“La riforma del lavoro autonomo va considerata un’opportunità per tutto il paese. Ma, affinché rappresenti davvero un tassello determinante nel processo di ammodernamento, va implementata e migliorata su quella parte delle politiche attive che riguardano proprio il mondo delle professioni”.
Così Vito Jacono e Luigi Mandolesi, consiglieri nazionali con delega rispettivamente all’area commercialista per il lavoro e alla fiscalità, commentano il disegno di legge, così chiamato, “del lavoro autonomo” (ddl n. 2233) che, insieme al ddl “Adattamento negoziale delle modalità di lavoro agile nella quarta rivoluzione industriale” (ddl n.2229), riuniti insieme in Senato, puntano – almeno in teoria – a dare una forma legislativa compiuta al mondo dei lavoratori autonomi. Proprio su questo il Consiglio nazionale dei dottori commercialisti è stato ascoltato, insieme al Cup, in audizione lavoro di Palazzo Madama.

I contenuti chiave del Jobs Act degli autonomi
Deducibilità totale delle spese di formazione, maternità e malattia, pagamenti, clausole abusive, infortuni: questi gli ambiti principali entro cui il nuovo provvedimento diffonderà i suoi effetti dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, prevista dopo la discussione parlamentare.
Tra le misure più attese – e, soprattutto, richieste dalle professioni – figura proprio il tema dell’integrale deducibilità degli esborsi, nei limiti di 10mila euro l’anno, sostenuti dai singoli lavoratori autonomi per la partecipazione a convegni, congressi e corsi di aggiornamento professionale (ad esclusione dell’incentivo fiscale per le spese di viaggio e soggiorno). Una norma chiesta proprio all’indomani della riforma delle professioni (Dpr 137/12), che ha sancito l’obbligatorietà della formazione continua obbligatoria. Integralmente deducibili poi, entro il limite annuo di 5mila euro, i costi di servizi di certificazione delle competenze, orientamento, ricerca e sostegno all’auto-imprenditorialità, finalizzati ad ottenere sbocchi occupazionali.
Sul fronte del lavoro autonomo il ddl sancisce inoltre lo stop ai contratti capestro, prevedendo l’espressa nullità delle clausole che attribuiscono al committente la facoltà di modificare unilateralmente (o recedere senza preavviso) il contratto e di quelle che fissano termini di pagamento superiori a 60 giorni dalla fattura.
Un passaggio specifico, poi, è dedicato alla ormai annosa questione dei fondi europei.
In questo senso il provvedimento non fa altro che rafforzare quanto già affermato dalla Stabilità 2016, dove sono comparati i lavoratori autonomi ai piccoli imprenditori ai fini dell’accesso ai Piani operativi nazionali e regionali. Ma va anche oltre, abrogando la norma contenuta nella stessa Stabilità che aveva riconosciuto il diritto ai professionisti di concorrere solamente per il settennio di programmazione 2014-2020. Altra differenza sostanziale tra le due disposizioni riguarda l’ambito soggettivo. Mentre la legge di Stabilità 2016 fa esplicito ed esclusivo riferimento ai professionisti, il Jobs Act prevede un accesso ai fondi strutturali generalizzato per tutte le tipologie di lavoro autonomo.
Il ddl interviene poi sui centri per l’impiego, specificando che questi debbano dotarsi di uno sportello dedicato al lavoro autonomo che faccia incontrare domanda e offerta. Uno sportello che avrà anche il compito di fornire informazioni su diverse questioni: procedure per l’avvio di attività autonome, accesso agli appalti, opportunità di credito ed agevolazioni pubbliche.
Tra le principali novità, poi, l’estensione della tutela alla maternità, che consente a professioniste ed autonome di poter richiedere l’indennità anche senza sospendere l’attività lavorativa. La gravidanza, la malattia e l’infortunio del lavoratore autonomo, che presta la propria attività in via continuativa per il committente, non comportano l’estinzione ma una sospensione del rapporto di lavoro, senza diritto ad alcuna remunerazione, per un periodo non superiore a 150 giorni all’anno.

