ACBGroup è una sistema di commercialisti e di avvocati finalizzato allo scambio culturale e alla collaborazione, pur restando ciascuno studio professionale assolutamente autonomo economicamente e giuridicamente. Il sistema organizza annualmente una convention caratterizzata da relazioni su argomenti di interesse professionale che quest’anno si è tenuta a Pordenone. Gli argomenti sono stati la specializzazione professionale e la finanza di impresa.

Impadronirsi delle specializzazioni

«La scelta di Pordenone per la XIII Convention ACBGroup – ha sottolineato il presidente del gruppo, Victor Uckmar – tende a sottolineare l’importanza dei valori e della storia del territorio,
che risultano fattori determinanti e caratterizzanti (spesso direttamente nella comunicazione e nel marketing dei prodotti) del successo delle imprese sul mercato.
Sul tema delle specializzazioni e delle offerte professionali per le imprese, dopo un primo intervento di Giorgio Miani, Amministratore Delegato ACBGroup, è intervenuto Giorgio De Rita, segretario generale del Censis. «Il problema della specializzazione – secondo De Rita – è di carattere generale. Non concerne i soli commercialisti. Nell’attuale situazione di crisi caratterizzata dalla paura del fisco e dall’accumularsi di risparmi non investiti, occorrono attitudine alla specializzazione, capacità di lavorare insieme nell’economia digitalizzata e competitività, privilegiando i valori etici della reputazione. A tal fine potranno validamente soccorrere le reti fra professionisti e le reti fra imprese». Sono poi seguite relazioni di Giorgio Berta,consigliere ACBGroup Sviluppo, Alberto Righini, coordinatore del progetto ACBGroup Specializzazioni, Renato Cinelli, Studio ACBGroup Pordenone, Fabrizio Acerbis, Partner, Head of Tax and Legal Services (Italy), PwC – TLS Associazione Professionale di Avvocati e Commercialisti e Ulrich Britting, Member of EMEA Board and World Board Prime Global An Association of Independent Accounting Firms.

Alla convention è intervenuto anche Massimo Miani, responsabile del progetto Scuole e Specializzazioni del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili.«Nella crisi economica – ha detto Miani – la maggior parte dei commercialisti si dedica alla materia fiscale e alla contabilità. Il gran numero di dissesti delle imprese ha trovato impreparati molti studi professionali. Il commercialista del futuro dovrà essere rapido nel cogliere le specializzazioni conseguenti all’avvento dell’elettronica. Il Consiglio nazionale dei commercialisti se ne è reso conto, stanziando due milioni di euro per la formazione. In questo quadro è auspicabile l’affermarsi
di specializzazioni facilitandone il sorgere attraverso le reti fra studi professionali».
Per Achille Coppola dello studio associato Coppola di Napoli, segretario nazionale del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, «da decenni si parla di specializzazione e di concorrenza – ha affermato Coppola – anche perché i commercialisti sono forse troppi. In questo quadro il Consiglio nazionale sta ricercando un modello basato sul sistema professionale onde conseguire reciproca integrazione, ricordando che il cliente è il valore della professione. Per questo deve essere capito e servito al meglio anche attraverso innovazioni mantenendo vivo quel valore professionale».

La finanza nel ciclo di vita dell’impresa

Al convegno “La finanza nel ciclo di vita dell’impresa” è intervenuta Debora Serracchiani, presidente della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia.«Le forme di finanziamento alle imprese – ha esordito Serracchiani – sono cambiate e, perciò, sono cambiate le competenze dei professionisti che si trovano a dover attuare forme di collaborazione diverse dal passato a livello sia regionale che statale. Sono altresì cambiate le forme di gestione delle imprese in conseguenza della globalizzazione. In questo quadro si sta delineando la ripresa
economica. Il professionista deve approfittarne ridando fiducia all’imprenditore».

