Dal suo osservatorio privilegiato, in quanto vescovo, ha il polso della situazione sulla sua diocesi. Che segnali arrivano dall’economia del territorio?

Come vescovo di questa piccola diocesi del sud d’Italia, attraverso spesso il territorio della Locride. Un’area geografica molto conosciuta più che per le sue risorse storiche, artistiche e culturali, per ragioni di altra natura, che ne hanno fatto la terra della ‘ndrangheta. In realtà il territorio è circoscritto tra la catena dell’Aspromonte e la costiera jonica della provincia di Reggio Calabria con le sue belle spiagge, tra Monasterace, Brancaleone e Palizzi. Di industrie qui è vietato parlare. L’economia è molto debole e risente tantissimo delle congiunture economiche. Ne risente ancora di più rispetto ad altre aree del paese, essendo geograficamente molto emarginata con collegamenti viari, e soprattutto ferroviari, scarsi e difficili. Qui si ha la vera idea delle povertà del Mezzogiorno. I livelli di disoccupazione sono molto più alti rispetto ad altre regioni. L’economia del territorio fa ben poco sperare. Se non si viene incontro ai bisogni delle famiglie e non si affronta a dovere la domanda di occupazione, incoraggiando e sostenendo le politiche del lavoro, ai giovani non resta che la via dell’emigrazione.

L’opera di pulizia che Papa Francesco vuole dello Ior incontra degli ostacoli. Quanto sono importanti la trasparenza delle istituzioni economiche ed una legge antiriciclaggio?

L’azione di Papa Francesco è molto incisiva a tutti i livelli, anche sul piano dell’organizzazione finanziaria e quindi dello Ior. Suscita reazioni diverse, ma profetica in questo nostro tempo. Lo Ior è l’istituto opere di religione nato proprio per sostenere l’azione apostolica della chiesa nel mondo. Ma, come tutte le attività umane in cui si tratta di finanze ed economia, aveva bisogno di una reimpostazione e di un richiamo autorevole alle finalità originarie, agendo sempre con metodi improntati a trasparenza e rispetto delle normative interne e comunitarie in materia finanziaria. La chiesa si avvale di questo istituto per perseguire la sua missione, per aiutare le chiese più povere e per dare sostegno ed esprimere solidarietà a favore delle aree più depresse.

Ha letto i libri di Gianluigi Nuzzi ed Emiliano Fittipaldi sugli scandali vaticani? Il processo a loro carico le sembra giusto oppure è stata violata la libertà di stampa?

Sono sincero, non li ho letti. Mi hanno molto colpito negativamente le modalità con cui sono stati acquisiti i documenti. Per cui non mi sorprende la reazione vaticana. Nessuno nega la libertà di stampa e di pensiero, ma anche la stampa ha valori etici cui attenersi.

Nel 2014 si è svolta l’udienza privata di Papa Francesco a tutti i commercialisti italiani. Per il Santo Padre, la professione del commercialista rappresenta un servizio per la società se il professionista coltiva un’etica dell’economia, della finanza e del lavoro. È d’accordo?

Nessuno, né tanto meno la chiesa, intende demonizzare le attività commerciali. Per questo la professione del commercialista ha ricevuto il giusto riconoscimento dal Santo Padre come un bel servizio alla società. Il sano commercio porta sviluppo ed è motore di crescita sociale. Tuttavia, nessuno deve dimenticare che l’economia non è azione indifferente sul piano etico, che il sostegno a certe attività che portano morte e distruzione o che sono solo speculative non è morale. Su questo il sistema bancario deve più attentamente riflettere. L’economia è per l’uomo, per lo sviluppo dei popoli. Prestare concreta attenzione alle aree più povere del globo è fondamentale se si vogliono creare condizioni di sviluppo per tutti.

Sarebbero tre i fascicoli aperti dalla Dda di Reggio Calabria sui cosiddetti inchini verso le abitazioni dei boss locali durante le processioni religiose ad Oppido Mamertina, Scido e Procopio. Secondo alcuni rappresentati politici e religiosi si è trattato di un’esagerazione mediatica. È davvero così? A Locri la possibile commistione tra religione e ‘ndrangheta è un fenomeno conosciuto?

Non entro nel merito dell’attività della magistratura che rispetto e ritengo fondamentale in un’area geografica come questa, in cui la lotta contro l’illegalità ed il crimine è necessaria per lo sviluppo sociale e la pacifica convivenza. Non sono a conoscenza di concreti sviluppi giudiziari della vicenda richiamata. Certo, il tema della pietà popolare è molto sentito da queste parti. Tante sono le tradizioni conservate grazie all’opera di comitati feste, congreghe e confraternite. Su di esse sono intervenuti i vescovi calabresi, la cui posizione ha riscosso grande attenzione ed apprezzamento mediatico. Rinnovare la pietà popolare è necessario, ma è azione non facile. Alcuni riti sono molto radicati nella mentalità comune. Per cui, se anche poco consoni al rinnovamento liturgico della chiesa, non è facile scardinarli. L’impegno da parte della chiesa nell’evitare la contaminazione tra sacro e profano è forte. In una terra come questa non si può tollerare che le feste popolari diventino occasione di spreco e di esasperato consumismo, svuotando le già povere casse della gente, né tanto meno occasione di sfoggio del protagonismo mafioso. I fatti accusati hanno comunque sollecitato un’attenzione in più sul pericolo che la ‘ndrangheta possa infiltrarsi anche nelle manifestazioni religiose e comprometterne il senso spirituale. È un pericolo reale nella Locride e non solo. Non consentiremo però a nessuno di rubarci il vero senso della pietà popolare come espressione dell’inculturazione della fede cristiana.

Ci sono progressi per liberare l’economia della Locride dalla presenza mafiosa?

Non mi pare, stando a certi fenomeni che stentano a diminuire. Mi riferisco al traffico di stupefacenti, al grave fenomeno del racket e dell’usura, agli atti di intimidazione che proprio di recente hanno interessato diverse attività imprenditoriali. Ma con questo non voglio ridimensionare l’azione delle forze dell’ordine che in questo territorio sono molto presenti ed operative. Anche se sbaglia chi dovesse pensare di risolvere i problemi della Locride solo attraverso l’azione repressiva, per quanto capillare possa essere.

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