Dai propositi alle proposte. All’appello del presidente Draghi per una riforma fiscale strutturale (che in Italia manca dal ’74) rispondono i commercialisti italiani con una serie di proposte concrete esposte nel corso dell’audizione parlamentare presso le Commissioni riunite Finanze e Tesoro di Camera e Senato.
In tal senso, i commercialisti si erano già portati avanti grazie al «Rapporto sulla riforma dell’lrpef» redatto dalla commissione voluta dal Consiglio nazionale e coordinata da Carlo Cottarelli. «Ne è emerso un quadro chiaro delle priorità – spiega Massimo Miani, presidente dei commercialisti italiani -. Il sistema fiscale progressivo per fasce di reddito presenta tre criticità. Il primo in corrispondenza dei redditi bassi e medio-bassi (fino a 28mila euro). Ci sono differenze molto accentuate tra contribuenti con lo stesso reddito ma tipologie diverse che concorrono a formarlo: una situazione dovuta all’effetto combinato di detrazioni decrescenti differenziate e del bonus 100 euro. Secondo: per i redditi medi e medio-alti (da 28mila a 75 mila euro) c’è un salto eccessivo dell’aliquota marginale: si passa al 38% con un salto di ben 11 punti percentuali in più rispetto allo scaglione precedente, mentre, parallelamente, continuano a riànrsi le detrazioni».
Il terzo punto di criticità è invece legato a redditi molto elevati (oltre 50o mila euro). «In questo caso – continua Miani – le aliquote medie effettive diventano addirittura più favorevoli di quelle di altri Paesi». Possibili soluzioni? «Sostituire le attuali curve della progressività italiana con una curva della progressività su modello tedesco unica per tutti i contribuenti fino a 500 mila euro. Oppure, quantomeno, agire sullo scaglione di reddito che va da 28 a 55 mila euro, su cui si applica attualmente l’aliquota del 38%, suddividendolo in due distinti scaglioni: il primo, da 28 a 4o mila euro, con l’aliquota del 32%, il secondo, da 40 a 55 mila euro, con applicazione dell’aliquota del 38%. Infine ribadiamo come prioritario il tema dell’equiparazione della pressione fiscale tra lavoratori autonomi e dipendenti».
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