Non sminuire ruolo e funzioni dell’attestatore del piano di concordato. E’ una delle richieste formulate dai commercialisti nel corso di un’audizione parlamentare svoltasi presso la Commissione Giustizia della Camera sul disegno di legge AC 3671-bis, recante “Delega al Governo per la riforma organica delle discipline della crisi di impresa e dell’insolvenza. Per il presidente nazionale della categoria, Gerardo Longobardi, audito assieme ai consiglieri nazionali delegati alla materia, Felice Ruscetta e Maria Rachele Vigani, “non è condivisibile l’idea di fissare modalità di accertamento della veridicità dei dati aziendali e di verifica della fattibilità del piano”. “Si tratta – ha spiegato Longobardi – di un’attività riservata all’attestatore indipendente, che viene declinata, su incarico del debitore, secondo gli ordinari canoni della diligenza professionale e in funzione della realtà e del caso specifico”. Longobardi si è espresso anche sulla modalità di fissazione dell’entità massima dei compensi riconosciuti ai professionisti che “andrebbe valutata differentemente nei casi in cui il concordato non abbia esito positivo”.

Il presidente dei commercialisti ha chiesto di ripensare anche il criterio del disegno di legge delega che prevede l’attribuzione al Tribunale di poteri di verifica sulla realizzabilità economica del piano. Un’opzione per Longobardi “non condivisibile, che segna un ritorno al passato, anche a fronte dell’orientamento espresso dalle sezioni unite della cassazione, piuttosto chiaro al riguardo. Spetta all’attestatore – ha detto – il giudizio di fattibilità economica del piano in virtù della professionalità specifica che egli vanta. Qualsiasi differente previsione costringerebbe il Tribunale, ancorché sezione specializzata, a dover nominare un CTU per esprime valutazioni prognostiche circa la fattibilità del piano e la veridicità dei dati aziendali. Con aggravio di costi e lungaggini nel procedimento, e, sotto altri profili, con svilimento anche del ruolo dei creditori”.

Perplessità sono state avanzate dai commercialisti anche sull’ipotesi di limitare l’accesso al concordato liquidatorio. Longobardi ha sottolineato come proprio il concordato liquidatorio “in questi anni abbia rappresentato uno strumento utile e maggiormente duttile rispetto alla rigidità della struttura della liquidazione fallimentare”. La delegazione dei commercialisti, infine, ha ribadito la sua posizione in merito alla procedura di allerta. In particolare, Longobardi ha sottolineato la necessità di limitare la responsabilità solidale dell’organo di controllo con gli amministratori che non si siano attivati nonostante la segnalazione tempestiva effettuata dai sindaci.

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