Il Consiglio Nazionale, sia nella scorsa composizione sia nell’attuale, ha seguito con estremo interesse prima l’iter della Legge delega, la n. 106 del 2016, e poi la preparazione degli schemi dei decreti legislativi, approvati definitivamente dal Consiglio dei Ministri il 28 giugno ultimo scorso, dopo il parere delle Commissioni parlamentari. Il d.lgs. 117/2017 inerente al cosiddetto Codice del Terzo settore, ultimo dei decreti resi noti nella loro versione definitiva, è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 179 del 2 agosto ultimo scorso.

In particolare, il Consiglio Nazionale durante l’iter legislativo è intervenuto sia presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali sia presso il Parlamento in occasione dell’esame dei decreti legislativi per il previsto parere al Governo. In quest’ultimo caso il documento presentato in data 14 giugno 2017 alla Prima Commissione del Senato è stato pubblicato ed è tuttora consultabile sul sito del Consiglio Nazionale.

L’interesse della categoria alla riforma del Terzo settore deriva, da un lato, dal notorio impegno dei dottori commercialisti e degli esperti contabili in vari ruoli nel mondo del no profit: come consulenti, come componenti degli organi di controllo interno, come revisori legali e spesso anche come amministratori. Dall’altro lato dalla evidente necessità di procedere al riordino di una normativa che, con l’andare del tempo, si è sviluppata in forma caotica e su linee autonome per le varie realtà del Terzo Settore. Così, prima della attuazione della riforma, abbiamo regimi speciali diversi che caratterizzano ad esempio le Onlus, gli organismi di promozione sociale, gli enti di volontariato, le associazioni sportive dilettantistiche, l’impresa sociale, ecc.
La Riforma contenuta nei menzionati 3 decreti legislativi (codice del terzo settore, revisione della disciplina in materia di impresa sociale, regolamentazione del 5 per mille) predisposti dal Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, sotto il presidio politico del Sottosegretario Luigi Bobba, si caratterizza tra l’altro per:

• il tentativo di dare un quadro normativo moderno, unitario, ordinato e coerente al Terzo Settore;
• la costituzione del Registro unico nazionale del Terzo Settore, l’accesso al quale è volontario ed è condizione per fruire delle varie agevolazioni previste per questa categoria di enti; il Registro avrà articolazione regionale, compiti di verifica amministrativa e fornirà ai terzi sugli enti iscritti una pubblicità simile a quella del Registro delle imprese, raccogliendo anche i relativi bilanci di esercizio e, per gli enti “con ricavi, rendite, proventi o entrate comunque denominate superiori ad 1 milione di euro” (art.14, co.1, Cts), anche i bilanci sociali;
• la creazione di sistemi di amministrazione e di controllo interno più standardizzati e professionalizzanti, oltre che la previsione della revisione legale dei conti superati determinati parametri dimensionali;
• la definizione di un sistema tributario agevolativo;
• la disciplina delle operazioni straordinarie tra enti, in particolare le trasformazioni e le fusioni (nuovo art. 42-bis del codice civile).

Le criticità immediatamente avvertite, sin dal primo esame della proposta normativa, riguardano principalmente i seguenti punti:

  1. nonostante il decreto legislativo denominato Codice del terzo settore sia una norma molto articolata e complessa, e non poteva essere forse altrimenti data la numerosità ed eterogeneità dei soggetti coinvolti, che persegue apparentemente una finalità di omogeneizzazione del settore no profit, l’assetto finale della norma conserva l’esistenza di molteplici regolamentazioni parallele. Si può prevedere che saranno numerosi gli enti che non si iscriveranno al Registro del terzo settore e che, quindi, non si assoggetteranno alla nuova disciplina: ai soggetti esplicitamente esclusi dalla legge delega, quali le fondazioni bancarie, le associazioni sindacali e di categoria, i partiti politici e gli enti aventi natura pubblica, si aggiungerà un congruo numero di altri soggetti, che preferirà restare assoggettato al codice civile e alla normativa del Tuir o di alcuni regimi speciali tributari non abrogati, sia per ragioni dimensionali, che rendono non opportuno affrontare i costi amministrativi conseguenti all’iscrizione, sia per mero arbitraggio fiscale. Tra questi ultimi risulteranno numerosissime le associazioni sportive dilettantistiche (ASD), per le quali non è abrogato il regime forfettario di imposizione ai fini Iva e delle imposte sui redditi previsto dalla L. 398/1991 e le esclusioni dalle attività commerciali disposte dagli articoli 4 del d.p.r. 633/1972 e 148 del Tuir, regimi che potranno continuare a fruire solo non iscrivendosi al Registro unico;
  2. le norme sui controlli, seppur giudicate positivamente nel loro complesso, sono migliorabili. Il CN ritiene che l’esistenza di un adeguato sistema di controlli sia un elemento cruciale di trasparenza e garanzia per tutti gli stakeholders coinvolti negli enti no profit. Anche per questi motivi ha difeso e perorato in tutte le occasioni l’esistenza dell’obbligo di costituire un organo di controllo interno qualificato in termini professionali. L’attuale previsione contenuta nell’art. 30 del Codice del terzo settore del possesso delle qualifiche, previste per il collegio sindacale delle società per azioni dall’art. 2397 cc, per uno solo dei componenti dell’organo di controllo, non soddisfa pienamente queste aspettative;
  3. la nuova regolamentazione tributaria, pur apprezzabile, tenendo conto dei limitati margini concessi, da un lato, dai vincoli europei e, dall’altro lato, dalla esigenza di realizzare una riforma ad invarianza di gettito per lo Stato, ai fini della qualificazione tributaria degli enti, non ha pienamente rispettato l’indirizzo del legislatore primario di spostare il focus dalla natura delle attività svolte alle finalità effettivamente perseguite dall’ente.
  4. infine i decreti non sono chiarissimi relativamente alla tempistica di applicazione complessiva della riforma. Esiste quindi la necessità che il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali regolamenti in maniera tempestiva il periodo transitorio. Si consideri che l’elemento centrale dal punto di vista ammnistrativo, il Registro unico del terzo settore, richiederà un tempo non brevissimo per essere organizzato e per entrare in pieno funzionamento su scala nazionale.

Il CNDCEC sta predisponendo un primo commento sulla riforma con indicazioni operative, che sarà disponibile nel prossimo mese di settembre, e intende redigere alcune proposte di miglioramento dei decreti legislativi. La legge delega, infatti, prevede il termine di 12 mesi per l’emanazione di decreti correttivi e si ritiene che questa sia l’occasione per un intervento di ulteriore miglioramento e semplificazione della riforma. Inoltre il CN predisporrà un format di seminario sulla riforma che sarà proposto agli ordini locali.

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