Gli attuali enti non profit, per la maggior parte di tipo associativo, debbono verificare i requisiti formali e sostanziali richiesti dal Codice del Terzo Settore (CTS) per l’accesso ai nuovi ETS operando attente valutazioni.
Vi è infatti ampia facoltà di scelta ai fini dell’iscrizione o meno al Registro Unico Nazionale (RUNTS), ad eccezione dei soggetti esclusi ex lege (art.4 comma 2), degli enti religiosi che possono applicare le nuove norme limitatamente alle attività di interesse generale ed a precise condizioni (art.4 comma 3) e in ogni caso degli enti in forma societaria ad eccezione delle imprese sociali.
Gli enti esclusi ex lege dagli ETS
Per i soggetti richiamati nel comma 2 dell’art.4 CTS, esclusi quelli della pubblica amministrazione, risulta difficile stabilire gli elementi per individuare in concreto la loro soggettività e il loro effettivo status nei rispettivi ambiti di riferimento.
In particolare per le formazioni e le associazioni politiche, i sindacati, le associazioni professionali e di rappresentanza di categorie economiche e quelle datorili, potrebbe valere l’indirizzo della Corte Costituzionale (sentenza 5-19 novembre 1992 n.467), richiamato dalla Circolare Ministero delle Finanze n.124/E del 12/5/1998, che afferma “l’insufficienza dell’autoqualificazione dell’ente....sulla base della sola definizione statutaria e, quindi, la necessità di una valutazione della reale natura dell’ente e dell’attività in concreto esercitata, alla stregua di obiettivi criteri desumibili dall’insieme delle norme dell’ordinamento…. in mancanza di specifici e manifesti riconoscimenti…”.
Allo stesso modo mancano puntuali riferimenti e indicazioni applicative che possano caratterizzare quella “direzione, coordinamento e controllo” di enti (mai qualificabili come ETS) sottoposti appunto a direzione e coordinamento o controllati dai suddetti enti esclusi. Ferma restando la legittimità di comportamento in caso di rapporto partecipativo di un ETS in società (escluse dal terzo settore), tali requisiti possono essere verificati ad esempio in base agli artt. 2497 e 2359 del codice civile, ovvero ad altri parametri (economici e/o finanziari) utilizzati per qualificare la natura di enti privati sottoposti al controllo pubblico secondo le linee guida dell’ANAC (Delibera n.1134 del 8/11/2017). Tra questi la dimensione del bilancio, la presenza o meno di finanziamenti maggioritari nell’ultimo triennio per due anni consecutivi, la designazione o meno della totalità dei componenti dell’organo di amministrazione o di indirizzo.
Altri elementi possono provenire da indirizzi di prassi come la Risoluzione dell’Agenzia Entrate n.136/E del 7/11/2017 sull’Art Bonus circa l’“appartenenza pubblica” di fondazioni “di diritto privato“ con riguardo alla costituzione per iniziativa di soggetti pubblici, alla permanenza di una maggioranza pubblica tra i soci/partecipanti, al finanziamento esclusivo (o prevalente) dell’ente con risorse pubbliche, alla gestione o meno del patrimonio di proprietà pubblica, ed infine all’applicazione delle norme e regole proprie della PA (ad es. quelle di trasparenza).
La Cassazione, da ultimo, con Sentenza n.11148 del 10/5/2013 afferma come la natura pubblica di enti che concorrono a formare un nuovo ente non sia sufficiente ad attribuirgli natura pubblicistica o privatistica, occorrendo verificare il ruolo di tali enti all’interno dell’organizzazione.
Il percorso degli enti soggetti a discipline particolari
Le ODV e le APS
Alcuni enti soggetti a discipline particolari come le ODV (L. n.266/91) e le APS (L. n.383/2000) seguono un percorso di tipo semi-automatico con la “trasmigrazione” dei dati in possesso delle Amministrazioni territoriali di competenza, già esistenti al giorno antecedente l’operatività del RUNTS, che verranno comunicati con modalità da definirsi con decreto ministeriale (art.54 CTS).
Rimane quindi, al momento, ancora molta incertezza operativa per gli enti (costituiti e costituendi) non fosse altro per la diversità applicativa a livello regionale o provinciale nella gestione degli attuali registri.
