Dopo il Fondo monetario internazionale anche la Banca d’Italia rivede al rialzo la stima 2015 del Pil italiano, portandola allo 0,7%. È la stessa formulata dal governo ad aprile al momento di approvare il DEF 2015. In Italia prosegue la graduale ripresa dell’attività economica – recita il bollettino della banca d’Italia – , sottolineando come l’espansione monetaria stia cominciando a mostrare i suoi effetti sul credito. Ma come riportato nell’Osservatorio economico di giugno della Fondazione nazionale dei commercialisti, i prestiti alle imprese a maggio sono calati e le sofferenze bancarie sono cresciute proseguendo un trend in atto da mesi. A dare i dati sul credito è stessa Banca d’Italia e non lasciano dubbi: +1,9% i prestiti totali delle banche rispetto a un anno, ma -2,3% quelli destinati alle imprese. Il rapporto sofferenze/prestiti, poi, sale all’8,4%, con le sofferenze bancarie che hanno raggiunto il valore di 194 miliardi di euro (+15% rispetto a un anno prima).
La congiuntura interna alterna dati positivi a negativi. Bene il clima di fiducia di famiglie e imprese, bene le esportazioni, soprattutto verso i Paesi extra-Ue grazie al mini-euro, ma ancora deboli appaiono la produzione industriale, i consumi e l’occupazione.
Come segnala l’Osservatorio, le nuova aperture di Partite Iva a maggio sono aumentate dell’1,1% su aprile e del 9,5% su maggio 2014, ma sommando i primi cinque mesi del 2015, l’andamento è piuttosto negativo con un calo del 9,5% che ha riguardato in modo particolare le persone fisiche (-13,3%) e le società di persone (-9,8%). Lo stesso andamento negativo è emerso dai dati Movimprese del primo trimestre dell’anno. Qui, il saldo tra aperture e chiusure è negativo per lo 0,3% e come per le nuove aperture di partite Iva è concentrato tra le società di persone (-0,5%) e le ditte individuali (-0,8%). Calano, invece, i fallimenti, -0,5% su base nazionale anche se emergono grosse differenze regionali come, ad esempio, tra il Piemonte (-13,8%) e il Veneto (+17,2%).
Sul fronte delle entrate tributarie l’Osservatorio segnala il calo del gettito dell’Iva da scambi interni (-2,3% nei primi cinque mesi dell’anno) che sta condizionando l’intero comparto delle imposte indirette (-1,8%), mentre cresce a ritmi galoppanti il gettito delle imposte dirette (+7,3% a maggio) spinto dall’Irpef e, in particolare, dalle ritenute dei dipendenti del settore privato (+5,5% a maggio). Questi dati sono molto indicativi sullo stato della congiuntura italiana, poiché rendono evidenti alcuni effetti positivi del Jobs Act, come l’aumento dei contratti a tempo indeterminato che evidentemente si riflette sulle ritenute Irpef dei dipendenti privati, ma segnalano ancora una forte difficoltà dei consumi, come mostrano i dati sul gettito dell’Iva da scambi interni.
Intanto, il debito pubblico a maggio raggiunge i 2.218,2 miliardi di euro (+2,4% su maggio 2014) spinto, come sempre, dal debito delle Amministrazioni centrali (+2,9% su maggio 2014).
Nel complesso, la congiuntura italiana è certamente orientata verso la ripresa e con ogni probabilità, a meno di improvvisi shock esogeni di natura finanziaria e/o geopolitici, andrà rafforzandosi nella seconda metà del 2015 e nella prima metà del 2016, ma non possiamo dire con altrettanta certezza che la ripresa possa accelerare nei prossimi anni a meno di ulteriori misure espansive soprattutto di carattere fiscale e di nuove riforme economiche.
Le stime più accreditate della crescita 2015 non oltrepassano lo 0,7%, esattamente la previsione formulata ad aprile dal Governo italiano in sede di approvazione del DEF 2015. Pertanto, al momento, non è emersa quella maggiore crescita attesa già per il 2015 che il governo auspicava nello stesso documento di aprile. Occorrerà aspettare gli aggiornamenti dell’Ocse e del Fondo monetario internazionale tra settembre e ottobre e, soprattutto, l’andamento del Pil nel secondo trimestre dell’anno per sapere se la stima del Pil potrà subire ulteriori rialzi. Per il momento, è importante sottolineare come quella del FMI sia una revisione importante poiché avviene in un quadro europeo invece stazionario (stime invariate per il 2015), mentre per gli Usa è stata operata una revisione al ribasso di 0,6 punti percentuali. Solo la Spagna supera l’Italia in termini di revisione al rialzo (+0,6 punti per il 2015 e +0,5 punti per il 2016).
Ma resta il fatto che, tra i paesi più avanzati, il nostro è ancora il fanalino di coda per dinamica di crescita. Rispetto alla media di un +2,7%, la Spagna crescerà nel 2015 del 3,1%, la Germania dell’1,6%, la Francia dell’1,2% e il Regno Unito del 2,4%.

Ricercatore Area economico-statistica Fondazione Nazionale Commercialisti
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