratori autonomi, rispetto allo strumento degli assegni familiari – altrettanto suscita perplessità una asserita “riforma del sistema fiscale”, inserita sotto il cappello di norme per la “riduzione della pressione fiscale”, non di norme per la “semplificazione del sistema fiscale”, cui vengono destinate a regime risorse nell’ordine di 1,5 miliardi di euro”.

“Per capire la sostanziale inconsistenza di un simile stanziamento, rispetto ad un obiettivo di riforma dell’intero sistema fiscale, nemmeno di un suo specifico ambito soltanto, come ad esempio le imposte dirette o le imposte indirette”, ha proseguito Postal, “basti pensare che la Relazione tecnica al disegno di legge di bilancio quantifica una somma doppia, ossia 3 miliardi di euro, già solo per mettere a regime la cosiddetta “detrazione aggiuntiva di lavoro dipendente”, che parte da 1.200 euro in corrispondenza di 28.000 euro di reddito imponibile e si azzera in corrispondenza di 40.000 euro di reddito imponibile. Con 1,5 miliardi di euro a regime si riuscirebbe a coprire solo metà di questa singola misura, figuriamoci impostare una riforma generale del sistema fiscale, o anche solo dell’IRPEF, finalizzata alla riduzione della pressione fiscale”.

“Per altro”, ha proseguito il rappresentante dei commercialisti, “la scelta di investire in questa fase storica ulteriori 3 miliardi di euro a regime per ridurre la pressione fiscale sui contribuenti con redditi da 28.000 a 40.000 euro, ma soltanto se titolari di redditi di lavoro dipendente, contribuisce ulteriormente ad allontanare la possibilità di un riordino complessivo dell’IRPEF nel segno di una equità non soltanto verticale, ma anche orizzontale della curva della progressività. Si è parlato tanto di aliquota continua alla tedesca con unica curva della progressività per tutti, ma poi si continua con la divaricazione delle curve della progressività tra dipendenti, pensionati e autonomi”.

“Stando così le cose”, ha detto Postal, “suggeriamo di utilizzare le ridottissime risorse accantonate per potenziare la disciplina della flat tax delle partite IVA individuali, non tanto sul versante del tetto massimo di fatturato, quanto sul versante della possibilità di avvalersene anche in caso di esercizio dell’attività in forma associata, posto che l’aggregazione è qualcosa che deve essere stimolato anche a livello di micro-attività, non soltanto a livello di attività maggiori. 

Disapplicare gli ISA per il 2020

“Il disegno di legge di bilancio per il 2021”, ha affermato Postal,  “presenta una lacuna che sarebbe opportuno colmare. Pare infatti evidente che questo provvedimento dovrebbe prevedere la disapplicazione generalizzata, per l’anno 2020, degli Indicatori Sintetici di Affidabilità fiscale (i cosiddetti “ISA”) e delle presunzioni in materia di società non operative”.

“Crediamo non serva dire nulla, che non sia già sotto gli occhi di tutti”, ha affermato Postal, “sulla natura assolutamente anomala, dal punto di vista delle dinamiche economiche, dell’anno 2020, rispetto a situazioni di normalità economica. È dunque evidente che indicatori e presunzioni tarate appunto su situazioni di normalità sono comunque destinati a una disapplicazione generalizzata in un anno completamente anomalo come il 2020”.

“Si tratta di capire”, ha concluso Postal, “se si vuole normare con due righe in legge di bilancio questa lapalissiana evidenza di fatto, oppure se si preferisce ancora una volta lasciare il tutto ad adempimenti, istanze di interpello e quant’altro, in un trionfo di inutile burocrazia tanto dal punto di vista dei contribuenti, quanto dal punto di vista dell’Amministrazione finanziaria”.