Le richieste dei commercialisti
“Per la prima volta il governo riconosce il valore e la dignità del lavoro autonomo e professionale”, commenta Vito Jacono, consigliere delegato in materia di lavoro, “e lo fa con un provvedimento non calato dall’alto ma condiviso con i professionisti. Per questo la speranza è che nel corso dell’iter parlamentare si facciano le opportune modifiche per evitare che le finalità possano essere vanificate da disposizioni, in alcuni casi difficilmente applicabili, e formule indefinite”.
Un esempio in questo senso per il consigliere nazionale è la norma legata alla deducibilità delle spese della formazione ed al limite fissato dal legislatore, che “andrebbe eliminato per evitare che venga meno l’efficacia della norma anche in termini di semplificazione. Quando poi si parla di tutele, il ddl del governo, seppure estenda durata e coperture della degenza ospedaliera a chi sta svolgendo terapie oncologiche,tiene fuori in maniera ingiustificata altre malattie. Per questo chiediamo che lo stesso trattamento venga allargato anche a tutte le malattie gravi che comunque impediscono l’attività lavorativa per lunghi periodi”. E poi ancora, aggiunge Jacono, “poiché il ddl identifica come clausole abusive quelle che attribuiscono al committente la facoltà di modificare unilateralmente le condizioni del contratto o, nel caso di contratto che ha per oggetto una prestazione continua, di recedere da esso senza congruo preavviso, bisognerebbe capire come questa norma si concili con il codice civile che invece non prevede questo passaggio. Quindi o si cambia la norma o si modifica il codice civile, cosa che ritengo difficile da attuare”.
Infine, conclude il consigliere nazionale, considerando che il ddl affronta il tema del lavoro autonomo “sarebbe opportuno, visto che mettiamo mano per la prima volta alla materia, realizzare una riforma organica che tenga conto anche di altri passaggi: innanzitutto di inserire una norma che “preveda l’equo compenso dei professionisti, vista la confusione scaturita sul mercato in conseguenza dell’abolizione delle tariffe professionali; e, in secondo luogo, andrebbe finalmente affrontata con completezza la disciplina sulle società tra professionisti, specificando una volta per tutte qual è la natura del loro reddito”.

E le modifiche in materia fiscale
Nel corso dell’audizione al Senato, poi, i rappresentanti del Consiglio nazionale si sono soffermati anche su tutte le questioni di natura fiscale. Chiedendo innanzitutto di recuperare alcune disposizioni già ipotizzate in occasione dell’esercizio delle deleghe fiscali. “La prima”, spiega Luigi Madolesi, consigliere nazionale con delega alla fiscalità, “è quella di eliminare gli studi di settore per i liberi professionisti, considerando la diversa natura del soggetti e ritenendo ormai superato il modello di ricostruzione dei compensi attribuibili al contribuente sulle base delle elaborazioni statistiche degli studi”. Tra le proposte avanzate dai commercialisti figura, poi, la proroga automatica dei termini per la presentazione di dichiarazioni e comunicazioni fiscali e per il versamento dei tributi di competenza dello Stato e degli enti locali, nel caso in cui si verifichino ritardi nella pubblicazione dei provvedimenti attuativi o del software applicativo necessario all’effettuazione degli stessi adempimenti.
Altra proposta avanzata dalla categoria è quella relativa alla sospensione feriale, dal 1° al 31 agosto, dei termini amministrativi tributari a carico dei contribuenti. “Un intervento di cui”, ricorda Mandolesi, “come Consiglio nazionale chiediamo da tempo l’approvazione, che ha il pregio di essere a costo zero e che trova giustificazione nel recente proliferare di comunicazioni e di richieste da parte dell’Agenzia delle Entrate”.
Sull’obbligo che incombe su imprese, esercenti al minuto e professionisti di accettare pagamenti effettuati tramite Pos, i commercialisti chiedono che sia circoscritto a quanti esercitano un’attività rivolta ad una clientela di consumatori finali. Il documento consegnato a Palazzo Madama contiene inoltre proposte di modifica per la determinazione del reddito di lavoro autonomo. “La norma attuale”, secondo Mandolesi “è di difficile lettura e non tiene conto delle diversità formali e sostanziali rispetto a chi esercita un’attività di impresa. Per questo è necessario intervenire con una serie di misure di semplificazione, tenendo conto dei principi fondamentali posti alla base della determinazione del reddito di lavoro autonomo: il principio di cassa e l’inerenza delle spese”.
“Dunque si tratta di portare alcune modifiche al provvedimento che”, ha concluso il consigliere nazionale, “tengono conto dei dubbi interpretativi della norma e hanno non solo l’obiettivo di ridurre il numero degli adempimenti posti a carico dei professionisti, ma soprattutto di semplificare il sistema rendendolo più efficiente”.

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