La riforma del Terzo settore introdotta nel nostro Paese al termine di un lungo iter che ha coinvolto, in sede istituzionale, anche la realtà delle fondazioni di origine bancaria, ha inaugurato un percorso ambizioso, volto a recuperare i valori della partecipazione e della solidarietà sociale, costituenti le basi del principio di sussidiarietà orizzontale espresso dall’articolo 118 della nostra Costituzione.
Il merito della riforma risiede, dunque, nell’aver riordinato, conferendole la dignità di vera e propria categoria giuridica, un’area, quella del non profit, che costituisce uno dei settori più dinamici del sistema produttivo italiano, avente, nel decennio 2001-2011, secondo alcune recenti statistiche, il 6,4 per cento delle unità economiche attive.
Un settore, quello dei corpi intermedi, che, dunque, guarda con operosità costante ai fenomeni sociali del nostro tempo, ma capace di abbracciare anche la cultura, nelle sue più nobili espressioni, nonché lo sport e le attività ricreative in genere, costituendo una fucina di iniziative sempre nuove, compiute dalle persone per le persone, secondo un circolo virtuoso che è doveroso tutelare per le attuali e le future generazioni.
Le fondazioni di origine bancaria, pur non rientrando, per una discutibile scelta legislativa, nell’ambito di applicazione della normativa prevista per gli enti del Terzo settore, condividono con essi la natura giuridica privata, gli ambiti di intervento e le finalità sociali. Sono innumerevoli le iniziative che ogni anno le vedono impegnate in prima linea, nel sostegno di progetti a favore delle realtà territoriali di riferimento, in un dialogo positivo e costante con le organizzazioni non lucrative, con le quali condividono altresì l’approccio solidaristico teso al perseguimento del benessere comune e della coesione sociale.
La loro attitudine a percorrere sentieri non battuti, affrontando le sfide che ogni innovazione comporta, le rende l’interlocutore preferenziale con il quale gli organismi che compongono la variegata galassia del non profit possono realizzare sinergie a sostegno delle politiche di crescita sociale e di contrasto alle forme di vulnerabilità ed emarginazione, soprattutto in questa fase economica particolarmente difficile del Paese.
Il coerente impianto di norme contenuto nella legge di riforma, volto a disciplinare organicamente la complessa realtà dei corpi intermedi, dona rinnovate speranze agli attori del settore, che potranno così sviluppare, grazie ad un quadro normativo meno lacunoso ed incerto, le proprie potenzialità di “collettori sociali”, per incentivare forme di aggregazione volte a rendere i cittadini sostenitori proattivi delle proprie aspettative e necessità.
L’approdo legislativo è però solo il punto di partenza dal quale muovere, poiché sarà necessario tenere ben presenti le specifiche identità e prerogative, che costituiscono la vera risorsa del Settore, ed individuare accuratamente gli obiettivi ed i mezzi per realizzarli al fine di raggiungere, nel seno di una aggiornata cornice normativa, risultati concreti e durevoli.
Attendiamo fiduciosi l’emanazione dei decreti applicativi, poiché sarà con essi che, dando corpo ai principi legislativi, si potrà caratterizzare effettivamente in senso evolutivo e positivo, come la legge prescrive, il mondo dell’associazionismo operoso, delle cooperative e delle imprese sociali. La loro emanazione costituirà un ulteriore stimolo alla crescita di un settore che già oggi fornisce un importante contributo non solo al PIL nazionale, ma, soprattutto, alla solidarietà ed alla coesione sociale, a riprova che il vero patrimonio giace in una collettività laboriosa, alla quale siano concesse le chances di forgiare con le proprie mani un destino migliore.

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