La Legge di stabilità 2016, ai commi 126 e 127, ha introdotto alcune novità normative – di natura sia interpretativa che modificativa – alla disciplina fissata dall’art. 26 del D.P.R. n. 633. La norma risulta così maggiormente articolata e più puntuale nella parte esecutiva, sfruttando maggiormente le previsioni dell’art. 90 della Direttiva 2006/112/CE, anche se mantiene alcuni difetti originari.
La principale novità riguarda il tema del recupero dell’imposta non pagata dal cessionario/committente; il comma 4 dell’art. 26 conferma che il cedente/prestatore, in tale caso, può emettere note di variazione in diminuzione, nelle ipotesi in cui quest’ultimo sia assoggettato a procedure concorsuali e para concorsuali o a seguito di una procedura esecutiva individuale rimasta infruttuosa. Muta, però, il momento a partire dal quale la nota di credito può essere emessa, coincidendo, per la prima fattispecie, con la data in cui il debitore è assoggettato ad una procedura concorsuale ovvero del decreto che omologa un accordo di ristrutturazione del debito ai sensi dell’art. 182 – bis del R.D. n. 267/1942 o, ancora, della pubblicazione sul registro delle imprese di un piano attestato in forza di quanto previsto dall’art. 67, terzo comma, lett. d) del R.D. n. 267/1942 (cfr. lett. a) del comma 4).
Così stabilendo, il legislatore ha superato il precedente assetto normativo, secondo il quale, come interpretato dall’A.F., l’emissione di una nota di credito in diminuzione era subordinata all’esito infruttuoso di una procedura concorsuale (per tutte, ris. 16 maggio 2008, n. 195/E). Quindi ha disposto che il cedente/prestatore può emettere la nota di credito a partire dalla data della sentenza dichiarativa del fallimento o del provvedimento che ordina la liquidazione coatta amministrativa o del decreto di ammissione all’amministrazione straordinaria o al concordato preventivo o dalla data del decreto di omologa per l’accordo di ristrutturazione del debito o di pubblicazione nel registro delle imprese per il piano di risanamento. Per queste ultime si ha la conferma nella norma di ciò che avevano indicato la prassi (Ag. Entrate circ. 30 dicembre 2014, n. 31/E, p.to 22) e la dottrina (Assonime, circ. n. 14/2015).
La novella consente, parimenti, di superare il disallineamento che, sotto il profilo temporale, caratterizzava e differenziava la disciplina dell’imposta sul valore aggiunto rispetto a quella delle imposte sui redditi (art. 101, comma 5, del TUIR, relativa alla deduzione delle perdite su crediti).
Nell’ipotesi generale di mancato incasso, al fine di attestare tale patologia e poter così emettere la nota di credito, permane invece la necessità di dar corso a procedure esecutive individuali, che devono risultare infruttuose (cfr. comma 4, lett. b) del comma quarto), qualunque sia l’ammontare del credito. Il legislatore non ha colto così la possibilità di armonizzare la disposizione rispetto alle previsioni dell’art. 101 co 5 TUIR, che ha introdotto – come noto – un meccanismo automatico di deduzione delle perdite su crediti per mancato incasso che tiene conto di soglie quantitative e temporali. Ciò avrebbe evitato dispendiose procedure recuperatorie, al solo fine di evitare un’iniqua tassazione. L’unico miglioramento che è stato apportato è in tema della puntuale individuazione (comma 12) del momento in cui una procedura esecutiva individuale potrà considerarsi ormai infruttuosa. Pertanto, al verificarsi delle situazioni (tre) dettagliatamente descritte nella norma, il cedente/prestatore potrà emettere nota di variazione nei confronti del debitore inadempiente. Tale elemento, ante modifica, era ritraibile solo nella prassi (ris. n. 195/E cit.).
Un’ulteriore conferma, che è stata introdotta con il novato comma 5 dell’art. 26, secondo periodo, riguarda i soggetti sottoposti a procedure concorsuali, che possono continuare ad effettuare la propria liquidazione dell’IVA senza tener conto delle rettifiche derivanti dal ricevimento di note di credito, in quanto, come ha precisato l’A.F. (cir. 8 aprile 2016 n. 12/E/2016, p.to 13.1), “(…) a fronte della variazione in diminuzione effettuata dal creditore non sussiste, in caso di procedura concorsuale, l’obbligo di registrazione della corrispondente variazione in aumento. A ciò consegue che la procedura non è, altresì, tenuta al versamento della relativa imposta non essendone debitrice”.
Ciò risulta in linea con quanto già in precedenza affermato, a livello interpretativo, dall’Agenzia delle Entrate (ris. 12 ottobre 2001, n. 155, e ris. 17 ottobre 2001, n. 161).
In senso contrario, e quindi deteriore rispetto ad un’interpretazione sostanziale della disposizione, l’Agenzia delle Entrate (sempre cir. 12/E cit., p.to 13.2) ha ritenuto non applicabile tale agevolazione agli accordi di ristrutturazione ed ai piani attestati, precisando che in tali casi “permane l’obbligo del cessionario o committente di registrare la variazione, in rettifica della detrazione originariamente operata”.
Un’ulteriore novità è costituita dalla precisazione contenuta al comma 9 dell’art. 26 in esame, in relazione alle variazioni che possono interessare contratti ad esecuzione continuata o periodica, nel caso di risoluzioni contrattuali conseguenti ad inadempimento. Per queste ipotesi, il legislatore ha sancito espressamente che per tali contratti l’operazione economica viene meno e sorge, quindi, il diritto alla emissione della nota di credito, anche se una delle parti ha adempiuto. Assonime, circ. 5/2016, applica la fattispecie al caso del mancato pagamento della prestazione ricevuta da parte del cliente, che permette così, in presenza di tali fattispecie contrattuali, di non dar corso alle procedure esecutive individuali al fine del recupero dell’imposta non incassata (es. fornitura gas, etc., con contratti che prevedano risoluzione espressa del rapporto in caso di mancato pagamento della prestazione ricevuta).
Da ultimo, è opportuno precisare che, ai sensi del comma 127 della legge n. 208 del 2015, mentre le modifiche di carattere interpretativo esprimono efficacia anche per le operazioni effettuate anteriormente alla data del 1° gennaio 2017, quelle relative alle “procedure concorsuali” si applicano, per i creditori, ai casi in cui il cessionario od il committente sia assoggettato ad una procedura concorsuale successivamente al 31 dicembre 2016. Assonime, circ. n. 5/2016, ha avanzato l’ipotesi che ciò significhi che la regola funzioni anche per le procedure precedenti se il debitore si trovi ancora in procedura dopo il 31 dicembre 2016. E’ evidente che, in ogni caso, è necessario attendere il primo gennaio 2017 per l’applicazione di quanto in esame e rimane valido il termine sancito dal comma 1 dell’art.19 del D.P.R. 633/1972 (circ. 31/E del 2014 cit.).
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