Crescita del Paese prossima allo zero. Professione messa a dura prova da crescenti adempimenti e responsabilità, concorrenza da competitors esterni alla categoria. Specializzazioni e aggregazioni fra colleghi, certo, ma i giovani devono poter dare il loro contributo all’interno degli studi smettendo i panni dei semplici dipendenti d’opera. Si parli, finalmente, di revisione di strategia e governance all’interno dei nostri studi. E’ la metamorfosi della nostra professione ed è il mercato che ce la chiede, per un ritorno al valore dei nostri studi e della nostra categoria.

Parliamo di strategia negli studi

Flat tax 2019 “colpevole” di incentivare la proliferazione di micro-studi e la scissione di molti studi professionali al fine di sfruttare la leva fiscale. Ma il dibattito dovrebbe spostarsi sul nostro “fronte interno” – se non altro perché ne stiamo parlando nella nostra testata di categoria – per analizzare il modus operandi all’interno dei nostri studi e capire se non sia opportuno rivedere il ruolo di dipendenti-d’opera in cui troppo spesso vengono relegati i più giovani colleghi (anche per colpe a loro imputabili, sia ben chiaro). Parliamo della strategia dello studio. Parliamo di revisione della governance. Parliamo di strutturazione di piani di carriera. Parliamo di nuovi equity partners. Parliamo di partner compensation. E affrontiamo gli argomenti dando il giusto peso alle tematiche: è certamente importante trattare le novità dei dichiarativi fiscali 2019 ed affrontare le novità legislative sul fronte della crisi d’impresa. Ma parliamo anche di questo.

E allora diamo uno stimolo, una “scossa” all’ambiente: confrontiamoci con contributi strutturali (contributi tecnici e proattivi, chiaramente), coinvolgendo anche i più giovani che, troppo spesso, sono bravi nell’affrontare il tecnicismo quotidiano, ma non parlano di strategia, non si propongono in maniera proattiva ai loro studi dimenticando che, in realtà, dovrebbero proprio loro essere il volano del cambiamento e uno dei driver del valore dei nostri studi. Facciamolo in questo delicato momento per la professione, un momento di riflessione intergenerazionale e interprofessionale.

Rendiamoci veramente consapevoli dei dati statistici che ci riguardano

I dati statistici desumibili dalla seconda edizione del Rapporto sulle libere professioni in Italia (2018), curata dall’Osservatorio delle libere professioni di Confprofessioni e dal “nostro” Rapporto 2018 sull’Albo dei Dottori Commercialisti ed Esperti contabili (CNDCEC e FNC) riconoscono la definitiva fuoriuscita dalla crisi che aveva coinvolto  i professionisti dal 2008 al 2013, un dato che si attesta, come andamento, anche a livello europeo: al 1° gennaio 2018 il numero di dottori commercialisti iscritti in Italia ammonta a 118.333, con un incremento che si riscontra anche in ambito femminile e nel numero di praticanti iscritti.

Relativamente alle quote-rosa, è sempre maggiore la presenza femminile, che in Italia raggiunge un 32% con un importante contributo delle più giovani: indice, questo, di una professione che sta superando le differenze ereditate dagli scorsi anni.

Il peso delle professioni ordinistiche, poi, si attesta intorno al 67% ed è qui prevalente la forma individuale (riguarda oltre il 50%) e la clientela comprende un mercato locale tendenzialmente provinciale o regionale. L’aggregato dei professionisti costituisce oltre il 6% degli occupati in Italia e oltre il 26% del complesso del lavoro indipendente.

Sin qui tutto bene, ma non possiamo e non dobbiamo dimenticare le difficoltà della categoria: adempimenti e responsabilità crescenti, margini ridotti, limitatezza della clientela, concorrenza accesa anche a causa di competitors estranei alla categoria, limitata strutturazione aziendale – sintomo di fragilità, forte deregolamentazione della professione. Spiazzamento generale indotto dalla tecnologia e dalla rivoluzione digitale in atto percepita spesso come una sorta di minaccia. Questo è il quadro.

Professioni in balia di un cambiamento affrontato a colpi di specializzazione, un elemento importantissimo di distinzione e identificazione di categoria a cui poi si aggiunge l’elevata propensione all’aggiornamento professionale e alla formazione continua, antidoti efficaci nello scongiurare obsolescenza di competenze. Ma non basta:  il tradizionale percorso professionale non può più essere seguito, va ridefinito guardando ai giovani come ad una risorsa in prima linea per l’evoluzione strategica in ottica futura.

Pensiamo al nostro presente e al nostro futuro: i giovani

I giovani che ambiscono a entrare nella nostra categoria vogliono identificarsi in valori comuni in uno sforzo di inventiva e sperimentazione continua: già dalla fase del praticantato fino all’effettivo ingresso nel mercato delle professioni, i giovani si accingono a collaborazioni che permettono loro di entrare come parte attiva in realtà professionali nelle quali scoprire e far emergere le proprie ambizioni di crescita e di appartenenza alla categoria. Perchè essere dottore commercialista significa ambire ad un credo professionale che richiede passione, dedizione, identificazione e appartenenza sociale.