Misure essenziali per la tenuta e il rilancio dell’economia poco consistenti

Sulle misure per il rilancio dell’economia Postal ha affermato che “è corretta la separazione tra misure di aiuto immediato, affidate ad appositi decreti, e misure di transizione e ripartenza con un’ottica di breve, ma non brevissimo periodo, affidate alla legge di bilancio. Misure formalmente presenti nel disegno di legge di bilancio, ma senza che tale forma sia accompagnata dalla necessaria consistenza sostanziale”. Il riferimento di Postal è alle misure di sostegno al settore dell’edilizia, alla liquidità delle imprese attraverso il sistema creditizio, alla adeguata patrimonializzazione delle imprese, agli investimenti privati delle imprese e ai processi di aggregazione tra imprese.

I commercialisti denunciano innanzitutto la mancanza nel testo della Manovra della proroga delle detrazioni “edilizie” in scadenza al 31 dicembre 2021: il superbonus, nonché l’ecobonus e il sismabonus per interventi su parti comuni di edifici condominiali. L’invito della categoria “è quello di disporre una proroga fino almeno al 31 dicembre 2024”.

Sul fronte della capitalizzazione delle imprese i commercialisti propongono l’introduzione di un apposito superbonus e giudicano “l’incentivo introdotto con l’articolo 26 del Decreto Rilancio e gli ulteriori ritocchi, che vengono ad esso apportati con l’articolo 42 della presente legge di bilancio poco incisivi e estremamente complicati e pieni di eccezioni e di eccezioni alle eccezioni”.

Sui crediti d’imposta per nuovi  investimenti, Postal ha affermato che “l’articolo 185 del disegno di legge di bilancio rilancia giustamente il credito di imposta per gli investimenti in beni strumentali nuovi. Abbiamo altresì apprezzato che il Governo abbia da subito previsto che l’incentivo si applichi alle stesse condizioni e negli stessi limiti anche agli investimenti effettuati dagli esercenti arti e professioni. È però necessario valutare anche in relazione a questa misura il potenziamento significativo della intensità dell’aiuto, rispetto alle misure già riconosciute in passato relativamente ad esso. Non siamo in condizioni di business as usual e non è possibile pensare di introdurre agevolazioni as usual”.

Per la categoria il testo della legge di Bilancio ha “il freno a mano tirato” anche su “Superbonus aggregazioni imprese”. “L’articolo 39 del disegno di legge di bilancio introduce un corretto incentivo fiscale alle aggregazioni aziendali basato sulla trasformazione in credito di imposta delle attività per imposte anticipate correlate a perdite. Dopo un anno drammatico come il 2019 – ha affermato Postal – è un’idea corretta che deve essere però adeguatamente valorizzata. Prevedere che l’agevolazione possa essere fruita solo in cambio del versamento all’Erario di un importo pari al 25% di quelle stesse attività, depotenzia in partenza l’istituto. Quanto meno per i processi di aggregazioni delle PMI, questo tipo di “fee” sull’incentivo andrebbe eliminato”.

Positivo” viene poi giudicato il prolungamento delle moratorie bancarie, ma “è necessario iniziare a impostare sin d’ora una “fase 2”, ossia una fase successiva a quella delle moratorie, al fine di dare già adesso autentica prospettiva alle imprese”. “È essenziale”, ha detto Postal, “che, dopo la fase delle moratorie, sia dato spazio a una fase in cui banche e imprese possano concordare ristrutturazioni dei piani di rientro dei finanziamenti, che, con il termine delle moratorie, tornano a decorrere, senza che queste “concessioni straordinarie post COVID” determinino gli effetti che altrimenti determinerebbero sulla qualità del credito oggetto delle concessioni”. Senza una norma ad hoc, ha proseguito Postal “le concessioni delle banche sul rientro dei crediti da finanziamento, che vantano nei confronti della clientela, comportano un peggioramento del merito creditizio dei clienti e obblighi di accantonamento per le banche, con conseguente stretta creditizia per i primi e minore agibilità nel rilascio di credito da parte delle seconde”. “Trattandosi di materie la cui regolamentazione è ormai prerogativa delle competenti Autorità europee, è opportuno che le istituzioni italiane si attivino con determinazione nelle competenti sedi europee affinché, quanto prima, queste ineludibile esigenza trovi accoglimento”.

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