Dopo l’approvazione a fine 2017 della web tax nella legge di bilancio italiana, ora sono in particolare Francia, Austria e soprattutto il Regno Unito ad elaborare progetti di tassazione sulle transazioni digitali. Ed è sempre più forte la pressione sulla Commissione Europea affinché adotti una regolamentazione omogenea per l’Unione.

Proprio per questo la Commissione europea ha presentato due proposte di direttiva che hanno ad oggetto norme per la tassazione delle società aventi una presenza digitale significativa e dall’altro un sistema comune d’imposta sui servizi digitali.

La proposta di web tax prevede un prelievo del 3% sul fatturato dei gruppi dell’economia digitale con vendite nell’Unione Europea superiori a 50 milioni di euro l’anno. Oggi queste aziende pagano le tasse nello Stato in cui hanno sede legale, in genere Paesi con una fiscalità molto vantaggiosa. Con la nuova web tax europea dovranno pagare nei paesi in cui fatturano.

Attualmente solo pochi paesi europei hanno già le loro tasse sul digitale, alcuni hanno progetti in corso di approvazione; ma la Commissione Europea e la presidenza di turno austriaca dell’Ue lavorano per una soluzione comune, ritenendo velleitaria e autolesionistica ogni risposta locale a problemi globali.

Il Consiglio Ecofin della scorsa settimana ha affrontato il tema della tassazione digitale. I 27 Ministri dell’economia hanno svolto quello che nel gergo di Bruxelles si chiama un “dibattito orientativo” sulla proposta di istituire un’imposta sui servizi digitali, focalizzandosi su due questioni chiave della proposta della Commissione: il campo di applicazione dei servizi imponibili e la questione della scadenza della direttiva.

La cosiddetta “sunset clause”, cioè l’eventualità della scadenza della direttiva, è considerata necessaria poiché tutti gli Stati membri hanno concordato sul fatto che la direttiva dovrebbe decadere una volta trovata una soluzione globale alla tassazione dell’economia digitale, ricerca della soluzione di cui si è incaricata l’OCSE.

La proposta della Commissione è stata discussa approfonditamente a livello tecnico e politico, nelle dichiarazioni finali tutti i governi hanno riconosciuto che sono stati compiuti progressi su questioni quali le definizioni, la riscossione delle imposte e la cooperazione amministrativa, permangono ancora tuttavia differenze tra gli Stati membri su varie questioni, compresa la più importante: l’esatta portata dei servizi che sarebbero soggetti alla futura imposta.

La Presidenza di turno, che spetta al ministro dell’economia austriaco Hartwig Löge sino a fine anno, ha proposto di svolgere ulteriori approfondimenti tra i governi a livello tecnico tra Commissione UE e governi.

Ad avversare l’iniziativa europea sono ovviamente le grandi società della rete come Google e Facebook, e l’amministrazione statunitense guidata da Donald Trump, che ha minacciato l’UE di inasprire i rapporti commerciali con l’Europa in caso di approvazione di una disciplina ritenuta penalizzante per le imprese statunitensi. Imprese che si stanno a loro volta organizzando. Alla minaccia dela nuova tassazione le Over the Top di internet, Facebook, Google e Amazon reagiscono intensificando le azioni di lobby e la nomina di consulenti in materia di politiche e di relazioni istituzionali. A fare particolarmente notizia è stata l’assunzione come lobbista di Facebook di Nick Clegg, ex vice Primo Ministro britannico.

Parallelamente ai lavori della Commissione anche il Parlamento Europeo, nella  Commissione ECON (Problemi economici e monetari) ha avviato l’esame dei progetti di relazione parlamentare sulla web tax. Si tratta di due proposte dell’On. Dariusz Rosati, polacco del Partito Popolare Europeo e dell’On. Paul Tang, olandese dell’eurogruppo socialista, che riguardano rispettivamente la proposta in merito alla “tassazione delle società che hanno una presenza digitale significativa” e su un “sistema comune d’imposta sui servizi digitali applicabile ai ricavi derivanti dalla fornitura di taluni servizi digitali”.

Sia la Commissione che il Parlamento hanno definito l’inizio di Dicembre come termine per approvare testi condivisi.

Per l’Italia, il Ministro dell’Economia e delle Finanze, Giovanni Tria ha confermato l’intenzione di trovare, entro la fine dell’anno, un’intesa con gli altri Paesi per una web tax europea, ribadendo tuttavia che, in caso di fallimento della ricerca di accordo, l’Italia provvederà in via autonoma, adottando il decreto che renderà pienamente operativa la web tax italiana, che quindi dovrebbe essere effettiva dal Gennaio 2019.

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