La legge delega per la riforma del Terzo settore sta proseguendo il suo iter ed è ora al Senato. È stata fortemente voluta da Luigi Bobba, sottosegretario al ministero del Lavoro, con delega al Terzo Settore, che ne è stato uno dei principali artefici.

Pensa che la riforma che oggi è in discussione al Senato dovrà tornare alla Camera? Quale tempistica prevede per l’approvazione definitiva?
«Il lavoro principale è stato fatto alla Camera, ma dalla relazione fatta dal relatore Stefano Lepri emerge chiaramente che ci saranno alcune proposte di integrazione e modifica. Presumo che, entro il mese di giugno, la legge sia licenziata anche dal Senato. Tornerà alla Camera, ma a quel punto sarà un passaggio puramente formale. Spero che la tempistica ci consentirà, entro l’estate, di avere il testo della delega approvato definitivamente».

Che cosa si aspetta dalla riforma?
«L’aspetto più importante è che si vuole ricondurre la legislazione al principio costituzionale fissato nell’art. 118 ultimo comma. Esso è stato una grande innovazione, ma poi è rimasto lettera morta, scolpito nella Carta costituzionale, ma poco praticato nella realtà. È l’articolo che sostiene il principio di sussidiarietà, secondo il quale le Istituzioni della Repubblica hanno il compito di sostenere l’autonoma iniziativa dei cittadini nello svolgimento delle attività di interesse generale. In altre parole, l’interesse generale non è più compito unicamente delle amministrazioni pubbliche, ma anche dei cittadini, singoli e associati, che liberamente prendono autonome iniziative per associarsi, trovare risposte ai bisogni, promuovere i beni comuni. Credo che il fulcro della riforma sia questo: tutto il resto va in qualche modo riordinato a questo principio. Se riusciremo a fare questo, e se la legislazione verrà riordinata negli aspetti civilistici, in quelli fiscali e nell’armonizzazione delle diverse leggi fatte in questi anni, che hanno riconosciuto famiglie di soggetti distinti, credo avremo conseguito il risultato atteso».

Qual è il giudizio da “operatore” che dà dello stato di salute
delle organizzazioni e delle imprese che operano nel sociale?
«La fotografia dell’Istat rappresenta una pluralità di soggetti di piccole dimensioni, che non hanno straordinari bilanci, che lavorano prevalentemente nell’area sportiva e ricreativa, oltre che nell’area del welfare, e che utilizzano fonti di finanziamento in gran parte private. È vero, hanno dimostra-to una tenuta negli anni della crisi tutt’altro che irrilevante, sviluppando una capacità imprenditoriale di gestire attività economiche con esplicita finalità sociale.
Gli elementi di criticità credo siano tre. Il primo riguarda la capacità di rinnovare il vero capitale di questo settore, ovvero la possibilità di avere energie volontarie. Per questo abbiamo inserito nella riforma una forte spinta al servizio civile, come vivaio motivazionale all’impegno volontario. Il secondo elemento di criticità è legato al fatto che si tratta di un settore plurale, fatto da organizzazioni piccole. È quindi indispensabile creare reti, capaci di lavorare insieme perché le sfide che devono affrontare chiedono certo la concentrazione sulla propria missione, ma anche la capacità di lavorare con gli altri. Il terzo punto riguarda il rapporto con le istituzioni pubbliche. La riforma ha l’obiettivo di rendere effettiva l’azione programmatica e di sostegno da parte dell’Amministrazione pubblica. Spesso le Amministrazioni utilizzano le realtà del Terzo settore, invece di cooperare costruttivamente con loro per elaborare e programmare proposte e risposte che vadano a beneficio di tutti i cittadini».

A suo avviso, quale contributo stanno dando e potranno dare in futuro i commercialisti allo sviluppo del sistema?
«Noi puntiamo ad una forte semplificazione della normativa regolativa sia sul piano civilistico, sia su quello fiscale. Attualmente è in vigore un centinaio di norme, a volte in contraddizione e spesso capaci di complicare la vita a persone che si vogliono dedicare ad una missione sociale. Una forte cooperazione con chi per mestiere è al fianco di queste realtà nelle dimensioni statutarie, fiscali e nei rapporti con gli amministratori è senza dubbio utile, anche per permettere agli operatori del Terzo settore di non disperdere tempo e risorse umane in burocrazia e adempimenti vari per concentrarsi invece sulla mission».

Please follow and like us:
Pin Share
Leggi anche

STAI CERCANDO