L’omessa trasmissione di ulteriori informazioni o documenti nonché il mancato adeguamento statutario alle disposizioni inderogabili del CTS entro il nuovo termine del 3 agosto 2019 (come prorogato dal decreto correttivo DLgs n.105/2018) – anche per libera scelta – comporterà da un lato la mancata iscrizione al RUNTS (art.54 comma 4) e dall’altro la definitiva cessazione di tali qualifiche (ODV e APS) con l’obbligo di devolvere il patrimonio ai sensi delle rispettive leggi (art.5 co.4 L.n.266/91 e art.3 co.1 lett.l L.n.383/00) e di proseguire in altra veste al di fuori delle regole sul terzo settore.
Non sono inoltre chiare le modalità e le procedure di devoluzione, se ad esempio vi sia l’obbligo di richiedere il parere preventivo e quale sia l’Autorità a cui rivolgersi (Ministero o Enti territoriali). Attualmente, secondo la nota del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, gli enti “tipici” ODV e APS (Prot. n. 34/0012604 del 29/12/2017) costituiti dopo l’entrata in vigore del CTS (3 agosto 2017) devono avere già uno statuto conforme alle nuove norme per potersi iscrivere a livello locale (Regione o Provincia autonoma) a differenza di quelli già esistenti prima di tale data. E’ stato inoltre precisato che le norme del CTS – escluse quelle strettamente collegate alla istituzione del RUNTS – sono già applicabili alle ODV e APS (ad esempio quelle su forma giuridica, numero minimo associati, requisiti amministratori, competenze inderogabili assemblea, ecc..) anche se tale indirizzo sembra di difficile attuazione pratica. Ad esempio non è chiaro cosa accada qualora il numero minimo di associati per legge (artt. 32 e 35 CTS) non sia stato integrato entro un anno (nuovo comma 1-bis) dovendo l’ente essere cancellato dal RUNTS se non formula richiesta di iscrizione in un’altra sezione dello stesso.
Le ONLUS
Diversamente i dati delle ONLUS non confluiranno in “automatico” nel RUNTS ma rimarranno nell’Anagrafe presso la DRE dell’Agenzia delle Entrate competente sino a quando cesseranno, con effetto differito, le specifiche normative fiscali in materia (artt. 10-29 DLgs n.460/1997, art.20-bis DPR n. 600/1973, art.150 TUIR).
Pertanto, come per le altre disposizioni tributarie di cui al Titolo X del CTS (artt. 79-89), incluse quelle di coordinamento normativo (art.89) e quelle abrogative o modificative di norme tributarie previgenti (art. 102 comma 2), l’abrogazione delle previsioni ONLUS decorre dal periodo d’imposta successivo all’autorizzazione della Commissione UE (che in attesa dei correttivi non è mai stata recapitata dal Governo Italiano) e comunque non prima di quello successivo all’operatività del RUNTS. E’ quindi possibile prevedere l’avvio dell’impianto fiscale dal 1° gennaio 2020.
Ad ogni modo, in via transitoria, il requisito di iscrizione come ETS di questi enti c.d. “tipici” (incluse le reti associative) – sino alla scadenza prevista per adeguare lo statuto – si intende soddisfatto attraverso l’iscrizione ad uno dei registri previsti dalle normative di settore (art.101 commi 2-3), continuando ad applicarsi le norme previgenti, anche tributarie, fino all’operatività del RUNTS (salvo eccezioni espresse dall’1/1/2018).
Le ONG
Molte Organizzazioni non governative (ONG) già riconosciute idonee dalla L. n.49/1987, poi inserite nell’elenco delle OSC (organizzazioni della società civile e altri enti senza fini di lucro) sotto il controllo dell’Agenzia per la cooperazione allo sviluppo (AICS), risultano iscritte anche all’Anagrafe ONLUS in via “ordinaria” essendo venuta meno la qualifica di ONLUS “di diritto” in base alla L. n.125/2014 (art. 32 comma 7).
Per queste il CTS all’art. 89 comma 9 ha previsto che “sono iscritte nel Registro unico nazionale del Terzo settore” senza ulteriori chiarimenti a riguardo.
