Con la pubblicazione di una serie ravvicinata di norme il legislatore ha tentato di rimediare a quello che potrebbe sembrare un paradosso:il desiderio impossibile di fallire. Per soddisfare le esigenze sottostanti a questa singolare ambizione, le seguenti previsioni contenute nel D.L 22 dicembre 2011 n. 212 , nella Legge 17 febbraio 2012 n.10, nella Legge 27 gennaio 2012 n. 3 , nel D.L 18 ottobre 2012 n. 179 e nella Legge 17 dicembre 2012 n.221 si sono in vario modo occupate della materia, anche revisionandola rispetto ai primissimi approcci, ma conseguendo un risultato finale non proprio dei più brillanti. Il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili, attraverso il lavoro di una Commissione appositamente costituita, ha prodotto alcuni elaborati – facilmente reperibili e scaricabili dal sito Istituzionale – nel tentativo di guidare i colleghi in questo nuovo percorso un po’ ostico e guardato da molti con una sorta di giustificabile diffidenza.
Ostico, perché ancora una volta, per avere il quadro di insieme delle procedure fruibili e del loro completo sviluppo, è necessario buttarsi nel tabellone della norma – come in un famoso gioco – ossia procedendo in avanti ma intuendo già che si dovrà più volte tornare indietro, per tentare di ricomporre ad unità il percorso scelto e perché vi sono delle zone d’ombra che lasciano incertezze e dubbi interpretativi.
Guardato con diffidenza, perché le attività che risultano a carico di chi è a fianco dei soggetti sovraindebitati appaiono particolarmente articolate, complesse e foriere di responsabilità, a fronte, probabilmente, di riscontri economici che non risulteranno adeguati all’impegno profuso ed alle responsabilità conseguentemente assunte.
Le linea guida diffuse dal CNDCEC mettono in evidenza come ai fini dell’inquadramento della fattispecie “sovraindebitamento” risulti di fondamentale importanza la definizione declinata nell’art. 6 comma 2, lett. a) della Legge n. 3/2012 ossia “la situazione di perdurante squilibrio tra le obbligazioni assunte e il patrimonio prontamente liquidabile per farvi fronte, che determina la rilevante difficoltà ad adempiere le proprie obbligazioni, ovvero la definitiva incapacità di adempierle regolarmente”. Tale enunciazione evidenzia immediatamente le differenze con l’insolvenza e fornisce dei criteri di inquadramento e valutazione della crisi soprattutto attraverso i termini perdurante-prontamente- rilevante. Il citato articolo definisce anche il Consumatore quale destinatario della procedura, unitamente a coloro che devono porre rimedio a situazioni di sovraindebitamento non soggette né assoggettabili a procedure concorsuali, quali ad esempio l’imprenditore commerciale sottosoglia, quello agricolo, i professionisti, le società tra professionisti, gli enti no profit e gli altri lavoratori autonomi. Queste categorie di interessati, anche avvalendosi degli istituendi Organismi di Composizione della Crisi (in alcuni ordini già costituiti), con relativi referenti e gestori della Crisi, possono proporre, rispettivamente, un piano del consumatore, un accordo e/o la liquidazione del patrimonio e soddisfare – verificate alcune condizioni – quel desiderio di cui si diceva all’inizio. Che non era propriamente quello di fallire ma quello di esdebitarsi (art. 14 -terdecies) e poter – finalmente e legittimamente – tornare a far parte del tessuto attivo della nostra economia.
Nell’ottica di facilitare il ruolo degli Ordini nella costituzione degli Organismi, oltre alle summenzionate Linee guida sono state fornite le indicazioni per la costituzione degli Organismi di composizione della crisi, confluite nel relativo Regolamento.
Il Regolamento è composto da 16 articoli in cui sono stati individuati i compiti, le attività e le relative responsabilità degli organi dell’Organismo di composizione della crisi, vale a dire del referente e del gestore, nonché le funzioni svolte dalla segreteria amministrativa.
Con mero intento ricognitivo dei contenuti, si mette in luce che, con riferimento al referente, la scelta è ricaduta sull’organo monocratico. Il referente, infatti, è una persona fisica che svolge le proprie funzioni di coordinamento e di indirizzo dell’attività dell’Organismo individualmente e personalmente ed in posizione di assoluta terzietà ed indipendenza. La posizione della Commissione di studio ha trovato avallo nella successiva interpretazione resa dal Ministero che, enfatizzando il ruolo di garante terzo ed indipendente del referente, ha suggerito di separare nettamente tale funzione dal ruolo istituzionale di presidente dell’ordine territoriale.
Il gestore della crisi è sempre una persona fisica che può svolgere il proprio incarico individualmente o collegialmente. Fermo restando, in questo secondo caso, la natura di mandato congiuntivo, il Regolamento stabilisce che l’organo non sia composto da più di tre professionisti scelti a cura del referente tra gli iscritti nell’elenco dei gestori tenuto presso il Ministero. In modo del tutto innovativo rispetto alle prassi in uso, il documento del CNDCEC, nell’ottica anche di diffondere la conoscenza della materia del sovraindebitamento, suggerisce soluzioni che possano agevolare la rotazione degli incarichi e la componente giovane della professione. Di talchè, per un verso, si auspica che, in occasione del conferimento dell’incarico a più componenti, venga adottato un criterio che possa favorire gli iscritti anagraficamente più giovani in possesso di un’adeguata qualificazione professionale, i quali potrebbero affiancare i componenti con maggiore anzianità; per altro verso si privilegia il criterio di rotazione degli incarichi di gestore, ferma restando la valutazione dell’esperienza maturata e della professionalità acquisita, in relazione anche alla natura ed all’importanza della situazione di crisi del debitore proponente.
In conclusione, la materia del sovraindebitamento è, prevalentemente, nuova. I commercialisti, però, sanno accettare le sfide. Il pensiero corre al precedente, non molto lontano, delle attività svolte nel processo di esecuzione. In quell’occasione, di fronte alla novità, c’era molta sfiducia circa la capacità di gestire “preparati” una materia che appariva poco vicina alle specifiche competenze del commercialista e che non prometteva grandi occasioni di guadagno. Questa volta, però, chi ritenesse di voler replicare agli scettici ha un argomento in più. Si tratta, infatti, in prevalenza ed indubbiamente, di materia rientrante nelle nostre competenze professionali; sappiamo trattare le criticità nella quotidianità della consulenza ma anche nel momento più delicato dei primissimi segnali di affanno. I commercialisti possono svolgere un ruolo fondamentale. Si tratta di fare quello che hanno sempre fatto anche di fronte ad oggettive difficoltà: utilizzare le proprie competenze e la propria professionalità e dare comunque il meglio; a quel punto sì che saranno legittimati a mettere in fila le criticità ed a chiedere le doverose revisioni.

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