Approfondire il tema della liquidazione dei compensi nell’ambito dei procedimenti di cui alla legge n. 3/2012, con particolare riferimento alle più significative problematiche riscontrate nei primi anni di applicazione della disciplina. E’ l’obiettivo del nuovo documento messo a punto da Consiglio e Fondazione nazionali dei commercialisti, a cura del gruppo di lavoro sul tema coordinato dai consiglieri nazionali Valeria Giancola e Giuseppe Tedesco, intitolato “La liquidazione dei compensi nei procedimenti di composizione della crisi da sovraindebitamento”.

Giancola e Tedesco

Molte delle problematiche applicative nel settore nascono, secondo i commercialisti, per la genericità e lacunosità delle previsioni contenute nel decreto ministeriale n. 202/2014. “Non possono trascurarsi – è scritto nella premessa al documento – le molteplici criticità legate alla determinazione dei compensi spettanti ai professionisti coinvolti nella gestione della crisi da sovraindebitamento e, ancor più, quelle relative alla percezione del compenso in talune, non infrequenti, ipotesi; criticità che, non di rado, si è tentato di mitigare in funzione della ratio socio-economica che caratterizza e che ha fortemente incentivato l’ingresso, anche nel nostro ordinamento giuridico, di procedimenti volti alla ristrutturazione delle posizioni debitorie di tutta la platea di soggetti esclusi dall’ambito di applicazione della legge fallimentare”.

Una questione centrale, secondo la categoria, “specialmente se contestualizzata con il progressivo avanzare della crisi economico-finanziaria che, nell’ultimo decennio, ha travolto il Paese”. I commercialisti apprezzano “il fine sociale insito nella scelta del legislatore di accordare, anche ai soggetti non fallibili, la possibilità di liberarsi definitivamente delle situazioni debitorie pregresse e di utilizzare i nuovi procedimenti anche come mezzo di contrasto al fenomeno dell’usura”. Inoltre, è evidente come il legislatore, attraverso la concessione del beneficio della esdebitazione, abbia inteso tutelare anche interessi più strettamente economici.

“Lo spirito della norma”, proseguono i commercialisti, “che si condivide appieno, non può, tuttavia sminuire il ruolo attribuito all’Organismo di composizione della crisi (OCC) e al professionista-Gestore della crisi, chiamati a prestare la propria attività di ausilio in favore del soggetto sovraindebitato”. Nel documento CNDCEC – FNC si sottolinea che “se da un lato si sostiene l’opportunità di enfatizzare anche l’aspetto sociale della nostra professione, dall’altro non può trascurarsi l’esigenza di assicurare al professionista coinvolto nella gestione dei procedimenti di composizione della crisi un adeguato trattamento economico per (tutte) le numerose attività svolte, la maggior parte delle quali, peraltro, caratterizzata da non trascurabili responsabilità”. Altrettanto problematico è l’aspetto legato al compenso del Liquidatore, “con particolare riguardo all’ipotesi in cui il Gestore della crisi che svolga un’attività prima dell’apertura del procedimento di liquidazione dei beni – come può essere la redazione della relazione particolareggiata – non venga successivamente nominato Liquidatore del patrimonio, anche alla luce del principio dell’unicità del compenso”.

 

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