Il cosiddetto “Decreto Dignità” (DL n. 87), pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 13 luglio, attua le prime misure promesse dal nuovo Governo in materia di lavoro e modifica il contratto a termine, il contratto di somministrazione e il decreto legislativo 23/2015 istitutivo del contratto a tutele crescenti, aumentando le mensilità da erogare in caso di licenziamento ingiustificato.

Il solo fatto che dalla firma del Decreto legge, avvenuta il 2 luglio, alla sua pubblicazione siano passati undici giorni la dice lunga sull’impatto che tali modifiche stanno avendo sia in parlamento che nell’opinione pubblica.

Il titolo I del Decreto, intitolato “Misure per il contrasto al precariato”, reca diposizioni per il contrasto al precariato. Con la finalità, dichiarata dal governo, di limitare con maggiore efficacia l’utilizzo indiscriminato dei contratti a termine, viene ridotta la durata massima di stipula da 36 a 24 mesi, vengono reintrodotte le causali per poter attivare tale contratto in caso di contratto avente una durata superiore a 12 mesi, vengono diminuite le proroghe possibili da 5 a 4, viene aumentato il contributo addizionale ad ogni rinnovo del contratto a termine, viene concesso più tempo al lavoratore per impugnare il contratto.

Considerando che il lavoro non si crea per legge, in questa sede non si vuole commentare il provvedimento, ma solo analizzare le modifiche introdotte, in attesa delle sicure ed annunciate modifiche in sede di conversione.

Contratto a tempo determinato

È possibile stipulare contratti a tempo determinato, con lo stesso lavoratore, per una durata massima totale comprensiva di proroghe e rinnovi di 24 mesi (occorre sempre tener conto, nel computo di tale periodo, anche dei periodi dei contratti di somministrazione a termine) con le seguenti precisazioni:

  1. per i primi 12 mesi trattasi di contratto a termine cosiddetto “a causale” quindi privo di motivazione;
  2. i successivi 12 mesi, siano esse superati a causa di proroga o di rinnovi, potranno essere stipulati in presenza di almeno una delle seguenti condizioni:
  • esigenze temporanee e oggettive, estranee all’ordinaria attività, ovvero esigenze sostitutive di altri lavoratori;
  • esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili dell’attività ordinaria.

Rimane possibile stipulare sin dall’inizio contratti a termine di durata di 24 mesi, ma occorrerà avere sin da subito una causale come sopra.

Sarà sempre la possibilità di modificare la durata massima di 24 mesi tramite la contrattazione collettiva, anche quella aziendale.

Rimane invariata la possibilità, al raggiungimento dei 24 mesi, di stipulare un ulteriore contratto a termine, cosiddetto “Contratto assistito”, della durata massima di 12 mesi, presso l’ispettorato del lavoro competente.

Rimangono fuori dai limiti e dalle causali le attività stagionali.

Qualora il limite dei 24 mesi venga superato, per effetto di un unico contratto o di una successione di contratti, il contratto si trasforma a tempo indeterminato dalla data di tale superamento.

Il contratto a termine può essere prorogato per un massimo di quattro volte nell’arco dei 24 mesi, a prescindere dal numero dei contratti.

Viene elevato il termine di impugnazione, da 120 a 180 gg dalla cessazione, entro il quale il lavoratore può denunciare il contratto a termine.

Al fine di disincentivare il ricorso ai contratti a termine, lo stesso paga una contribuzione addizionale, nei confronti del contratto a tempo indeterminato, pari allo 1,4% della retribuzione imponibile ai fini previdenziali. Il decreto in oggetto prevede che in occasione di ciascun rinnovo del contratto a tempo determinato il contributo addizionale viene aumentato dello 0,5 %.

Le nuove disposizioni trovano applicazione ai contratti di lavoro a tempo indeterminato stipulati dal 14 luglio nonché ai rinnovi ed alle proroghe dei contratti in corso alla medesima data.

Somministrazione di lavoro

Per quanto riguarda la somministrazione di lavoro a tempo determinato, il Decreto Dignità dispone che il rapporto di lavoro è soggetto a tutte le disposizioni del contratto a tempo determinato con l’esclusione degli artt. 23 e 24 del d.lgs. 81/2015.

Considerando che l’articolo 23 tratta il numero complessivo di contratti a tempo determinato che un’impresa può stipulare, considerando il numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza al 1° gennaio dell’anno di assunzione, nella misura massima del 20% e che l’art. 24 tratta il diritto di precedenza che spetta ai lavoratori a termine, si desume che tutte le altre regole riguardanti i contratti a termine, dal 14 luglio devono essere applicate anche ai contratti di somministrazione a termine.

Quindi in tali contratti dovremo rispettare le seguenti regole:

  • durata massima di 24 mesi totali compresi contratti a termine stipulati direttamente con il datore di lavoro;
  • causali in caso di durata superiore a 12 mesi;
  • numero massimo di proroghe pari a 4;
  • intervallo tra la scadenza di un contratto a termine e la successiva riassunzione pari a 10 giorni se il contratto scaduto aveva una durata fino a 6 mesi, oppure 20 giorni se di durata superiore.

Eccezioni

La nuova normativa, sia per i contratti a termine che per la somministrazione di lavoro, non si applica ai contratti stipulati dalle pubbliche amministrazioni i quali continuano ad essere regolati dalle disposizioni previgenti.

Indennità per licenziamento ingiustificato

Il decreto legislativo 23 del 2015 istitutivo del contratto a tutele crescenti ha disposto che in caso di licenziamento ritenuto illegittimo, il giudice dispone una indennità a titolo di risarcimento, calcolata in base all’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del Trattamento di Fine Rapporto, che varia in base all’anzianità aziendale.

Il licenziamento illegittimo dovuto da giusta causa, giustificato motivo oggettivo o soggettivo, quando non si tratti di un licenziamento disciplinare ove il fatto non sussista o di licenziamenti contrari a norme di legge (portatori di handicap, matrimonio ecc.), vengono risarciti con un’indennità monetaria pari a 2 mensilità per ogni anno di anzianità con un minimo che passa da 4 a 6 e ad un massimo che varia da 24 a 36 mensilità, con un aumento quindi del 50%.

Nel caso di datori di lavoro che non raggiungono i limiti di 15 dipendenti di cui all’art. 18 della legge 300/1970, l’indennità è pari ad una mensilità per ogni anno di anzianità con un minimo di 3 (prima era 2) fino ad un massimo di 6 (rimasto invariato).

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