La finanza nella gestione ordinaria d’impresa

Sul tema della finanza nella gestione ordinaria d’impresa ha fatto le sue considerazioni Franco Vermiglio, Studio ACBGroup Messina, secondo il quale «il ciclo di vita dell’impresa si articola in un ciclo ordinario, in un ciclo di sviluppo e in un ciclo di ristrutturazione. Nei tre cicli le scelte finanziarie sono diverse con effetti diversi.
Un’importante testimonianza è arrivata dall’imprenditore Andrea Illy. Secondo il presidente e amministratore delegato della Illycaffè «è fondamentale andare verso una maggiore specializzazione, ma nella gestione ordinaria occorre anche la consulenza generica con particolare riferimento alla migliore progettazione dei finanziamenti. In questo quadro sono della massima importanza la certezza del diritto, con particolare riferimento alle operazioni venture capital, e l’affidabilità dell’imprenditore nei confronti dei finanziatori, nella quale il commercialista assume un ruolo determinante».

Ad illustrare invece il quadro degli istituti creditizi è stato Maurizio Polato, professore ordinario dell’università di Udine. «Nell’attuale crisi – secondo Polato – le banche si trovano ad avere una brutta qualità di attivi, con conseguente razionamento del credito, e un complesso regolamento che le porta ad una severa valutazione del cliente. In questo quadro, la minore liquidità del mercato e la mancanza di un adeguato patrimonio delle imprese a causa della crisi fanno dipendere sempre di più le imprese, in particolare quelle piccole, dalle banche con frequenti defaults. Poiché comincia a delinearsi la ripresa economica, occorre rapidamente ridurre i vincoli che frenano l’erogazione del credito.
Per Chiara Mio, presidente Banca Fiuladria-Crédit Agricole, «le banche incontrano grosse difficoltà nell’erogazione dei fidi alle imprese anche per la difficile interpretazione dei regolamenti. In questo, quadro occorre che le banche riescano quantomeno a facilitare il rapporto con il cliente anche cercando di ben conoscerlo, andando presso l’imprenditore che a sua volta deve parlare delle proprie strategie con l’aiuto del commercialista». Secondo Andrea Perin, direttore generale Banca Finint, «nell’attuale difficile regolamentazione del fido bancario occorre migliorare l’accesso delle PMI al mercato del capitale; ricorrere, oltre che alle banche, anche ad altri soggetti erogatori di finanziamenti quali le assicurazioni, i fondi di investimento, gli istituti che attuano la cartolarizzazione, ecc..

