Il decreto legge 83 del 27 giugno, recante “Misure urgenti in materia fallimentare, civile e processuale civile e di organizzazione e funzionamento dell’amministrazione giudiziaria”, presenta “significative criticità”. In un documento inviato alla Commissione giustizia della Camera che lo sta esaminando, il Consiglio nazionale dei commercialisti, oltre a formulare una serie di proposte di modifica, esprime le sue perplessità sul provvedimento, sia nel merito che nel metodo.

“Alcune scelte effettuate dal Governo – afferma il presidente nazionale dei commercialisti, Gerardo Longobardi – non sono condivisibili sia per quanto attiene alle materie oggetto dell’intervento, sia per quel che concerne lo strumento utilizzato per introdurre modifiche tanto significative per settori strategici dell’economia”. “L’ambito di intervento delle proposte di modifica presentate dal Governo – prosegue Longobardi – riguarda aspetti differenti che necessiterebbero una trattazione autonoma e ragionata”.

“E’ di tutta evidenza che recuperando ed enfatizzando il concetto della migliore soddisfazione dei creditori, il decreto governativo – afferma Longobardi – introduce, in alcuni casi, misure che possono ingessare l’imprenditore, alterare i diritti dei soci e minare il diritto alla par condicio creditorum costituzionalmente garantito. Non condividiamo, poi, la modifica proposta in ordine all’art. 28 l.f. nella parte in cui si introduce aprioristicamente il concetto di adeguatezza della struttura organizzativa e di risorse del curatore per l’assunzione dell’incarico al fine del rispetto dei tempi previsti nel programma di liquidazione”.

Il Consiglio nazionale della categoria sottolinea inoltre “l’anomalia rappresentata dal fatto che il decreto legge è intervenuto quando La Commissione nominata dal Ministro della Giustizia per la revisione organica della disciplina delle procedure concorsuali, a quanto è dato sapere, sta procedendo speditamente alla stesura dei criteri direttivi della legge delega per una riforma organica delle procedure concorsuali”.

Più in generale, i commercialisti non condividono la scelta di intervenire nuovamente sulla legge fallimentare, a soli pochi anni di distanza dall’ultima modifica. “La stratificazione di provvedimenti normativi che vengono inseriti nell’ordinamento a breve distanza gli uni dagli altri – conclude Longobardi – senza opportune riflessioni e senza la necessaria attività di coordinamento tra i differenti estensori delle norme, le differenze di prassi registrate in ambito locale e, nei tribunali più grandi, anche nell’ambito delle stesse sezioni fallimentari, rappresenta a nostro avviso, un motivo ostativo all’ennesima rielaborazione del diritto fallimentare”.

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