Rendere le  Società tra professionisti (STP) un modello più e meglio utilizzabile, superandone gli evidenti limiti emersi sin dal momento della loro istituzione. E’ questo l’obiettivo delle proposte migliorative della normativa contenute nel documento “La disciplina delle società tra professionisti: aspetti civilistici, tributari e previdenziali” messo a punto dal Consiglio e dalla Fondazione nazionale dei commercialisti. Muovendo dal principio per cui la STP svolge un’attività professionale e non attività di impresa, i commercialisti propongono di intervenire prevedendo una gestione della società riservata unicamente a soci professionisti e un riconoscimento ai soci professionisti di STP del privilegio per i crediti professionali. Tra le proposte della categoria anche l’esclusione della STP dall’ambito applicativo della legge fallimentare e l’attrazione alla disciplina delle crisi da sovraindebitamento. In ambito fiscale la principale richiesta è quella di mettere a punto una norma di interpretazione autentica sulla neutralità fiscale delle operazioni di conferimento, apporto, trasformazione e fusione di studi individuali, associati e società semplici in STP e delle operazioni inverse.

“Le STP – afferma il presidente della categoria, Massimo Miani – sono potenzialmente uno strumento virtuoso per l’esercizio in comune della professione, alternativo allo studio individuale o associato, che si è però finora rivelato poco utilizzabile e che va quindi decisamente riformato. Il nostro documento, muovendo dalle indicazioni fornite dal Consiglio Nazionale e dalle prassi registrate in ambito locale, esamina la disciplina della STP evidenziandone gli aspetti controversi e le problematiche emerse in sede di applicazione, e tenta di fornire alcune soluzioni interpretative che possano facilitare l’utilizzabilità del modello, ma soprattutto orientare possibili interventi di modifica de jure condendo”.

“Il modello STP – aggiunge Miani – ha evidenziato negli 8 anni di vigenza molte contraddizioni. La norma è apparsa da subito quanto mai incoerente con le esigenze dei professionisti. Gli interventi migliorativi dovrebbero partire da una configurazione ad hoc di un modello societario, soggetto di diritto, capace di aggregare l’attività intellettuale di molti professionisti regolandone le modalità e le obbligazioni a garanzia della pubblica fede. Come emerge chiaramente dall’esame di questo documento, troppo poco le STP offrono ai professionisti per renderli davvero competitivi. Un modello societario che troppo mutua dal modello commerciale, a partire dal cardine organizzativo che è il capitale conferito, mentre i professionisti sono molto più inclini a riconoscere quale cardine della aggregazione l’integrazione del sapere professionale e della attività che ne deriva”.

Secondo il consigliere nazionale delegato al diritto societario, Massimo Scotton “se il legislatore vorrà emendare, correggere, integrare la normativa dovrebbe far si che le STP, oltre alla condivisione di spese e costi, possano realizzare un’integrazione di competenze e conoscenze specialistiche differenti, ponendosi sul mercato in maniera competitiva e accedendo, anche grazie a una maggiore patrimonializzazione, più facilmente al mercato del credito. La nostra analisi ha messo in luce come la normativa attuale disincentivi il ricorso massivo a questo strumento. Ripetute sono stati le proposte in materia avanzate dal nostro Consiglio nazionale anche nel documento recentemente depositato nel corso dell’audizione in commissione Finanze alla Camera. Il nostro auspicio è che vengano accolte in sede di conversione dei numerosi decreti emergenziali emanati in questo periodo.

“Nell’era post-covid  – conclude Scotton – la domanda di servizi muterà. Per rispondere al nuovo contesto la professione dovrà poter contare su strumenti operativi e dimensionali che le consentano di competere ed espandersi con efficaci modalità quali-quantitative che permettano adeguate marginalità creando altresì una prospettiva per l’inquadramento nelle STP dei giovani neo abilitati portatori di risorse, anche specialistiche, e quindi contributori alla realizzazione di una dimensione corporate delle attività professionali”.

 

 

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