“Per ragioni di equità e di coerenza dell’impianto generale delle disposizioni in materia di pacificazione fiscale, si suggerisce di prevedere la possibilità di definire in modo agevolato anche le violazioni relative agli omessi versamenti delle imposte dichiarate, siano esse state già contestate o non a mezzo dei cosiddetti avvisi bonari”. E’ quanto proposto dal Consiglio nazionale dei commercialisti nel corso dell’audizione presso la Commissione Finanze del Senato sul Decreto legge fiscale n.119. Secondo i professionisti, la cui delegazione era composta dal Consigliere nazionale delegato alla fiscalità, Maurizio Postal e dal responsabile dell’area fiscalità della Fondazione nazionale della categoria, Pasquale Saggese, “in presenza della possibilità di definire sia gli atti prodromici all’emissione dell’atto impositivo (processi verbali di constatazione, inviti al contraddittorio e accertamenti con adesione sottoscritti ma non ancora perfezionati), sia gli atti impositivi oggetto di contestazione in giudizio (definizione liti pendenti), sia i debiti iscritti a ruolo o affidati all’agente della riscossione in via definitiva (“rottamazione dei ruoli”), escludere dalla “pacificazione fiscale” soltanto le violazioni relative agli omessi versamenti risulta poco coerente con le molteplici possibilità attualmente previste di sanare violazioni ben più gravi di quelle relative agli omessi versamenti, come quella di dichiarazione infedele”. L’esclusione degli omessi versamenti dalla “pace fiscale” sarebbe inoltre causa, per i commercialisti, “di ingiustificabili disparità di trattamento tra i contribuenti, penalizzando quelli più compliant, ossia coloro che hanno fedelmente dichiarato le imposte dovute, ma che, per carenza di liquidità cagionata, nella generalità delle circostanze, dalla perdurante crisi economico-finanziaria, non hanno provveduto nei termini ad onorare il proprio debito verso l’erario”.

I commercialisti hanno poi proposto di ampliare l’ambito applicativo delle definizioni agevolate anche in materia di dichiarazione integrativa speciale, per i contribuenti che alla data di entrata in vigore del Decreto avevano in corso verifiche fiscali non ancora concluse con la consegna del processo verbale di constatazione o con la notifica dell’avviso di accertamento. “Mentre in questi ultimi casi”, hanno sottolineato i commercialisti, “il contribuente può avvalersi, rispettivamente, della definizione agevolata dei processi verbali di constatazione di cui all’articolo 1 del Decreto ovvero della definizione agevolata degli atti del procedimento di accertamento di cui al successivo articolo 2 qualora l’avviso di accertamento sia ancora impugnabile alla predetta data, nel caso in cui la verifica sia stata ancora in corso alla data di entrata in vigore del Decreto il contribuente non può invece avvalersi della dichiarazione integrativa speciale di cui all’articolo 9 del Decreto”.

“Sarebbe opportuno non lasciare “terre di mezzo” in cui i contribuenti”, hanno spiegato i commercialisti, “pur avendo intenzione di regolarizzare la propria posizione, si trovino, per la particolare situazione in cui versano alla data di entrata in vigore del Decreto, nell’impossibilità di accedere ai benefici previsti dalle diverse tipologie di definizione agevolata, pur avendo commesso violazioni dello stesso tipo o, addirittura, meno gravi rispetto a quelle invece definibili secondo l’attuale quadro normativo”. Per tutte le varie forme di definizione agevolata andrebbe inoltre prevista, per la categoria, “la possibilità avvalersi, per il versamento delle somme dovute, dell’istituto della compensazione, in modo da facilitare l’accesso alla “pacificazione fiscale” anche i contribuenti che, pur avendo scarsa liquidità, vantano crediti d’imposta nei confronti dell’erario”.

Ulteriore proposta dei commercialisti è poi quella di prevedere “per ciascuna forma di definizione agevolata la facoltà per gli enti locali di recepirne la disciplina, al fine di renderla applicabile ai tributi locali di loro competenza”.

Nel corso dell’audizione i commercialisti hanno parlato anche di fatturazione elettronica, chiedendo di disapplicare per tutto il 2019, e non solo per i primi sei mesi del prossimo anno, le sanzioni previste per la tardiva emissione. I rappresnetanti della categoria hanno proposto anche di ampliare a quindici giorni il termine di emissione della fattura, decorrente dall’effettuazione dell’operazione. “L’attuale termine di dieci giorni rischia”, hanno spiegato, “di essere insufficiente, in particolare in occasione del periodo feriale estivo”.

La categoria ha inoltre ancora una volta ribadito la sua richiesta di introduzione graduale dell’obbligo. Una richiesta che tiene conto, hanno affermato i commercialisti, “delle notevoli difficoltà che ancora oggi stanno incontrando in particolar modo i soggetti di minori dimensioni per l’adeguamento al nuovo obbligo di fatturazione elettronica nelle operazioni tra privati delle procedure e delle strutture informatiche necessarie”.

 

 

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