Con la conversione in legge del D.L. 28 gennaio 2019, n. 4 su reddito di cittadinanza e pensioni, è stato finalmente rivisto il regime sanzionatorio a carico di professionisti e CAF nei casi di visto di conformità infedele sui modelli 730, di cui il Consiglio nazionale dei commercialisti aveva prontamente denunciato la palese incostituzionalità, sin dalla sua approvazione nel 2015 in seguito all’introduzione della dichiarazione precompilata. Si tratta di un risultato importante, per il quale esprimiamo soddisfazione”. Lo afferma Il Consigliere nazionale dei commercialisti delegato alla fiscalità, Gilberto Gelosa.

Accogliendo la proposta formulata sul punto dal Consiglio nazionale dei commercialisti, il nuovo art. 7-bis, introdotto in sede di conversione, sopprime dunque l’obbligo da parte del professionista di pagare una somma pari alle imposte e agli interessi che il contribuente ha “risparmiato” per effetto dell’errore commesso nel rilascio del visto di conformità sul modello 730. Resta invece dovuta unicamente la sanzione pari al 30 per cento della maggiore imposta riscontrata, sempre che il visto infedele non sia stato indotto dalla condotta dolosa o gravemente colposa del contribuente.

Viene confermato inoltre che la somma da pagare potrà essere ridotta tramite il ravvedimento operoso qualora il professionista, prima della formale contestazione dell’infedeltà del visto da parte dell’Agenzia delle entrate, trasmetta a quest’ultima una comunicazione dei dati relativi alla rettifica della dichiarazione.

Si prevede infine che alle sanzioni in materia di visto di conformità infedele non si applica la maggiorazione di cui all’art. 7, comma 3, del D.Lgs. n. 472/1997, secondo cui la sanzione è aumentata fino alla metà nei confronti di chi, nei tre anni precedenti, sia incorso in altra violazione della stessa indole non definita attraverso gli ordinari istituti deflativi del contenzioso.

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