In Europa la maggior parte delle grandi imprese è ancora guidata da uomini. È quanto emerge dalla prima ricerca presentata da EWOB (European Women On Boards) sugli organi esecutivi e decisionali di 600 società quotate sull’indice di borsa “STOXX Europe 600” di 17 Paesi europei, condotta nell’autunno dello scorso anno. Dal report emerge che meno del 5% delle società (27 su 600) ha una donna nel ruolo di CEO e solo il 7% ha una donna tra i presidenti del Consiglio di amministrazione.

La ricerca, che il Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili riporta nella sua informativa periodica “Attività internazionale”, si avvale di un indice ponderato di diversità di genere, il Gender Diversity Index, per misurare la perfomance delle singole imprese considerando 10 criteri di paragone. Lo studio fornisce un’analisi per Paese sulla diversità di genere nel mondo delle grandi imprese, industrie e società in Europa.

Le società di Francia, Svezia, Regno Unito e Norvegia sono quelle che si avvicinano di più ad una governance di genere bilanciata. Nella top 20 delle società valutate in base al Gender Diversity Index, infatti, 7 sono francesi, 5 svedesi e 5 del Regno Unito. Sebbene la Norvegia abbia relativamente poche società nell’indice (15), queste registrano un ottimo punteggio e due di queste rientrano nella top 20. In Svizzera, invece, le società hanno gruppi di leadership poco diversificati e per questo motivo ben 10 delle 20 società che occupano gli ultimi posti della classifica sono svizzere.

Nell’indagine, l’Italia si colloca al settimo posto con la percentuale più alta di donne presidenti del Consiglio di amministrazione e la seconda percentuale più alta di donne membri dello stesso Cda. Allo stesso tempo, però, si registra anche la seconda media più bassa di donne a livello esecutivo e non ci sono donne nel ruolo di CEO tra le aziende considerate.

I Paesi che hanno adottato le cosiddette quote rosa non sembra che abbiano ottenuto un posto migliore in classifica rispetto a quelli in cui il cambiamento è stato ottenuto grazie ad una trasformazione culturale. La Francia e la Norvegia, infatti, sono gli unici Paesi che hanno quote vincolanti per i membri del board e che si trovano ai primi posti della classifica, mentre gli altri Paesi che hanno adottato le quote rosa hanno ottenuto un risultato medio, come il Belgio e l’Italia, o si trovano al di sotto della media come nel caso della Germania.

Lo sbilanciamento tra i generi non riguarda però la composizione dei Cda all’interno dei quali, grazie alle norme adottate da diversi Paesi, la presenza femminile arriva al 27%. Si tratta di una percentuale sempre bassa, ma comunque superiore a quelle delle altre posizioni di vertice.

“I dati della ricerca sull’eguaglianza di genere nelle grandi imprese promossa da EWOB mostrano che, malgrado le buone intenzioni di molti leader sia uomini che donne, il mondo delle grandi imprese, industrie e società è oggi ancora lontano dall’uguaglianza di genere – afferma Alessandro Solidoro, consigliere nazionale dei commercialisti delegato all’Attività Internazionale e vicepresidente di Accountancy Europe –. Il nostro Paese, che rientra tra quelli con quote rosa per i board delle società quotate stabilite per legge, riporta un risultato medio e quindi c’è spazio per fare meglio”.

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