In assenza di soluzioni procedurali né indirizzi, considerata la portata delle novità in tema di ordinamento, amministrazione e controllo per gli ETS, appare naturale che tali enti debbano adeguare comunque il proprio statuto, almeno nei requisiti minimi richiesti, dovendo seguire l’iter (termini e modalità) previsto per le ONLUS.
Gli elementi di valutazione delle ONLUS per la qualifica di ETS
Esame degli aspetti di fiscalità
Gli elementi che spingono in genere le ONLUS ad una decisione favorevole all’ingresso negli ETS derivano non soltanto da valutazioni sui vantaggi fiscali, in parziale continuità rispetto al regime previgente, come ad es. il riconoscimento delle esenzioni ed esclusioni dalle imposte indirette (registro, successioni, donazioni) e dai tributi locali tra cui IMU e TASI (art.82) o le maggiori detrazioni e deduzioni (senza limite massimo) sulle liberalità ricevute (art.83), ma anche i potenziali nuovi strumenti nei rapporti con la pubblica amministrazione, le forme di promozione e sostegno anche finanziario, le nuove modalità di accesso al credito agevolato e gli altri interventi di supporto. Cambia invece il profilo della tassazione diretta (IRES) che risulta molto penalizzato rispetto al previgente, almeno per gli enti operanti nei settori sanitario, socio-assistenziale, di istruzione, di formazione e di ricerca scientifica che in genere richiedono una organizzazione d’impresa per un’attività “di mercato” a tutti gli effetti.
Si è infatti passati da una “decommercializzazione” delle attività istituzionali ed una “non concorrenza” dei proventi delle attività connesse a formare il reddito imponibile (art.150 commi 1-2 TUIR) ad una diversa fiscalità “commerciale/non commerciale” per la qualifica di ETS. E ciò in conseguenza del fatto che, in sede attuativa, il CTS ha “abrogato” la qualifica di ONLUS anziché provvedere alla semplice “revisione”, come chiedeva la legge delega di riforma (art.9 comma 1 lett. m) L. n.106/2016), introducendo un impianto (quello sugli ETS) molto diverso, almeno in termini di fiscalità.
In ambito fiscale deve sottolinearsi che le ONLUS sono un’autonoma e distinta categoria di enti, diversa dagli “enti non commerciali” dell’art.73 comma 1 lett.c) TUIR, che prescinde da qualsiasi indagine sull’oggetto esclusivo o principale dell’ente e sulla commercialità o meno dell’attività svolta. Di conseguenza il suo status, anche ai fini della imponibilità dei proventi, è indipendente dal tipo di organizzazione utilizzata (se in forma di “impresa” o meno), dalla gratuità o corrispettività delle cessioni di beni o prestazioni e dai margini di profitto. Ed infatti la perdita di qualifica di ONLUS, con conseguente cancellazione, può derivare dal venir meno di uno o più requisiti essenziali (art.10 DLgs n.460/1997) e non a causa della prevalenza di commercialità, decadendo dalle agevolazioni fruite successivamente alla data in cui gli stessi requisiti (formali o sostanziali) sono venuti meno.
Al contrario cambia il punto di osservazione tributario come ETS (ex-ONLUS), dovendo considerare “non commerciali” le attività di interesse generale a titolo gratuito o con corrispettivi a copertura dei costi effettivi (art.79 comma 2 CTS), non essendo ammesso alcun minimo scostamento (neanche del 10% per due periodi d’imposta, proposta non accolta dal correttivo). Qualora la parte commerciale (escluse le sponsorizzazioni) superi quella non commerciale (commi 5, e nuovo 5-bis introdotto dal correttivo per una migliore fruibilità), anche tenendo conto del valore normale di cessioni di beni e prestazioni di servizi, l’ETS perderà la sua qualifica fiscale con effetto retroattivo dal periodo d’imposta in cui assume natura commerciale, pur rimanendo ente del terzo settore. Pertanto, il c.d. rapporto di “prevalenza”, analogo a quello molto controverso dell’art.149 TUIR sugli enti non commerciali, sarà esteso alle ex-ONLUS in quanto ETS.
Inoltre gli effetti di decadenza ab initio obbligano l’ente a porre in essere con tempestività (entro tre mesi dalla perdita) onerosi adempimenti tra cui l’iscrizione dei beni del patrimonio nell’inventario, la tenuta di una contabilità in regime ordinario, per i quali nulla si dice sulle possibili sanzioni applicabili.
