L’effettiva applicazione del D.Lgs. 28 giugno 2005, n. 139, recante l’ordinamento delle professioni di dottore commercialista e di esperto contabile, ha evidenziato negli anni numerose carenze, rendendone necessaria e improcrastinabile la revisione.
Il documento che il CNDCEC ha posto in pubblica consultazione in questi giorni affronta le principali criticità del Decreto, ponendo in essere alcuni interventi di mero adeguamento, consistenti per lo più nella trasposizione di previsioni normative sopravvenute che impattano sull’ordinamento professionale, e altri, più significativi, di modifica vera e propria dell’assetto normativo vigente.
Rientra senz’altro tra gli interventi di manutenzione ordinaria l’ampliamento delle attività che costituiscono l’oggetto della professione di cui all’art. 1 del Decreto. Il “catalogo” è stato arricchito mediante l’inserimento di tutte quelle attività previste da provvedimenti normativi successivi al 2005: dal deposito dell’atto di trasferimento delle quote di s.r.l. di cui all’art. 2470, co. 2, c.c. (art. 36, co. 1-bis, l. 133/2008) agli incarichi previsti dagli artt. 67, co. 3, lett. d), 124, 160, 161, 182 bis, 182 quinquies, 182 septies, 186 bis della legge fallimentare e a quelli in materia di composizione delle crisi da sovraindebitamento di cui alla l. 3/2012, nonché alla mediazione di cui al d.lgs. 28/2010.
Il processo di modernizzazione della professione passa anche attraverso l’introduzione di nuove competenze, quali la certificazione e/o l’attestazione dei flussi di dati digitali, ovvero il riconoscimento espresso di competenze già riconosciute ex lege, quali l’attività di consulenza e assistenza in materia di lavoro.
Strettamente connesso all’oggetto della professione è il discorso sull’incompatibilità: in tal caso si è resa necessaria la revisione sostanziale di una norma, l’art. 4 del Decreto, le cui maglie sono divenute effettivamente troppo stringenti per una professione al passo con i tempi. In particolare, il testo proposto è finalizzato, da un lato, alla riduzione delle fattispecie che danno luogo ad incompatibilità con l’obiettivo di ampliare la sfera delle attività esercitabili, escludendo solo quelle che compromettono l’indipendenza del professionista e quelle che ne possono comportare la fallibilità; e, dall’altro, alla individuazione dei limiti precisi di impiego delle società di servizi – che possono essere esclusivamente strumentali o ausiliarie all’esercizio della professione – al fine di evitarne l’utilizzo improprio per lo svolgimento dell’attività professionale. La norma rivisitata si premura altresì di escludere l’incompatibilità del professionista che sia socio di una STP, anche multidisciplinare.
Ad una più snella disciplina delle incompatibilità si contrappone una più rigorosa elencazione delle cause di ineleggibilità per i professionisti che intendono ricoprire le cariche di consigliere dell’Ordine o di componente del Consiglio di disciplina. Nel primo caso, non sono candidabili al Consiglio dell’Ordine i componenti del Consiglio di disciplina territoriale uscente e la carica di consigliere dell’Ordine è incompatibile con quella di consigliere nazionale e di consigliere di disciplina territoriale e nazionale, nonché di componente degli organi direttivi delle Casse di previdenza. Nel secondo caso, specularmente, non possono essere nominati al Consiglio di disciplina i candidati nelle liste per l’elezione del Consiglio dell’Ordine in carica nonché i componenti del Consiglio dell’Ordine uscente e la carica di componente del Consiglio di disciplina è in re ipsa incompatibile con quella di consigliere dell’Ordine.
Le cause di ineleggibilità previste per i componenti del Consiglio dell’Ordine si applicano anche ai componenti del Consiglio Nazionale. Innovando radicalmente, il testo proposto estende le previsioni in materia di ineleggibilità anche al Collegio dei revisori dell’Ordine territoriale, in primis estendendo ai revisori le ipotesi di incompatibilità di cui al primo comma dell’art. 2399 c.c. (intendendosi per amministratori i consiglieri dell’Ordine), ma anche chiarendo che l’incarico di revisione non può essere esercitato dai componenti del Consiglio dell’Ordine e da coloro che hanno ricoperto tale incarico nel biennio precedente alla nomina. Viene poi opportunamente stabilito che i revisori non possono assumere incarichi o consulenze presso l’Ordine o presso organismi o istituzioni dipendenti o comunque sottoposti al controllo o vigilanza dello stesso. Le medesime disposizioni, con gli opportuni adattamenti, trovano applicazione anche nei confronti del Collegio dei revisori del Consiglio nazionale.
Le previsioni codicistiche vengono inoltre mutuate con riferimento alla partecipazione dei revisori ai lavori del Consiglio dell’Ordine territoriale: il testo in consultazione dispone, infatti, che il Collegio dei revisori o il revisore unico assistono ai lavori del Consiglio dell’Ordine e dell’assemblea degli iscritti. Anche in tal caso la previsione è riproposta anche con riferimento al Collegio dei revisori, il quale “assiste” ai lavori del Consiglio nazionale.
Allegati

Dottore commercialista e revisore legale dei conti, con specializzazione universitaria in diritto commerciale. Già ricercatrice nell’area giuridica della Fondazione Nazionale Commercialisti e poi nel Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili, dove attualmente svolge la propria attività nelle aree dell’ordinamento professionale e del diritto penale dell’economia (responsabilità amministrativa degli enti, normativa antiriciclaggio e normativa anticorruzione). Su tali materie svolge attività formativa e ha pubblicato negli anni numerosi contributi, sia in opere monografiche, sia in riviste specializzate
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