“Si comprende l’intento del legislatore di utilizzare tirocinio, apprendistato e stage per il perseguimento di obiettivi di transizione scuola-lavoro. Ma a distanza di tempo dalla loro introduzione e dai successivi ripetuti interventi di manutenzione legislativa, occorre prendere atto delle molte disfunzioni e inefficienze del modello proposto. Ora occorre mettere in campo strumenti per la loro reale valorizzazione”. È la posizione espressa dal Coordinatore del dipartimento “Commercialista del lavoro” della Fondazione nazionale dei commercialisti, Roberto Cunsolo, ascoltato dalla XI Commissione Lavoro pubblico e privato, previdenza sociale del Senato nell’ambito dell’indagine conoscitiva sui canali di ingresso nel mondo del lavoro e sulla formazione professionale dei giovani.
Tirocinio, favorire l’azione delle fondazioni dei consigli nazionali delle categorie che si occupano di lavoro
“Contrariamente alla sua originaria vocazione – ha detto Cunsolo – il tirocinio risulta in molti casi un espediente nominalistico utile a mascherare rapporti di lavoro subordinato. Il carattere limitativo e condizionale delle nuove discipline regionali ha contribuito a contrastare l’utilizzo patologico del tirocinio più sul piano quantitativo che qualitativo. L’impianto normativo non si è mostrato del tutto efficace nel garantire la rispondenza concreta tra progetto formativo e di orientamento dedotto in convenzione e attività effettivamente espletata dal tirocinante in corso di rapporto, con evidenti problemi di qualificazione”.
Secondo i commercialisti “è necessario implementare meccanismi idonei a verificare che i processi formativi e di orientamento siano strumentali all’inserimento dei giovani nel mercato del lavoro. Misure efficaci potrebbero essere adottate attraverso la responsabilizzazione degli enti autorizzati alla promozione dei tirocini extra-curriculari nonché alle modalità di certificazione delle competenze trasmesse”. In proposito, Cunsolo ha segnalato “l’opportunità di una revisione dei regimi particolari di autorizzazione per lo svolgimento a livello nazionale dell’attività di intermediazione e politiche attive che superi le incongruenze rinvenibili nella disciplina di cui all’art. 6, comma 2, d.lgs. n. 276/2003. Questo favorirebbe l’azione delle fondazioni costituite nell’ambito dei consigli nazionali di tutte le categorie che esercitano la professione nella materia di lavoro, previdenza ed assistenza sociale dei lavoratori dipendenti, con una chiara implementazione dei servizi per il lavoro anche in ordine al monitoraggio e all’attivazione dei rapporti di tirocinio”.
Perplessità sono state avanzate dalla categoria sulle proposte di modifica alle normative regionali sui rapporti di tirocinio enunciate nella legge di bilancio 2022, in particolare sul contenuto del comma 721 che prevede che la Conferenza Stato Regioni emani entro sei mesi una riforma organica della disciplina del tirocinio extracurriculare. “Secondo la legge di bilancio – ha spiegato Cunsolo – i rapporti di tirocinio dovrebbero essere limitati ai soggetti con difficoltà di inclusione sociale. Qualora in sede di conferenza permanente Stato – Regioni dovesse trovare accoglimento una simile impostazione restrittiva, l’istituto del tirocinio ne finirebbe enormemente depotenziato, limitato ai soggetti tossicodipendenti ed ex tossicodipendenti; alcolisti ed ex alcolisti; condannati ammessi a misure alternative; ex detenuti; rifugiati. Così, paradossalmente, proprio i neo diplomati ed i neo laureati resterebbero esclusi dalla platea dei soggetti destinatari. Insomma, si decreterebbe definitivamente il fallimento del tirocinio quale strumento di transizione scuola lavoro, epilogo che riteniamo fermamente sia da scongiurare.
Apprendistato, no a nuove modifiche, si a semplificazioni
Cunsolo ha poi ricordato come negli ultimi anni anche la disciplina dell’apprendistato è stata oggetto di ripetuti interventi di modifica e di integrale riscrittura, culminati nella emanazione dell’attuale disciplina contenuta nel d.lgs. n. 81/2015. “Nuovi interventi di modifica sostanziale della disciplina sono da scongiurare, mentre è opportuno l’introduzione di misure di attuazione e semplificazione”, ha affermato.
“Occorre implementare l’offerta formativa pubblica e armonizzare le diverse qualifiche e qualificazioni professionali idonee a consentire una correlazione tra standard formativi e standard professionali”, ha proseguito, aggiungendo che “sul piano dell’amministrazione dei rapporti di lavoro, è necessaria una migliore intelligibilità degli obblighi formativi posti in capo ai datori di lavoro, al fine di evitare che i rapporti di apprendistato professionalizzante possano essere censurati per violazione dei doveri contrattuali di formazione e addestramento. Anche gli adempimenti amministrativi prodromici alla instaurazione di un rapporto di apprendistato professionalizzante andrebbero razionalizzati e uniformati su tutto il territorio nazionale. Si pensi alla possibilità di accentramento delle comunicazioni obbligatorie e di invio dei piani formativi individuali attraverso un unico canale informativo”.
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