Pubblichiamo l’intervento di Marcella Galvani (consigliere del Consiglio Nazionale Dei Dottori Commercialisti con delega alle politiche giovanili e di genere) ospitato nei giorni scorsi dal quotidiano Eutekne.info
È violenza sulle donne rifiutarsi di modificare una legge che non contempla la parità di genere, oltretutto se c’è una sentenza del TAR che dispone “che sia il legislatore a scegliere quali meccanismi correttivi introdurre nel sistema elettorale previsto dal D. Lgs. 139/2005 per garantire un’equa distribuzione di genere.”?
Tra gli obiettivi di mandato di questo Consiglio Nazionale c’è proprio la previsione dell’inserimento delle quote di genere nell’Ordinamento professionale, per dare attuazione a principi giuridici costituzionali e sovranazionali. Il CN in carica ha proposto per ben tre volte al Ministero della Giustizia di modificare la disciplina del D. Lgs. 139/2005 senza mai essere ascoltato; nello scorso mese di luglio, in particolare, in vista della tornata elettorale del novembre di quest’anno, sono state rappresentate al Ministero da me personalmente, insieme ai vertici della categoria, le principali criticità sulle elezioni, con un documento in cui si sottolineava anche la necessità di disciplinare il tema delle quote di genere. È un dato di fatto che le donne sono state sempre fortemente sottorappresentate negli organi istituzionali della categoria: basti considerare che, nell’attualità, pur essendo di sesso femminile oltre un terzo degli iscritti e la metà dei tirocinanti, nel Consiglio Nazionale le donne sono solo due su 21 e negli Ordini territoriali la presidenza è affidata a solo 14 donne su 131.
In principio non sono favorevole alle “quote rosa”, in quanto ritengo che si debba avere riguardo alle capacità ed al merito delle persone, a prescindere dal sesso. Ma sono consapevole che se non si interviene con regole vincolanti per aprire una breccia nel sistema tradizionalmente “maschilista” non si riesce a dare alle donne lo spazio che meritano. Ne è ben consapevole anche il legislatore, che su molte funzioni è intervenuto con legge: basti pensare alle regole di formazione delle liste dei candidati al Senato della Repubblica ed alla Camera dei Deputati, ai Consigli regionali, ai Consigli comunali.
È violenza sulle donne quella operata da alcuni presidenti di sindacati dei commercialisti che, dichiarando di aver consultato la loro base – ma non è noto in quali modi, né con quale ampiezza -, hanno criticato, con un comunicato stampa, gli emendamenti “Conzatti” (dal nome della senatrice proponente) al d.l. “Ristori”, volti ad introdurre le quote di genere nel nostro Ordinamento e a tutelare le donne che per motivi di maternità, assistenza ai figli o agli anziani sono costrette a dimettersi anzi tempo dalla carica istituzionale?
Ci siamo confrontati per mesi con Ordini, associazioni di categoria ed iscritti sulle proposte di modifica al d.lgs. 139/2005, anche per quanto riguarda il tema della parità di genere. Quindi vi è stata la possibilità, per chiunque abbia voluto farlo, di partecipare democraticamente alla costruzione ed alla formulazione delle proposte, anche negli aspetti specifici.
E non si dica che l’emendamento interviene a procedimento elettorale in corso, ponendo nel nulla i voti già espressi: l’attuazione della parità di genere non può essere sistematicamente rinviata “alla prossima volta” e non è giusto andare a votare in difformità a principi costituzionalmente garantiti. L’auspicato recepimento nel decreto “Ristori” dell’emendamento “Conzatti” consentirà alle colleghe di essere presenti in numero adeguato nei ruoli istituzionali degli Ordini locali da subito, senza dover aspettare altri quattro anni.
È evidente che siamo di fronte all’ennesima violenza perpetrata ai danni delle donne ma confido che in questo caso la politica possa porvi rimedio.
CNDCEC
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