“I vantaggi del “primo modulo” della riforma dell’Irpef non hanno riguardato i contribuenti con redditi superiori ai 50mila euro. I redditi superiori a 50mila euro scontano un’aliquota Irpef del 43%. È arrivato a nostro avviso il momento di guardare anche a questa fascia di ceto medio. Un eventuale intervento a suo favore, da modulare in funzione delle risorse disponibili, potrebbe interessare un ampliamento del secondo scaglione di reddito, quello con aliquota al 35%, da 50mila a 70mila euro. Tale misura risulterebbe neutra rispetto alle varie tipologie di reddito e, pertanto, rispetterebbe il principio di equità orizzontale”. È quanto affermato dal presidente del Consiglio nazionale dei commercialisti, Elbano de Nuccio, agli Stati generali della professione, svoltisi il 7 maggio a Roma.
“L’intervento – ha spiegato – avrebbe certamente un costo, ma sarebbe comunque contenuto entro un limite massimo di 160 euro per contribuente, per cui è certamente da preferire rispetto a un’eventuale riduzione dell’aliquota del 43%, che avrebbe costi decisamente più elevati, in quanto a beneficiare della minore aliquota sarebbe in tal caso l’intera quota di reddito eccedente i 50mila euro anziché soltanto quella da 50mila a 70mila euro. L’intervento, inoltre, potrebbe essere graduato nel tempo, incrementando la soglia massima dello scaglione di reddito a cui applicare il 35%, via via che le risorse si rendano disponibili”.
De Nuccio ha sottolineato come “il ceto medio sopporta un peso fiscale eccessivo, gravato oltre che della progressività dell’imposta e quindi da aliquote marginali più elevate, anche dall’esclusione di fatto dalla gran parte delle agevolazioni e dei bonus fiscali che sono concessi in base al reddito individuale o all’ISEE. Questo lo penalizza fortemente: non solo sostiene il peso maggiore dell’imposta in termini di versamenti netti, ma realizza anche “perdite” significative in termini di minori o mancati sconti o trasferimenti monetari che si traducono in maggiori esborsi”.

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