La legge di stabilità 2016 ha reintrodotto il regime di tassazione separata per i premi di risultato, congelato lo scorso anno per assenza di fondi, modificando la disciplina di riferimento e riconoscendo alla contrattazione collettiva di secondo livello, aziendale e territoriale, un ruolo di fondamentale importanza. Il quadro normativo di riferimento è stato completato con il D.M. 23.3.2016, in attesa di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale nel momento in cui si scrive, che ha provveduto a dettare le opportune disposizioni attuative.
La nuova disciplina, che trova applicazione nel solo settore privato, intende introdurre diversi elementi di discontinuità rispetto al passato, prevedendo la tassazione agevolata a regime, risolvendo in via legislativa rilevanti questioni interpretative e consentendo, nel rispetto dei limiti di seguito indicati, la “sostituibilità” di erogazioni monetarie con beni o servizi.
Riguardo al primo aspetto, l’agevolazione consiste nell’applicazione di una imposta sostitutiva dell’IRPEF e delle addizionali regionali e comunali del 10% con riferimento sia ai premi di risultato di ammontare variabile sia alle somme erogate sotto forma di partecipazione agli utili dell’impresa, in base agli artt. 2099, co. 3 e 2102 c.c. (restano, tra l’altro, escluse le stock options).
Specifiche limitazioni sono però legate all’importo massimo agevolabile. Possono beneficiarne i lavoratori titolari di redditi di lavoro dipendente non superiori, nell’anno precedente, a 50.000 euro, nel limite di 2.000 euro lordi, incrementato sino a 2.500 euro in caso di coinvolgimento paritetico dei dipendenti nell’organizzazione del lavoro. Il lavoratore è comunque libero di richiedere, mediante apposita istanza, l’assoggettamento alla tassazione ordinaria laddove lo ritenga più opportuno e conveniente.
Per poter fruire della detassazione è necessario che gli obiettivi da raggiungere siano formalizzati in appositi contratti collettivi di secondo livello, aziendali o territoriali, firmati dai soggetti di cui all’art. 51 del D.Lgs. n. 81/2015, ovvero dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o dalle loro rappresentanze sindacali aziendali o dalla rappresentanza sindacale unitaria. Il legislatore non ha definito in maniera puntuale gli obiettivi di produttività da richiamare nell’accordo, ma ha fornito, in maniera esemplificativa e non esaustiva, 19 indicatori ed una voce residuale “Altro”, lasciando così alle parti contrattuali la definizione del risultato da raggiungere e da premiare. L’aspetto di assoluta rilevanza che deve essere opportunamente evidenziato riguarda la verificabilità e la misurabilità dell’obiettivo da raggiungere, dovendo l’accordo definire criteri oggettivi da valutarsi nell’arco di un periodo di tempo ritenuto congruo. Del pari, il legislatore non ha provveduto a definire puntualmente le modalità di coinvolgimento paritetico dei lavoratori, lasciando sempre alle parti l’individuazione del sistema più idoneo di collaborazione; semplici ipotesi di collaborazione sono richiamate dall’art. 4 del decreto, negandosi comunque che possano rientrarvi i gruppi di lavoro di semplice consultazione, addestramento o formazione.
E’ inoltre necessario che i contratti di secondo livello vengano depositati in via telematica presso la DTL competente entro 30 giorni dalla sottoscrizione, unitamente alla dichiarazione di conformità degli stessi alle disposizioni del decreto in commento, redatta utilizzando il modello di cui all’allegato n. 1, reso disponibile sul sito del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali ed aggiornato con decreto direttoriale. Nel particolare caso in cui le erogazioni siano riferibili al 2015 ed il relativo contratto collettivo rispetti le condizioni previste dal nuovo impianto normativo, il deposito deve avvenire entro 30 giorni dalla data di pubblicazione del D.M. 25.3.2016 in Gazzetta Ufficiale.
Altro elemento di novità riguarda la possibilità per il lavoratore di sostituire – totalmente o parzialmente – le componenti monetarie collegate all’erogazione dei premi di risultato e della partecipazione agli utili dell’impresa con welfare aziendale, ovvero con i compensi in natura di cui all’art. 51 del TUIR co. 2 e co. 3, ultimo periodo, sempre nei limiti richiamati di 2.000 e di 2.500 euro. Tale previsione ha consentito, tra l’altro, di superare in via legislativa un orientamento non formalizzato dell’Agenzia delle Entrate, legittimando il ricorso al cd. flexible benefit, sebbene nel rispetto dei limiti richiamati di 2.000 e di 2.500 euro. Nel caso in cui si operi tale sostituzione, la convenienza per il lavoratore può ricondursi non solo al beneficio per sé e per la propria famiglia di fruire di beni e servizi il cui valore percepito è solitamente superiore a quello monetario corrispondente, ma anche alla riduzione del carico fiscale e contributivo. Difatti, se l’erogazione è monetaria, la contribuzione è piena (tanto per il lavoratore che per il datore di lavoro) e si applica l’imposta sostitutiva al 10%.
Diversamente, se si dovesse scegliere per la fruizione dei benefit, nel rispetto dei limiti e delle condizioni poste dal T.U.I.R., potrebbero non trovare applicazione né le imposte né i contributi, con un conseguente risparmio anche per il datore di lavoro. Per poter consentire al lavoratore di esercitare tale opzione, è però necessario che in azienda sussista già un piano di welfare o che ne venga implementato uno per l’occasione, e che la contrattazione collettiva di secondo livello di cui all’art. 1, co. 1, lett. a) del D.M. 23.3.2016 ne faccia esplicito riferimento.
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