Il presidente dei commercialisti de Nuccio
“L’anno giudiziario che stiamo inaugurando costituisce un importante punto di svolta per la Giustizia tributaria, sia sotto il profilo processuale per le rilevanti novità introdotte con il decreto legislativo n. 220 del 30 dicembre 2023 di attuazione della delega fiscale, sia sotto il profilo ordinamentale perché si potrà dare finalmente corso alla riforma degli organi di giustizia tributaria, voluta dalla legge n. 130 del 31 agosto 2022, con l’indizione del primo concorso per l’assunzione dei nuovi magistrati tributari. L’elemento qualificante della nascita della magistratura tributaria è il reclutamento di giudici a tempo pieno, selezionati per concorso, che dovranno garantire una più spiccata professionalizzazione e specializzazione dell’organo giudicante. Oltre al concorso, per consentire la formazione immediata di uno “zoccolo duro” di magistrati tributari a tempo pieno, il legislatore ha previsto anche un’apposita procedura di interpello per il transito nella magistratura tributaria di un numero massimo di 100 giudici “togati”, che si è chiusa nel dicembre 2023 con la nomina di 22 magistrati tributari, entrati in servizio nel nuovo ruolo il 1° febbraio scorso. Per un più rapido popolamento del ruolo dei nuovi magistrati tributari e per una più celere messa a regime della riforma, occorre dunque premere sul pedale dell’acceleratore affinché il primo bando di concorso per il reclutamento dei nuovi magistrati tributari sia pubblicato quanto prima”. È uno dei passaggi dell’intervento del presidente del Consiglio nazionale dei commercialisti, Elbano de Nuccio, nel suo intervento all’inaugurazione dell’anno giudiziario tributario.
Per il numero uno dei commercialisti “bisogna fare ogni sforzo per incrementare quanto più possibile il numero di posti da bandire con il primo concorso, al fine di consentire una tempestiva immissione in servizio di nuovi magistrati tributari”. “A tal fine”, ha aggiunto, “anche per non disperdere il patrimonio di esperienza e competenza degli attuali giudici “non togati”, sarebbe opportuno prevedere un’apposita selezione pubblica per titoli ed esami riservata a quelli, tra detti giudici, che siano iscritti negli albi dei dottori commercialisti e degli avvocati e che valorizzi la qualità delle funzioni svolte, la produzione scientifica e i titoli di particolare specializzazione nella materia tributaria, in aggiunta all’anzianità di servizio maturata negli organi di giustizia tributaria. In tal modo, i più qualificati tra gli attuali giudici “laici” potrebbero essere “stabilizzati” nei ruoli della magistratura tributaria, con evidenti vantaggi sotto il profilo sia della salvaguardia delle migliori professionalità sia della più rapida attuazione della riforma”.
“Peraltro”, ha proseguito, “soltanto con l’arruolamento di un numero adeguato di magistrati tributari a tempo pieno si può ipotizzare di dar seguito alla ridefinizione dell’assetto territoriale delle Corti di giustizia tributaria di primo grado e delle sezioni staccate di quelle di secondo grado, con il conseguente accorpamento delle sedi esistenti, come previsto dalla legge delega per la riforma fiscale”.
CORREGGERE ALCUNE CRITICITA’
De Nuccio ha poi dato atto al Governo di essere riuscito a dare in pochi mesi rapida attuazione alla delega fiscale con il decreto legislativo n. 220 del 30 dicembre 2023. Il quadro complessivo che ne emerge per il presidente dei commercialisti “è certamente positivo, anche se non mancano alcuni aspetti di criticità sui quali occorrerà svolgere i dovuti approfondimenti per valutare l’opportunità di eventuali interventi correttivi. A partire dalla previsione, nei casi di autotutela facoltativa, dell’impugnabilità del solo “rifiuto espresso” e non anche del “rifiuto-tacito”, a differenza di quanto disposto invece per i casi di autotutela obbligatoria”.
“La misura”, ha spiegato, “rischia di privare il contribuente di un diritto che fino a oggi era pacificamente riconosciuto, seppure subordinatamente alla dimostrazione dell’interesse generale alla rimozione dell’atto impositivo divenuto definitivo. L’Ufficio, infatti, a fronte della scelta tra il non rispondere – che non può essere contestata giudizialmente – e il fornire una risposta negativa – che può essere impugnata – potrebbe essere tentato di adeguarsi alla soluzione per esso più conveniente, con grave compromissione del diritto di difesa del contribuente, la cui azionabilità, evidentemente, non può essere subordinata al comportamento tenuto dalla propria Controparte del rapporto tributario”.
Per de Nuccio “merita una riflessione” anche la previsione della possibilità di definire il giudizio in esito alla domanda di sospensione cautelare con sentenza in forma semplificata, allorquando sia ravvisata dal giudice la manifesta inammissibilità, improcedibilità, fondatezza o infondatezza del ricorso.
“La misura”, ha detto, “va rivista, in particolare nella parte in cui ammette che la motivazione possa esaurirsi nel sintetico riferimento al precedente conforme, in quanto lesiva del canone costituzionale del giusto processo. Peraltro, già oggi le cause di inammissibilità possono essere risolte con il filtro di cui all’articolo 27 del D.Lgs. 546/1992 e il principio della ragione più liquida già consente al giudice di incentrare la pronuncia su una questione di agevole soluzione, rendendo superflua la necessità di pronunciarsi su tutte le altre. La norma aprirebbe inoltre il varco a ulteriori dispute – che sarebbe bene evitare – sulla natura “manifesta” o meno del decisum alla base della sentenza in forma semplificata”.
Anche sulle norme processuali di nuova introduzione, ha aggiunto “siamo confidenti che grazie alla costante interlocuzione con il viceministro dell’economia Maurizio Leo, che si è andata consolidando in questi mesi e che non ha mai fatto mancare la sua disponibilità, potranno essere individuate le soluzioni più opportune per il sistema nel suo complesso. Tutto ciò, nella prospettiva, da tutti auspicata, di una Giustizia tributaria sempre più all’altezza del fondamentale e delicato compito che le è proprio e di una più efficace tutela dell’interesse generale all’adeguata e sollecita composizione delle dispute, fattore quest’ultimo cruciale per la vita democratica del nostro Paese e per la sua maggiore competitività e attrattività rispetto ai nostri principali partner internazionali”.
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