“Il taglio dell’Iva di pochi punti per un periodo limitato, che secondo i primi calcoli dovrebbe costare circa 10 miliardi o poco più per un taglio di due punti percentuali, non avrebbe un effetto importante sui consumi”. Lo ha affermato oggi, nel corso del videoforum del Sole 24 Ore “Telefisco 2020 – Obiettivo Rilancio”, il presidente dei commercialisti italiani, Massimo Miani, intervenendo nel dibattito sull’ipotesi del taglio dell’Iva proposto dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte durante gli Stati Generali. “Sarei più propenso ad utilizzare queste risorse per fare degli investimenti in settori strategici del Paese come quelli del turismo e dell’automotive, che hanno avuto e hanno grandissime difficoltà, dove si potrebbe intervenire attraverso agevolazioni e possibilità di detrazioni e deduzioni più ampie rispetto a quelle molto ridotte di oggi”.
Miani è poi intervenuto ancora una volta sull’esclusione dei professionisti dai contributi a fondo perduto previsti dal decreto Rilancio, sottolineando la necessità di interventi anche a favore delle libere professioni. Per uscire da questa “strettoia” che il legislatore ha scelto, secondo Miani bisognerebbe semplicemente ammettere che è stato commesso un errore. “Vogliamo essere chiari nell’esprimere il disagio che arriva da tutti i nostri iscritti e da tutti i professionisti italiani che non hanno veramente compreso il motivo di questa esclusione. Non è ammissibile che una partita Iva individuale, che svolge un’attività artigianale o vende beni e servizi in un negozio che ha avuto un calo di fatturato di almeno un terzo, abbia diritto al contributo mentre un professionista che lavora in uno studio individuale e che ha avuto un calo del 100% del fatturato non ottenga alcun contributo”.
“Anche nell’ambito del contributo di 600 euro – ha continuato Miani – le libere professioni ordinistiche hanno incontrato degli ostacoli dovuti alle limitazioni di reddito. In quel caso non abbiamo contestato e le abbiamo accettate, ma questa situazione fa sì che ci siano dei soggetti, quelli con redditi superiori ai 50 mila euro, che fino ad oggi non hanno ottenuto né il contributo di 600 euro, né il contributo a fondo perduto”.
Nel chiedere quindi al legislatore di mettere i professionisti nelle stesse condizioni di tutti gli altri soggetti, Miani ha fatto riferimento anche alla circolare n. 15 del 13 giugno dell’Agenzia delle Entrate che prevede il contributo a fondo perduto per gli studi professionali più grandi, che sono organizzati in forma di società tra professionisti, e che “crea una ulteriore discriminazione all’interno delle stesse professioni”.
Il presidente dei commercialisti ha poi affrontato un altro tema fondamentale per la categoria: la proroga dei versamenti in scadenza al 30 giugno. Dopo il comunicato stampa pubblicato ieri sera dal MEF, che annuncia la proroga del termine di versamento del saldo 2019 e del primo acconto 2020 ai fini delle imposte sui redditi e dell’IVA per i contribuenti ISA e i forfetari dal 30 giugno al 20 luglio, Miani spiega che il Consiglio nazionale “ha sempre chiesto lo spostamento dei saldi e degli acconti del 30 giugno al 30 settembre per due motivi. Da un lato perché i professionisti hanno bisogno di più tempo per fare i calcoli relativi all’imposta visto che a causa dell’emergenza sanitaria si dedicano non solo all’attività ordinaria, ma anche a tutta un’attività straordinaria in cui sono stati coinvolti relativa al contributo di 600 euro, alla cassa integrazione e ai finanziamenti a fondo perduto. Dall’altro lato perché i professionisti sono consapevoli del fatto che i propri clienti e le imprese italiane a corto di liquidità e con difficoltà finanziarie hanno bisogno di più tempo per pagare. Per questo motivo abbiamo sempre chiesto che i pagamenti fossero rinviati e traslati nel 2021. Il quadro temporaneo della Commissione europea consente di arrivare addirittura fino al 31 dicembre 2022, ma noi abbiamo proposto un rientro nel 2021 perché non dobbiamo dimenticare che il prossimo settembre i contribuenti dovranno riprendere i pagamenti relativi ai mesi di marzo, aprile e maggio”.
Miani è infine intervenuto in merito alla sanatoria sul contante e alla voluntary disclosure previste dal Piano Colao. “In linea di principio non siamo favorevoli ai condoni e su questo sono d’accordo con il ministro Gualtieri – ha spiegato Miani – perché è difficile spiegare ai nostri clienti il motivo per cui chi non si è comportato correttamente ottiene agevolazioni maggiori di chi si è comportato correttamente. Valutando però nel contesto, penso che una voluntary si possa fare anche se non sono certo che in questo momento possa avere un grande appeal a meno che non ci siano aliquote bassissime, quasi un prezzo di saldo. Invece la sanatoria del contante, unita alla combinazione di determinati vincoli di utilizzo delle somme, in questa fase potrebbe essere una buona idea, ma non so quanto verrebbe recepita dai cittadini”.
Giornalista professionista, addetta stampa del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili, redattrice di Press Magazine
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