Fornire ampia trasparenza rispetto alle difficoltà estimative delle aziende sottoposte a misure di prevenzione e definire prassi operative consolidate per la loro valorizzazione. Ciò per conferire maggiore attendibilità alle stime effettuate con l’intendimento di creare maggiore garanzia sia per i professionisti chiamati alla gestione temporanea dei beni, sia per i potenziali acquirenti. Nascono con queste finalità le “Linee guida per la valutazione di aziende sequestrate e confiscate” redatte dal Consiglio nazionale dei commercialisti in collaborazione con Sidrea, la Società italiana dei docenti di ragioneria e economia aziendale. Nell’introduzione al documento, i Consiglieri nazionali dei commercialisti Raffaele Marcello (delegato ai Principi contabili, Principi di revisione e Sistema dei controlli), Valeria Giancola e Giuseppe Tedesco (entrambi delegati alle Funzioni Giudiziarie e Metodi ADR) sottolineano come il Codice antimafia, riformato dalla L. del 17 ottobre 2017, n. 161, abbia introdotto alcune disposizioni volte a disciplinare l’amministrazione e la destinazione dei beni e delle aziende sottoposte a provvedimenti di sequestro e confisca. Disposizioni dalle quali, secondo i tre consiglieri nazionali, “emergono le difficoltà connesse al processo di legalizzazione”. Sui beni e sulle aziende sequestrate e confiscate alla criminalità organizzata – scrivono Marcello, Giancola e Tedesco –  “continuano a mancare banche dati affidabili che permettano di misurare attendibilmente elementi volti a definire il loro valore. Nonostante l’esistenza, da tempo, di sistemi di censimento dei beni sequestrati (SIT. MP) e dei beni confiscati (REGIO e OpenRegio), non esistono informazioni e dati certi, volti a supportare in maniera specifica gli aspetti di natura valutativa”.

“Con riferimento alla destinazione e alla vendita – proseguono – l’evidenza empirica mostra l’esistenza di notevoli difficoltà ad individuare potenziali acquirenti” principalmente per la “naturale ritrosia a rilevare beni e aziende precedentemente in mano alla criminalità organizzata”.

Secondo i commercialisti, dall’esame della norma emergono “anche criticità riguardo alla determinazione del valore di beni e aziende sequestrate e confiscate”. “La scelta di identificare una soluzione tra affitto, vendita e liquidazione del complesso e/o dei beni aziendali, così come richiamati dalla norma – scrivono i tre consiglieri nazionali-  non è automatica e rappresenta l’esito di un lungo processo di valutazione operato dalla fase di sequestro, proseguendo nelle fasi di confisca di primo grado e definitiva del patrimonio oggetto di analisi. La decisione in merito alla destinazione dei beni oggetto di confisca rende indispensabile la stima del capitale d’impresa. Quest’ultimo può dunque assumere una configurazione differente a seconda della soluzione prescelta, con incidenza sulla configurazione di capitale e sulla scelta dei criteri e delle metodologie di stima”. Nella stima del valore di beni e aziende sequestrate e confiscate “non si può prescindere dalla disamina delle particolari condizioni del complesso aziendale, oltre che di contesto (geografiche, settoriali, culturali, ecc). Tra le problematiche endogene o aziendali ci sono la piena comprensione e valorizzazione, ad opera dell’esperto, dei caratteri distintivi delle aziende sequestrate o confiscate, quali la presenza di una proprietà e/o di un management di estrazione mafiosa (in taluni casi) e il diverso atteggiarsi del ruolo degli stakeholder prima, durante e successivamente alla misura di prevenzione patrimoniale. Limiti intrinseci al processo valutativo dell’azienda sottoposta a provvedimento di sequestro o confisca derivano poi dai risultati economici conseguiti dall’impresa legalemalavitosa, spesso poco affidabili per determinare il valore di mercato”.

Tra le condizioni e problematiche esogene o contestuali i commercialisti ricordano  “i tempi drammaticamente lunghi intercorrenti tra il provvedimento di sequestro e quello di confisca definitiva (in media 8 anni secondo alcune indagini empiriche) che determinano una prima dispersione di valore del complesso aziendale. Durante questo ampio arco temporale, inoltre, le aziende sottoposte a misure di prevenzione sono gestite da amministratori giudiziari i quali sono chiamati al difficile compito di conservare e custodire il valore aziendale, per garantire la continuità sul mercato delle stesse entità”.

“L’assenza di qualsivoglia documentazione a supporto – scrivono ancora i tre consiglieri nazionali – rende sovente assai difficile anche produrre le sintesi contabili, che rappresentano nella normalità dei casi il punto di partenza dell’esperto valutatore, quale che sia il metodo di valutazione prescelto. Tali elementi, non possono che riflettersi sulla successiva valutazione del complesso aziendale. Le summenzionate difficoltà non dovrebbero portare, peraltro, a ritenere come fallimentare ogni tentativo di riconoscere un valore alle aziende sottoposte a misure di prevenzione, come alcune recenti tesi hanno mirato a dimostrare”. Le linee guida messe a punto dal Consiglio nazionale con Sidrea, concludono Marcello, Giancola e Tedesco, “sono dunque uno strumento di lavoro grazie al quale superare queste difficoltà, garantendo trasparenza e attendibilità alle stime  e prassi consolidate per i professionisti”

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