In media un Commercialista che esercita la professione in forma aggregata dichiara un reddito professionale netto 2,4 volte più grande di un Commercialista che esercita in forma individuale. È questo il risultato principale che emerge dal documento “L’effetto moltiplicatore delle aggregazioni professionali dei Commercialisti“ realizzato dal Consiglio nazionale e dalla Fondazione Nazionale di Ricerca dei Commercialisti sui redditi medi dei Commercialisti per tipologia di studio. Lo studio certifica la superiorità, in termini di risultato, del modello aggregativo nella professione rispetto a quello atomistico. Ciononostante, i Commercialisti che si aggregano sono solo uno ogni cinque, il 20% del totale.
Elaborando i dati delle due casse di previdenza della Categoria (quella dei Dottori commercialisti e quella dei Ragionieri) per l’anno 2022, il documento calcola il reddito medio dei Commercialisti che esercitano in forma aggregata pari a 127.814 euro contro un reddito medio di chi esercita in forma individuale pari a 53.044 euro e un reddito medio totale di 68.073 euro. Secondo le stime della Fondazione nazionale, gli studi aggregati, vale a dire studi associati e STP, sono però poco più di 7 mila contro oltre 62 mila tra studi individuali e “condivisi”.
Il documento presenta anche un’analisi del moltiplicatore del reddito medio di chi esercita in forma aggregata rispetto a quello individuale e del tasso di aggregazione per classi di età, genere e territorio con dati fino al livello di singolo ordine territoriale. Gli indicatori esaminati presentano una discreta variabilità intorno alla media nazionale. In particolare, si nota il livello particolarmente basso del tasso di aggregazione per i Commercialisti fino a 40 anni che presentano un valore pari all’8,2%, ben lontano dalla media nazionale del 20,1%. Lo stesso tasso sale al 21,8% per chi si trova nella classe centrale, vale a dire per i Commercialisti tra 41 e 60 anni, ed è ancora più elevato per gli over 60 raggiungendo in questo caso il 23,6%. Allo stesso modo, il tasso di aggregazione è più elevato per gli uomini (21,9%) rispetto alle donne (16,5%). A livello geografico, si registra una tendenza all’aggregazione professionale più elevata nelle regioni settentrionali rispetto a quelle centrali e meridionali. Infatti, nel Nord-est, dove si raggiunge il valore più elevato, il tasso di aggregazione è pari al 26,5%, mentre nel Nord-ovest è poco più basso, cioè il 26,2%. Lo stesso tasso scende al 20,3% nel Centro risultando di poco superiore alla media nazionale e crolla all’11,2% nel Sud.
Il reddito medio di chi esercita in forma aggregata, invece, è più elevato per la classe centrale, che raggiunge i 134.073 euro. I Commercialisti fino a 40 anni si fermano a 78.027 euro, mentre gli over 60 arrivano a 124.403 euro. Per quanto riguarda il genere, i Commercialisti maschi che esercitano in forma aggregata presentano un reddito medio pari a 144.508 euro rispetto a 82.236 euro per le donne. Infine, sul piano geografico, il reddito medio di chi esercita in forma aggregata più elevato viene fatto registrare dai Commercialisti del Nord-ovest con 168.432 euro, in assoluto la media più elevata nei confronti anche delle classi di età e del genere, mentre nel Nord-est il reddito medio di chi esercita in forma aggregata è pari a 141.121 euro. Nel Centro, la media scende a 106.161 euro per poi calare a 56.252 euro nel Sud.
Per quanto riguarda il moltiplicatore del reddito medio di chi esercita in forma aggregata rispetto a quello individuale, il valore più alto tra le classi di età si registra anche in questo caso per quella centrale (2,40), rispetto alla terza classe (2,04) e alla prima (2,34). Rispetto al genere, il moltiplicatore è più alto per gli uomini (2,39) rispetto alle donne (2,13) anche se il divario è minimo. Infine, sul piano geografico il moltiplicatore è più elevato nel Nord-ovest (2,44) rispetto al Nord-est (2,19), scende a 1,97 nel Centro e 1,56 nel Sud.
“Questo documento – afferma il presidente del Consiglio nazionale dei commercialisti, Elbano de Nuccio – non lascia dubbi su quanto le aggregazioni rappresentino un valore aggiunto per la professione e una strada da seguire con più convinzione in futuro. È dunque importante la rimozione degli ostacoli all’aggregazione, specie quelli di natura normativa a partire dalle limitazioni di carattere fiscale, su cui, in realtà, è già intervenuta in parte la legge delega per la riforma fiscale con l’estensione del principio di neutralità alle operazioni di aggregazione e riorganizzazione degli studi professionali in società tra professionisti. Esistono però altri fattori che ostacolano questo processo, come il passaggio dal regime di determinazione del reddito imponibile per cassa a quello di competenza che caratterizza la trasformazione da studio individuale o associato a società tra professionisti costituita nelle forme delle società di capitali, oppure le limitazioni imposte al regime forfetario che lo rendono incompatibile con lo studio associato o la società tra professionisti. Inoltre, sono note le limitazioni alla diffusione del modello STP dovute a una normativa poco chiara, con riferimento, a titolo d’esempio, alla governance o alla partecipazione dei soci alla compagine societaria”. Per de Nuccio non vanno però trascurati neppure “gli ostacoli di carattere culturale e socioeconomico tipici delle professioni liberali e, in particolare, di quelle dell’area giuridico-economica che, per tradizione, conservano un’impostazione di fondo di carattere atomistico. Come sottolineato nel documento – conclude – si avverte la necessità di promuovere forme e strumenti di coinvolgimento diretto dei giovani negli studi aggregati insieme alla promozione dei network professionali che, grazie anche all’impiego delle moderne tecnologie informatiche, possono favorire il superamento dei gap territoriali. È una strada, questa, sulla quale il Consiglio nazionale opererà con impegno”.
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