La finanza nello sviluppo dell’impresa

A dare la sua testimonianza sul tema della finanza nello sviluppo dell’impresa è stato l’imprenditore Furio Bragagnolo (Pasta Zara). «L’imprenditore – ha detto Bragagnolo – ha bisogno di più commercialisti perché deve avere più suggerimenti. Così, ad esempio, occorre un commercialista per fare il piano finanziario onde fronteggiare una nuova iniziativa, occorre un altro commercialista per redigere il piano industriale, occorrerà altresì un altro commercialista per gli eventuali contatti con l’estero». Per Nicola Coccia, studio ACBGroup Napoli, «il finanziamento all’impresa nella fase del suo sviluppo è diverso rispetto al passato sia per il superamento della banca quale unico finanziatore, sia per l’aumentato indebitamento delle imprese, sia per un nuovo colloquio culturale che si svolge tra finanziatore e impresa. In questo quadro, dobbiamo prendere atto del miglioramento del mercato italiano che attrae capitali per investimenti in Italia anche per il cambio attualmente favorevole». Secondo Francesco Perrini, professore ordinario Università Bocconi, «i tempi che stiamo vivendo sono caratterizzati dall’incertezza che rende difficili le decisioni sugli investimenti da effettuare. D’altra parte, si stanno delineando aspetti positivi sia per il miglioramento dell’avanzo primario dello stato rispetto alla media europea, sia per il buon andamento del risparmio delle famiglie che sono spesso proprietarie di immobili. Si giustifica, pertanto, che il commercialista incoraggi gli investimenti anche se è un compito difficile. Occorre che i professionisti italiani si rendano conto che le piccole e medie imprese devono contemperare la sicura bontà del loro prodotto con un miglior rapporto finanziario acculturando l’impresa.
Il vicepresidente della Giunta regionale Friuli Venezia Giulia, nonché assessore alle Attività Produttive, Sergio Bolzonello si è soffermato sul ruolo della Regione che «cerca di essere vicina alle PMI anche tramite partecipate a carattere regionale. La Regione dialoga con le imprese, cercando di capirle anche in relazioni ai loro problemi occupazionali; colloquia con i professionisti,anche partecipando alle loro riunioni onde far meglio conoscere gli strumenti finanziari (fondi
europei) utilizzabili a favore delle imprese».
In tema di finanziamenti, il direttore Finest Eros Goi ha sottolineato come attualmente essi varino anche culturalmente da soggetto a soggetto e da luogo a luogo. Pur nella difficoltà di ottenerli, l’imprenditore italiano deve avere più coraggio nel cercare un maggior equity specialmente se intende operare all’estero dove non è abbastanza conosciuto dal mondo finanziario. Per Andrea de Vido, amministratore delegato Banca Finint, in Italia il modo di pensare e di agire delle persone nel mondo della finanza è cambiato solo recentemente, mentre in altri paesi è avvenuto da tempo. «Si stanno affermando nuovi strumenti finanziari che occorre valorizzare. Fra questi vi è la cartolarizzazione che Finint utilizzò già nel 1991. L’esigenza di nuovi strumenti finanziari si impone anche tenendo conto che nelle piccole e medie imprese, ossatura dell’economia italiana, il titolare è in genere l’essenza dell’impresa mentre all’estero il titolare ha la visione di indirizzo dell’impresa e il manager ha la visione finanziaria. Per Nicola Redi, Action Institute, in Italia il contesto economico è in grande movimento. «Il professionista deve saperlo valutare. Esempio di
valutazione da fare è quello concernente sia gli strumenti per garantire i finanziamenti con la cessione di crediti, sia le modalità di utilizzarli». Per questo motivo, secondo Nicola Coccia, studio ACBGroup Napoli, «per le piccole imprese il modo di migliorare per crescere è cambiare».

La finanza e la ristrutturazione dell’impresa

Sul tema della finanza e della ristrutturazione dell’impresa è arrivata la testimonianza di un altro imprenditore, Andrea Oddi della Mangiarotti Spa. «Nel 2013 si è verificata la crisi dell’azienda
che ha causato grandi problemi. Il salvataggio è avvenuto grazie al collegio sindacale che fu attivo nel dare consigli e nel sollecitare soluzioni, grazie al supporto di un’importante società di consulenza industriale e grazie al sistema bancario che, però, nel complesso fu deludente per mancanza di rapido decisionismo. In questo quadro, occorre sottolineare l’importanza del collegio sindacale che in Italia, a differenza dell’organo di controllo di altri paesi esteri, conosce bene l’impresa e, con la sua particolare competenza professionale, è in grado di supportarla nei momenti di difficoltà». Per il presidente dell’OIC, Angelo Casò (studio ACBGroup Milano), «la nozione di ristrutturazione è l’effetto dello sviluppo dell’impresa nel cambiamento. Tramite la ristrutturazione anche la crisi costituisce cambiamento e non necessariamente un momento patologico. Le banche non lo hanno capito. Da ciò il passaggio dal cambiamento alla crisi con la cessazione di fidi e con la valutazione dei crediti per il loro semplice recupero. Per rimediare a questa situazione è intervenuto il legislatore».

