Il “Jobs act del lavoro autonomo” (L. 22 maggio 2017, n. 81) ha riscritto la disciplina attinente l’annosa questione del rimborso delle spese dei professionisti, aprendo alla deducibilità integrale delle stesse, laddove siano sostenute direttamente dal richiedente la prestazione.

Partendo dalla norma, l’art. 54 del TUIR, nell’ambito delle disposizioni inerenti la “Determinazione del reddito di lavoro autonomo”, sancisce che: Le spese relative a prestazioni alberghiere e a somministrazione di alimenti e bevande sono deducibili nella misura del 75 per cento e, in ogni caso, per un importo complessivamente non superiore al 2 per cento dell’ammontare dei compensi percepiti nel periodo di imposta.

I limiti di cui al periodo precedente non si applicano alle spese relative a prestazioni alberghiere e di somministrazione di alimenti e bevande sostenute dall’esercente arte o professione per l’esecuzione di un incarico e addebitate analiticamente in capo al committente. Tutte le spese relative all’esecuzione di un incarico conferito e sostenute direttamente dal committente non costituiscono compensi in natura per il professionista”.

È proprio questa seconda parte della disposizione dell’art. 54 del TUIR che è stata modificata dalla L. n. 81/2017, dopo il ritocco effettuato non molto tempo prima dal collegato alla Manovra di bilancio 2017 (D.L. 22 ottobre 2016 n. 193).

Quest’ultimo decreto (art. 7-quater, comma 5, del citato D.L. 193) ha, infatti, esteso l’applicazione della disciplina in questione alle prestazioni di viaggio e trasporto, prevedendo che queste, qualora relative all’esecuzione di un incarico conferito e sostenute direttamente dal committente, non costituiscano compensi in natura per il professionista, al pari delle spese per prestazioni alberghiere e di somministrazione di alimenti e bevande, già escluse dal 2015 dal concetto di compenso in natura.

Alla luce della nuova formulazione normativa introdotta con il “Jobs act”, tutte le spese relative all’incarico professionale, sostenute direttamente dal committente, non costituiscono compensi (in natura) per il professionista, con la conseguenza che i lavoratori autonomi non devono più inserire in fattura le spese per l’espletamento dell’incarico sostenute direttamente dal committente. Fondamentale tuttavia è che il documento di spesa sia intestato al cliente.

Quanto alla decorrenza, la nuova disciplina si applica a decorrere dal periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2017.  Va segnalato che nulla è variato per le spese di vitto e alloggio sostenute direttamente dal professionista, purché inerenti all’attività professionale, le quali rilevano nella determinazione del reddito imponibile nella misura del 75% e, in ogni caso, per un importo complessivamente non superiore al 2% dell’ammontare dei compensi percepiti nel periodo d’imposta.

Diverso è, invece, il discorso per le spese di vitto e alloggio sostenute dal lavoratore autonomo e addebitate al committente al fine di ottenerne il rimborso: qualora siano, infatti, sostenute per l’esecuzione di uno specifico incarico e addebitate analiticamente in fattura al committente, non trovano più applicazione i limiti di deducibilità appena ricordati, con il risultato che il professionista interessato che ha effettuato tali spese di vitto e alloggio potrà dedursi l’intero ammontare delle stesse quale valore ricompreso nell’imponibile della fattura emessa al committente.

Costituendo dunque parte integrante del compenso, tali rimborsi restano soggetti alla ritenuta d’acconto, concorrono alla formazione dell’imponibile Iva e sono assoggettati alla rivalsa previdenziale.

Ricapitolando, quindi, le spese di vitto e alloggio per il professionista:

  • se non riaddebitate al cliente, sono deducibili nel limite del 75%, per un importo complessivo non superiore al 2% dell’ammontare dei compensi percepiti nell’anno;
  • se riaddebitate analiticamente al cliente, sono integramente imponibili, costituendo parte integrante del compenso, e restano integralmente deducibili per effetto delle novità introdotte dal “Jobs act” a decorrere dal periodo d’imposta 2017.

In entrambi i casi i documenti di spesa sono intestati al professionista poiché è lui stesso che sostiene la spesa.

Resta, infine, il caso delle spese sostenute dal professionista in nome e per conto del cliente che, anche se rimborsate, sono fiscalmente irrilevanti per quest’ultimo, non costituendo parte del compenso.

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