L’approccio professionale del giovane che entra a far parte di uno studio mediamente strutturato, è sostanzialmente basato su due processi di crescita: crescita per anzianità e crescita per strategia.

La crescita per anzianità prevede uno sviluppo basato sull’esperienza acquisita dal giovane nel corso degli anni all’interno di uno studio: una sorta di lento percorso di formazione che richiede, step by step, il rispetto di una tempistica organizzativa e formativa, oltre che gerarchica, di ruolo.

La crescita per strategia prevede un piano strategico di sviluppo del giovane nello studio seguendo un percorso formativo e di carriera concordato con i partner che porta all’assunzione, nel tempo, di ruoli e responsabilità importanti.

Arrivati ad inserire il collaboratore nell’organico “stabile” di studio, si pone l’eterno dilemma per il giovane: possibilità di gestione di propria clientela nell’orario di lavoro? Possibilità di condivisione della clientela con lo studio facendola diventare clientela di studio? E’ il “momento di sofferenza interiore” raccontato da molti colleghi giovani. Che può sfociare in molti modi, a seconda della filosofia interna allo studio e alla reale volontà di investire nel collaboratore. Questa la discriminante.

Ma i giovani vogliono veramente “uscire dal labirinto”?

Lo studio certamente avrà la propria “linea”. Ma il giovane professionista, sa realmente cosa vuol fare da grande? Ha ben in mente la propria strategia che riflette il proprio carattere e la propria indole? Oppure la quotidianità professionale e i ricorrenti adempimenti contabili-fiscali spingono a non riflettere, ad appiattirci allontanandoci pericolosamente dalla vera professione e dalla vera consulenza? Con ciò relegandoci in un ruolo di “prigionieri” negli studi, in una condizione perenne di dipendenti d’opera che è colpa (diciamolo) dei giovani stessi? Siamo dunque rimasti prigionieri del “labirinto” di Spencer Johnson descritto nel best-seller “Chi ha spostato il mio formaggio?” Sapremo adattarci alle avversità e trovare la nostra strada come lo gnomo Ridolino? Oppure resteremo fermi sulle nostre convinzioni come lo gnomo Tentenna (che tuttavia nel seguito del bestseller citato riesce a scegliere di avere una mentalità diversa)?

Per far questo, se decidiamo di esercitare la professione in forma associata, dobbiamo prima di tutto chiederci se lo studio con cui collaboriamo da anni ha una strategia che va nella stessa direzione della nostra. E – in caso positivo – se c’è un progetto di crescita per noi. Nel caso non ci fosse siamo proattivi; spieghiamo ai nostri ex dominus come possono valorizzarci e far crescere lo studio: nuovi servizi per la clientela, affiancamento al titolare nei rapporti con la clientela che richiede un passaggio generazionale, spinta su determinati segmenti di mercato più dinamici. E affrontiamo, dopo qualche anno, la tematica della “stabilizzazione dei rapporti” all’interno dello studio:

  • diventare salary partners, nel qual caso saremo coinvolti nei processi organizzativi dello studio e remunerati con compensi fissi e/o variabili in funzione delle performance Il nostro ruolo sarà di professionisti “fidelizzati” allo studio;
  • diventare equity partners, nel qual caso saremo coinvolti nei processi organizzativi e nelle strategie dello studio e remunerati con gli utili, con possibilità di fissare comunque compensi fissi. Il nostro ruolo sarà di professionisti/imprenditori dello studio.

La professione è in una fase delicata di rinnovamento necessario alla sopravvivenza – soprattutto a causa dell’avanzamento tecnologico e dei crescenti adempimenti – e ha bisogno di energia, entusiasmo e nuove competenze. E qui vi può essere spazio per i giovani. Perché dopo anni di studio, praticantato e periodo post-abilitazione, i giovani devono raccogliere ciò che hanno seminato con pazienza.

Sono i giovani che, all’interno degli studi, possono fare la differenza nell’accelerare il passaggio da una fase di protezione delle tradizionali attività legate agli adempimenti contabili e fiscali ad una fase di cambiamento radicale, caratterizzato da un modo diverso di fare professione. E’ veramente ora di darsi da fare, dimostrare sul campo il nostro valore ma non solo sugli aspetti tecnici. Prendiamoci anche un ruolo imprenditoriale e strategico all’interno dei nostri studi, contribuendo a quel rinnovamento della professione che non è auspicabile. E’ necessario, è professionalmente vitale e fondamentale. Così daremo veramente una mano ai nostri colleghi senior, ai nostri studi e – scusate se è poco – a noi stessi.

 

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