In un mondo che cambia anche gli studi dei commercialisti devono cambiare, volenti o nolenti. Gli adempimenti, le decisioni da prendere e le relazioni da tenere sono troppi per essere gestiti dal professionista “vecchia maniera”. E per di più, i nostri collaboratori non sono pronti a lavorare in autonomia e a prendersi delle responsabilità perché non lo hanno mai fatto e perché hanno paura di sbagliare. Hanno anche paura di deludere i loro maestri professionali che considerano invincibili, che non sbagliano mai e che sanno tutto,  quelli che passano le notti a lavorare e che al mattino dopo sono “splendidi splendenti”, quelli che si ricordano che cosa è successo alla zia Pina tanti anni fa, quando c’era il “740”. E noi abbiamo paura di deluderli, chissà che figura faremmo con loro a non ricordarci che cosa è successo alla zia Pina, adesso che è diventata nonna Pina e ha il profilo Facebook e Twitter…

Insomma, tante cose non dette e ruoli sempre più difficili da sostenere, in un mondo dove le informazioni e le cose da fare sono aumentate in modo esponenziale.
Il bello è che siamo noi a dirlo ai nostri clienti: devi delegare, non puoi fare tutto tu, i tuoi collaboratori non sono autonomi… E poi appena torniamo in studio siamo i primi a continuare a decidere tutto, dall’acquisto della carta igienica alla fusione per incorporazione
(ammesso che si abbia la fortuna di seguire operazioni straordinarie). Da un certo punto di vista la colpa è anche nostra, siamo sempre stati pronti a far notare gli errori ai nostri collaboratori, anche perché abbiamo la segreta (neanche tanto) convinzione che nessuno fa bene i lavori come noi. Per non parlare del tempo che impiegheremmo ad insegnare loro i lavori, facciamo sicuramente prima a farli noi, dato che bravo e veloce come noi non c’è nessuno…

Nel frattempo le casse dello studio piangono, il fatturato scende e noi siamo sempre più nervosi e delusi, sogniamo di cambiare lavoro e quando andiamo a cena con i colleghi vagheggiamo di aprire un chioschetto su una spiaggia tropicale, anche se questa professione che ci fa tanto soffrire la amiamo e vorremmo tanto poterla svolgere con serenità, aiutando i nostri clienti a fronteggiare la crisi e a costruire nuove realtà economiche…

Vorremmo aiutarli a credere nella loro azienda e pensare con loro che cosa produrre o offrire di nuovo oppure immaginare con loro in quali mercati nuovi approdare.
Il punto è che per fare bene consulenza agli altri dobbiamo prima sistemare i nostri panni sporchi e quindi cambiare il nostro modo di lavorare… Come possiamo fare?

La prima cosa da fare è fermarsi, “guardarsi” e pensare che cosa fare per noi, dedicando un po’ di tempo al nostro studio. Siamo sicuramente in grado di farlo, però dobbiamo essere disponibili a metterci in gioco, con coraggio e anche umiltà, perché vedere i propri panni sporchi e ammettere di non essere perfetti non è facile.
Ogni studio troverà la propria via, in un percorso di cambiamento più o meno veloce a seconda di quanto vorremo cambiare e di quanto ci lasceremo “aiutare” in questo cambiamento, confrontandoci tra di noi e con chi ci è già passato…

I rimedi sono tanti, dai più casalinghi ai più strutturati, l’importante è voler cambiare.
Perché in fin dei conti i leader siamo noi… E il “la” al nostro studio lo diamo noi.

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