La crisi economica che ha interessato il Paese negli ultimi anni è all’origine della diffusa applicazione del concordato preventivo quale strumento – alternativo al fallimento – per la gestione di situazioni di dissesto, anche in ragione della flessibilità introdotta – in un contesto di tendenziale privatizzazione delle procedure concorsuali – dalla riforma del diritto fallimentare e dai successivi decreti correttivi.
È noto come il legislatore della riforma sia intervenuto, in particolare, sulle disposizioni che regolano la formazione del consenso negoziale e l’omologazione del concordato.
Tuttavia, la concezione privatistica dell’istituto ha assunto rilevanza anche sul piano della disciplina dedicata alla risoluzione della procedura omologata, come confermato dall’esclusiva legittimazione – ai sensi del novellato art. 186, L.F. – dei creditori all’azione di risoluzione del concordato per inadempimento.
Di contro, fino alla recente modifica introdotta dall’art. 3 D.L. 83/2015, convertito in L. 132/2015 le disposizioni in tema di esecuzione del concordato (art. 185 L.F.) sono rimaste sostanzialmente immutate, con la sola eccezione del concordato preventivo con cessione dei beni (art. 182 L.F.), nel cui ambito il legislatore ha inteso regolare l’attività degli organi all’uopo nominati.
Il commissario giudiziale. La figura del commissario giudiziale nella fase esecutiva del concordato preventivo si pone in regime di continuità rispetto alla funzione di sorveglianza al medesimo spettante nel periodo antecedente all’omologa della proposta.
È peraltro evidente, che – in ragione dell’apertura della nuova fase – viene a mutare l’oggetto della vigilanza, da rinvenire non più nell’attività imprenditoriale ma nell’adempimento delle pattuizioni contenute nella proposta concordataria.
Le innovazioni introdotte dal D.L. 83/2015 e dalla relativa Legge di conversione, sembrano incidere profondamente – sia pure con i limiti infra delineati – proprio sulla configurazione dei poteri del commissario giudiziale nella fase esecutiva del concordato.
Nel regime previgente il commissario giudiziale era tenuto a sorvegliare l’adempimento della proposta concordataria secondo modalità eventualmente determinate nel decreto di omologazione, ed assumendo, ove del caso, le iniziative utili all’adozione dei provvedimenti di cui agli artt. 137 e 138 L.F.
La giurisprudenza ha correttamente rilevato la limitata portata del potere di intervento del commissario nella procedura concordataria e l’impossibilità di attribuire al medesimo un ruolo gestorio.
La potenziale conflittualità tra la funzione gestoria e quella di sorveglianza sull’adempimento del concordato con cessione dei beni ex art. 182 L.F. è inoltre all’origine dell’inammissibilità d’un cumulo – nell’ambito del citato modello procedurale – tra la carica di liquidatore e quella di commissario giudiziale.
Le innovazioni introdotte dal D.L. 83/2015 e dalla L. 132/2015. L’art. 3 D.L. 83/2015, come convertito in L. 132/2015, introduce rilevanti innovazioni sul piano operativo e sistematico, volte a disciplinare (art. 185 L.F.) possibili conflitti fra il debitore ed il terzo proponente domanda di concordato concorrente, come previsto dai nuovi artt. 163 e 163 bis L.F.
Si prevede infatti che il Tribunale possa attribuire al commissario giudiziale – su istanza di quest’ultimo ovvero del terzo che ha formulato la proposta di concordato approvata – un potere di intervento sostitutivo in caso di inerzia dell’imprenditore/debitore rispetto all’esecuzione della proposta concordataria omologata.
Nelle ipotesi più gravi – e qualora il soggetto debitore sia una società – il Tribunale potrà nominare un amministratore giudiziario ed attribuirgli il potere di compiere ogni atto necessario all’esecuzione della proposta concordataria.
Le nuove disposizioni implicano – in una prospettiva di effettiva tutela del ceto creditorio ed a riprova dell’emersione di un favor verso soluzioni conservative della proposta concordataria omologata nonché dell’intenzione di attribuire un ruolo residuale all’opzione demolitoria ex art. 186 L.F. – l’ampliamento delle prerogative del commissario giudiziale in funzione surrogatoria della posizione dell’imprenditore/debitore, sia pure in conseguenza della inerzia dello stesso.
È ben possibile infatti che, ove sia approvata una proposta concordataria concorrente alla propria, l’imprenditore/debitore individui nella mancata collaborazione con il terzo lo strumento per addivenire alla risoluzione del concordato per inadempimento (e dunque di “riapertura dei giochi”) su iniziativa dei creditori (potenzialmente ignari delle criticità deliberatamente causate dall’imprenditore/debitore o, più semplicemente, decisi ad invocare comunque il rimedio di cui all’art. 186 L.F.).
La norma in commento, seppur originata da condivisibili finalità, presenta – ad una prima lettura – taluni limiti.
Le nuove disposizioni non disciplinano, ad esempio, l’ipotesi in cui le condotte omissive del debitore volte a “sabotare” la proposta concorrente insorgano già nella fase intercorrente tra l’approvazione e l’omologa della proposta: si tratta di un arco temporale limitato ma nel corso del quale l’attuazione della proposta stessa potrebbe essere esposta a pregiudizio, poiché anche in tale situazione si rende necessaria un’attività collaborativa da parte del debitore.
Sotto altro profilo, un ulteriore limite operativo va rinvenuto nella previsione per cui la novella dell’art. 185 L. F. opera nelle sole ipotesi di proposta concordataria formulata da soggetti terzi, e quindi senza considerare che analoghe criticità potrebbero ricorrere nel caso di proposta presentata dall’imprenditore/debitore, qualora sia inutilmente decorso il termine di cui all’art. 186, comma 3, L.F., ovvero nell’ipotesi di esito “non gradito” di una procedura competitiva per la cessione di beni al miglior offerente.

L’intervento riformatore di cui al D.L. 83/2015 ed alla L. 132/2015, è l’indice della progressiva emersione del valore rappresentato dalla stabilità del concordato e, quindi, dell’esigenza di una tutela, per quanto possibile, “reale” delle ragioni facenti capo, in linea generale, al ceto creditorio, e segnatamente alle categorie (si pensi ai chirografari ed ai privilegiati degradati) che maggiormente subiscono gli effetti della falcidia concordataria.
Tutela da assicurare non solo attraverso meccanismi competitivi di cessione dell’attivo concordatario al miglior offerente, ma anche in virtù di strumenti idonei a prevenire o eliminare possibili disfunzioni operative nella complessa e delicata fase che segue all’omologa della proposta.
In merito, la normativa di recente introduzione fornisce – per le ragioni dianzi evidenziate – una risposta ancora parziale rispetto alle esigenze della prassi.
In questo senso, non può che formularsi l’auspicio di una integrazione delle disposizioni in commento.

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