Commercialisti in campo per la rinascita del Sud. Con le loro competenze professionali al servizio delle imprese e della pubblica amministrazione, ma anche con un pacchetto di proposte concrete, messe nero su bianco in un corposo documento del Consiglio nazionale della categoria presentato nel corso di un convegno dedicato a queste tematiche, conclusosi oggi a Trapani. L’impegno del Consiglio nazionale sulle strategie da attuare per fare uscire questo pezzo d’Italia dalla crisi era partito a fine 2015. Il convegno trapanese e il documento di proposte sono quindi la prima tappa di un lavoro che, portato avanti dall’apposito gruppo di lavoro coordinato dal segretario nazionale Achille Coppola, proseguirà nei prossimi mesi, anche attraverso una collaborazione sempre più stretta con la Svimez. Un lavoro in progress, tanto che il presidente dell’Ordine ospitante,** Mario Sugameli**, propone di trasformare il convegno trapanese in un appuntamento annuale.

L’analisi dei commercialisti sulle politiche per il Mezzogiorno del governo evidenzia aspetti positivi in un contesto però ancora poco soddisfacente. “Bene i patti per il Sud che l’esecutivo sta sottoscrivendo”, ha affermato nel suo intervento il presidente nazionale della categoria, Gerardo Longobardi, “ma i loro effetti rischiano di essere vanificati dall’assenza di una politica nazionale unitaria per il Mezzogiorno”. Longobardi ha dato atto all’esecutivo “dell’importante sforzo messo in campo nella costruzione, con le Regioni e con le città metropolitane, sia del Masterplan, sia dei patti”. Eppure, secondo Longobardi, “resta irrisolto il nodo di una regia nazionale delle politiche per il Mezzogiorno”. Allo stato attuale “sembrano essere delegate in maniera preponderante alle Regioni. Ma un’efficace strategia per il Sud non può essere la mera sommatoria di sedici patti. La speranza è che ci sia ancora spazio per la definizione di un livello centrale dal quale far discendere verso le realtà territoriali le scelte fondamentali che si vogliono seguire per aggredire i tanti nodi all’origine dell’arretratezza meridionale”. Per il leader dei commercialisti occorre quindi “riqualificare la spesa al Sud e migliorare l’utilizzo dei fondi europei selezionando progetti infrastrutturali, privilegiando quelli in fase avanzata e quelli di interesse strategico”. Un’analisi, quella di Longobardi, condivisa dal vicedirettore della Svimez, Giuseppe Provenzano, secondo il quale il Masterplan, a causa del rapporto biunivoco dei patti con le Regioni, “rivela la perdita di un visione strategica”. In ogni caso, Provenzano, anticipando i dati del rapporto annuale della Svimez che sarà presentato a fine ottobre, ha confermato che il 2016 si conferma per il Mezzogiorno un anno per molti versi sorprendente, con una crescita dell’1 per cento, dopo anni di recessione.

Una ripresa da stabilizzare e rafforzare, secondo i commercialisti, innanzitutto puntando su Zone economiche speciali (Zes) e finanza agevolata. Con la consapevolezza, è scritto nel documento, che, per aver successo, “ogni intervento finalizzato al rilancio dell’economia del Sud d’Italia non può che essere preceduto da una “vera e propria rivoluzione nelle logiche della Pubblica amministrazione di questa parte del nostro Paese”. “Le Zone economiche speciali – ha spiegato Coppola – sono una prospettiva teorico-pratica attraente. Innovazioni di tipo fiscale, amministrativo, progettuale, organizzativo e comunicazionale possono, da un lato, essere sperimentate su aree territoriali specifiche e, dall’altro, consentire la crescita di un know how coerente con le esigenze della competizione globale”. Estremamente dettagliate le ipotesi di agevolazioni fiscali per le nuove imprese che avviano un’attività economica nella ZES formulate nel documento. Si va dall’esenzione dalle imposte sui redditi (IRES) per i primi otto periodi di imposta (da estendere anche per i tre anni successivi, nella misura del 50 per cento dell’importo dovuto, per le PMI definite ai sensi del Regolamento CE 800/2008), all’esenzione dall’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) per i primi cinque periodi di imposta (anche in questo caso con un prolungamento dell’esenzione per le PMI definite ai sensi del Regolamento CE 800/2008). Tra le proposte dei commercialisti ci sono anche l’esenzione dall’IMU e dalla TARSU per cinque anni per gli immobili posseduti dalle stesse imprese e utilizzati per l’esercizio delle nuove attività economiche e la riduzione dei contributi sulle retribuzioni da lavoro dipendente a carico delle aziende per i primi cinque anni di attività nella misura del 50 per cento, da determinare solo per i contratti a tempo indeterminato, o a tempo determinato per una durata non inferiore ai dodici mesi”. Esenzioni dello stesso genere vengono proposte anche per le aziende già presenti. “Nella ZES – si afferma nel documento – le imprese beneficiano dell’esenzione completa delle imposte doganali e IVA sulle attività di importazione, di esportazione, consumo e di circolazione per tutti i prodotti che entrano, sono lavorati e quindi esportati attraverso la Free Zone. I risultati che potrebbero derivare dalla loro istituzione sarebbero molto vantaggiosi: attrazione d’investimenti esteri, creazione di posti di lavoro, maggiore competitività tra le aziende, scambio di nuova tecnologia e know how; di fatto, quindi, sviluppo economico e sociale”. In questa prospettiva “le competenze e le conoscenze dei commercialisti sarebbero determinanti, dal momento che essi già mettono quotidianamente la propria professionalità a disposizione delle aziende nella loro qualità di consulenti amministratori o sindaci”.

Ruolo dei commercialisti centrale, secondo il Consigliere nazionale Raffaele Marcello, anche nella gestione dei fondi strutturali, sui quali ha svolto una dettagliata analisi tecnica. “Sono i professionisti”, ha detto, “che possono evitare i fallimenti degli scorsi anni nella gestione di questi fondi. Siamo noi al fianco delle imprese nella redazione dei business plan e dunque nel tentativo di trasformare i fondi strutturali in una reale opportunità di crescita”.

Resta imprescindibile, per i commercialisti, la creazione di un coordinamento tra la categoria e le Prefetture, le Magistrature, l’Anac e tutti gli Enti interessati al fine di creare una vera e propria rete della legalità. “La pre-condizione per porre in essere qualsiasi sforzo volto al risanamento del Mezzogiorno – secondo Coppola- è la sicurezza del territorio”. Per i commercialisti il ruolo della categoria andrebbe valorizzato anche “nel supportare le fasi di programmazione, analisi e monitoraggio degli enti pubblici”. Il contributo dei commercialisti, in sostanza, “può servire a modernizzare la P.A. e a portare al suo interno conoscenze economico-finanziarie in grado di migliorare i sistemi di governance, la qualità e veridicità dei bilanci, la selezione degli investimenti e la gestione dei fabbisogni di cassa». Senza una Pubblica amministrazione moderna e senza “uno Stato che fa finalmente lo Stato”, ha affermato il consigliere nazionale dei commercialisti, Roberto Cunsolo, “non si va da nessuna parte”.

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