Federica Greggio, partner studio legale Osborne Clarke, è intervenuta sugli aspetti giuridici delle procedure utilizzabili a partire da due considerazioni essenziali. «Le banche hanno paura delle conseguenze anche penali (pagamenti preferenziali). È per questo che il legislatore è intervenuto recentemente. Successivamente, dopo il finanziamento con l’intervento del professionista, il legislatore ha fatto passi avanti con l’istituto della prededuzione (art. 182bis L.F.), con la disciplina
della minor revocabilità (art. 77 L.F.) e dei finanziamenti urgenti (182quater L.F.). La nuova disciplina consente rapidità pur essendo la procedura articolata.
Sul piano di ristrutturazione ha preso la parola Lorenzo Galeotti Flori (studio ACBGroup Firenze). «Nella nuova disciplina – ha detto – valgono tre essenziali considerazioni. Occorre tempestività nell’affrontare la crisi essendone di aiuto il collegio sindacale che dovrà prendere coscienza dell’evolversi della situazione finanziaria; occorre coraggio, durante la fase prenotativa di concordato preventivo ex art. 161, comma 6, della legge fallimentare (fase in cui è di supporto alla
continuità aziendale la possibilità di accedere alla cosiddetta “nuova finanza urgente” di cui al nuovo terzo comma dell’art. 182quinquies), nel decidere anche senza avere ancora un piano ben preciso le cui linee guida devono comunque essere tracciate ed apparire sostenibili; occorre che, anche per facilitare il coraggio di chi lo deve avere (Tribunale, commissario giudiziale, professionisti), la fase prenotativa sia trasparente ed abbondante nella informativa anche se con previsioni ancora incerte, purché ragionevoli».
Andrea Gabola, dottore commercialista in Torino, è intervenuto sulla tipologia delle attestazioni affermando che le novità della scorsa estate sono molto articolate. Vengono chiesti grossi compiti all’attestatore che deve valutare l’omogeneità delle classi di credito anche confrontandole con ipotesi migliori. Il processo logico dell’attestatore si articola in otto punti, certamente impegnativi e
non facili, che richiedono un preventivo colloquio con l’imprenditore.
Per Mario Alberto Galeotti Flori (studio ACBGroup Firenze), «l’impresa è una specie di micro-rete tra operai, impiegati, dirigenti, soci, organi amministrativi e di controllo, varie aree di rischio, banche, fornitori, clienti. Le esigenze di questa micro-rete richiedono, da un lato, il consulente che deve essere specializzato anche con competenze rare; dall’altro, un commercialista che, per supportare l’imprenditore in decisioni semplici e rapide, deve essere omnibus, ossia generico. La
specializzazione nell’essere generico deve basarsi sulla capacità di portare il cliente a “narrare di sé”. La collaborazione fra commercialisti generici e consulenti specializzati, se in sistema, anche se collegati semplicemente dal “passaparola”, è competitiva perché può indirizzare e accompagnare l’imprenditore suggerendogli la scelta più completa e, perciò, migliore. La scelta suggerita deve essere il risultato di una rigorosa formazione professionale secondo i principi della scienza; di eticità secondo i principi della deontologia professionale; deve essere armoniosa, ossia bella secondo i principi dell’estetica, perché deve piacere ai suoi interlocutori e, perciò, come nel caso del giudizio sulla continuità aziendale, nel caso del giudizio sulla adeguatezza del rapporto finanziamento/reddito e nelle attestazioni del concordato preventivo, la scelta deve essere talvolta
coraggiosa, sempre, però, secondo ragionevolezza. Il commercialista, muovendosi in questo quadro kantiano dovrà guardare sia alle innovazioni dell’era digitale e della conseguente globalizzazione in
un contesto di grande movimento, sia all’aumentato indebitamento delle imprese. Nell’incontro fra sistema imprese e sistema finanziario molte scelte finanziarie, quale quella del finanziamento nella forma della cartolarizzazione, possono essere fatte secondo schemi del passato aggiornati nell’ottica della bellezza, tenendo sempre presente la deontologia e i principi anche al fine di non confondere la ristrutturazione fisiologica con la patologia, soprattutto in tempi di ripresa dell’economia.

A conclusione della XIII Convention di ACBGroup possiamo avere il coraggio di dire che il nostro futuro dipende da noi italiani. I professionisti faranno ancora la loro parte, dando fiducia all’imprenditore come chiesto dai politici. Per converso, lo Stato abbia finalmente fiducia nell’imprenditore, presumendone davvero la correttezza nel quadro del principio dell’art. 27, comma 2, della Costituzione e, perciò, togliendo costosi e illiberali vincoli che oggi lo frenano».

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