Non si può che concordare con le indicazioni provenienti dal sondaggio svolto sui commercialisti riguardante le valutazioni sulla politica economica del governo e sullo stato dell’economia italiana. Se in generale l’azione riformatrice dell’esecutivo è apprezzata, tuttavia le iniziative finora adottate non sono ancora considerate sufficienti per una ripresa duratura, anche tenendo conto del fatto che non tutte le misure varate nell’ultimo biennio sembrano destinate a rivelarsi sufficientemente efficaci.
È quindi necessario proseguire con decisione sulla strada sulle riforme.
I commercialisti sono i professionisti più vicini alle pmi e hanno quindi vissuto più direttamente le difficoltà che hanno dovuto affrontare in questi anni, testimoniate anche dal gran numero di quelle che hanno cessato l’attività a causa della crisi. Tra il 2008 ed il 2013 si è registrata una contrazione del numero di imprese manifatturiere, per lo più di piccola dimensione, di circa 11.000 l’anno.
Non sorprende più di tanto, quindi, il giudizio sostanzialmente negativo espresso sul bonus Irpef e al contrario l’apprezzamento al taglio dell’Irap, tante volte annunciato in passato e finalmente varato dal governo Renzi, provvedimento che ha un po’ alleviato l’enorme fardello fiscale gravante sulle imprese italiane.
Se sull’efficacia di alcune manovre si possono nutrire delle perplessità, non si può invece non salutare con favore il varo del Jobs act che avvicina la legislazione italiana del lavoro a quella di altri Paesi europei dove la flessibilità, coniugata con una maggiore protezione dei lavoratori piuttosto che del posto lavoro, ha generato guadagni di efficienza e allo stesso tempo ridotto la disoccupazione, in particolare quella giovanile. I dati relativi al 2014, infatti, ci dicono che la disoccupazione giovanile nel Nord Europa risulta del 13% contro il 45% riscontrato nel Sud Europa. La prudenza e la preoccupazione che sembra emergere dal sondaggio in qualche modo stride con i vari annunci di ripresa provenienti da altre sedi. Ritengo che questo sentiment sia il risultato del fatto che, essendo proprio i commercialisti la categoria professionale più vicina alle imprese di minore dimensione, più orientate al mercato domestico che a quello mondiale, non si colgano appieno quelle opportunità che oggi lo scenario economico internazionale sembra offrire. Il quadro congiunturale che sta caratterizzando l’anno in corso appare estremamente positivo per il realizzarsi di una serie di fattori concomitanti che dovrebbero essere in grado di favorire quella inversione del ciclo da troppo tempo attesa. Il deprezzamento dell’euro, i tassi di interesse al minimo storico, il quantitative easing, il forte calo dei prezzi dei prodotti energetici, la ripresa dei consumi negli USA e in Germania sono tutti fattori che potrebbero fornire quella spinta necessaria per uscire dalla fase recessiva sospingendo soprattutto le imprese più presenti sui mercati esteri. In quest’ottica nei prossimi anni il mondo dei commercialisti dovrà essere in grado di attrezzarsi in modo adeguato per affiancarle ad attuare quei cambiamenti necessari per acquisire una maggiore robustezza in termini dimensionali e per poter essere in grado di approcciarsi ai mercati internazionali.
La strada quindi da percorrere, così come rimarcato dalla voce dei commercialisti, è quella di continuare nel processo di riforme, affrontando in maniera radicale le inefficienze e le lungaggini legate alle attività della Pubblica Amministrazione e dando seguito all’impegno annunciato di una profonda riforma fiscale che, oltre ad alleggerire il peso delle imposte sul sistema produttivo, dia luogo a una drastica semplificazione di quell’opaco sistema fiscale oggi soggetto a continui cambiamenti, con il risultato di rendere la vita difficile non solo ai contribuenti ma anche agli stessi professionisti che si trovano in grave difficoltà dovendo agire in un quadro incerto e mutevole.

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