Esame di altri aspetti di adeguamento
Tra gli ulteriori elementi favorevoli all’adeguamento delle ONLUS agli ETS vi è anche la permanenza tra i soggetti beneficiari del 5 per mille (art.3 comma 1 lett. a) e comma 2 DLgs n.111/2017) nonché il venir meno di una causa di scioglimento in caso di mancato ingresso nel terzo settore con il conseguente obbligo devolutivo patrimoniale.
L’art. 101 CTS infatti prevede che la “perdita della qualifica” di ONLUS, a seguito dell’iscrizione nel RUNTS non integra un’ipotesi di scioglimento dell’ente ai sensi dell’art. 10 comma 1 lettera f) D.Lgs n.460/1997. Di contro, scaduto il termine dei 24 mesi senza adeguare il proprio statuto alle clausole inderogabili del CTS, si ha la cessazione dello status di ONLUS con l’obbligo di devolvere il patrimonio ad altro ente con finalità analoghe, previo parere del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.
Tuttavia, in termini operativi, l’adeguamento delle ONLUS alle nuove disposizioni sul terzo settore – secondo l’indirizzo dell’Agenzia delle Entrate (Telefisco 2018, Il Sole 24 Ore) espone gli enti “al rischio di recepire regole statutarie in linea con la nuova normativa del CTS, ma incompatibili con quella ONLUS. È allora possibile per tali enti apportare modifiche al proprio statuto, subordinandone l’efficacia alla decorrenza del termine di cui all’art. 104, comma 2, del CTS [periodo d’imposta successivo alla operatività del RUNTS, n.d.r.]. Nel contempo, allo stesso termine dovrebbe essere collegata, con espressa previsione statutaria, la cessazione dell’efficacia delle vecchie clausole statutarie, incompatibili con la nuova disciplina degli ETS”.
Di fatto si tratterebbe di un doppio statuto che, al di là degli aspetti puramente “estetici”, potrebbe creare questioni presso l’Anagrafe delle ONLUS laddove non fossero ben distinte le clausole vecchie (rispondenti al DLgs n.460/97) da quelle nuove (ai sensi del CTS). Alcuni esempi possono interessare: il diverso elenco delle attività da svolgere (per quelle “diverse” degli ETS ancora mancanti di contenuto in attesa di decreto ministeriale), il diverso rinvio alle ipotesi di distribuzione indiretta (per le quali non sarà più possibile chiederne la disapplicazione preventiva), i diversi diritti in materia di voto degli associati anche con possibilità di delega (ipotesi non ammessa da molte Anagrafi dell’Agenzia delle Entrate).
Dal termine sopra indicato (3 agosto 2019) cesseranno dunque di avere efficacia le clausole ONLUS non più compatibili con il CTS, mentre avranno contestualmente effetto quelle nuove sugli ETS. La nuova denominazione sociale di ETS sarà comunque condizionata all’iscrizione nel RUNTS per poter essere spendibile negli atti, nella corrispondenza e nelle comunicazioni al pubblico.
Attualmente è ancora possibile acquisire la qualifica di ONLUS con le “vecchie regole” (DLgs n.460/1997) essendo pienamente operativo l’iter di iscrizione presso le Anagrafi, mentre l’iscrizione per nuovi enti da qualificare ODV e APS è soggetta già alle nuove disposizioni, seppure le diverse Regioni non abbiano ad oggi uniformità di comportamenti. Rimangono inoltre aperte non solo questioni di diritto transitorio (aspetti pubblicistici legati alla mancanza del Registro Unico) ma anche quelle di carattere esclusivamente operativo (ad esempio per la mancanza di chiarimenti ufficiali e di decreti ministeriali su questioni essenziali come per le attività diverse, le raccolte fondi, i meccanismi semplificati assicurativi per i volontari, le modalità e le tempistiche di bilancio, le regole di trasparenza).
Le ONLUS rappresentano pertanto uno strumento ancora molto utile per il passaggio verso gli ETS da parte di chi, in assenza di regole certe sul terzo settore, intende avviare un’attività solidaristica da far confluire nel nuovo sistema, potendo già beneficiare di alcune nuove disposizioni agevolative sulla fiscalità (art. 104 comma 1).
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