La delega fiscale non è la panacea di tutti i mali del fisco italiano ma rappresenta un importante punto di partenza per rendere appetibile il nostro paese agli occhi delle imprese nazionali ed estere. Collaborazione preventiva, certezza del diritto e semplificazioni sono i tre pilastri sui quali il legislatore dovrà continuare ad intervenire, al fine di recuperare il gap esistente con altri Paesi e rendere sempre meno complicata la vita dei contribuenti; per arrivare poi a quella riduzione della pressione fiscale tanto agognata da famiglie ed imprese. In tutto questo i commercialisti rappresentano un osservatorio privilegiato di tali cambiamenti, sia nell’applicazione quotidiana delle novità sia nella segnalazione delle criticità operative e dei possibili profili di intervento. A spiegarlo è Luigi Casero, viceministro dell’Economia, intervistato da PRESS in vista del congresso nazionale di Milano.

Ora che l’attuazione della legge n. 23/2014 è completata, che bilancio traccia di questa delega fiscale?
La delega si proponeva di raggiungere un «sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita». Si tratta di obiettivi molto ambiziosi, che non possono essere raggiunti in un batter d’occhio, dovendo intervenire su un ordinamento complesso e frutto di decenni di stratificazione normativa. Devo dire però che ci riteniamo soddisfatti del lavoro svolto, soprattutto per quanto riguarda la parte relativa al nuovo rapporto che si deve andare a creare (e che già da qualche anno si sta sviluppando) tra fisco e contribuente. Ritengo che gli obiettivi di semplificare gli adempimenti tributari e di garantire alle imprese maggiore certezza (anche per quanto riguarda l’abuso del diritto) siano stati centrati. Ora l’importante è proseguire su questa strada.

In che modo?
Indubbiamente insistendo sul filone che giornalisticamente è stato definito il “fisco amico”. Per definizione, contribuente e amministrazione finanziaria non potranno mai essere “amici”, nel senso letterale del termine; ma instaurare un rapporto di dialogo costante, fondato sulla trasparenza e sulla collaborazione reciproca, è possibile. Riteniamo che il regime di cooperative compliance, la riforma dell’interpello e le diverse misure sull’internazionalizzazione (tra cui il potenziamento del ruling) vadano proprio in questa direzione.

Per quanto riguarda le semplificazioni, c’è ancora del lavoro da fare?
Crediamo vi siano ampi margini per rendere il sistema tributario più semplice. Quello che è stato fatto con il D.Lgs. n. 175/2014 è già un grande passo avanti. Tuttavia è necessario snellire gli adempimenti anche tenendo conto delle dimensioni e della struttura dei contribuenti. Le microimprese vanno trattate in un certo modo, per esempio implementando e intensificando meccanismi analoghi al regime dei minimi, con imposte sostitutive ed esclusione da molti adempimenti fiscali e contabili. I lavoratori autonomi presentano altre peculiarità, mentre per le pmi si possono ipotizzare ulteriori interventi ad hoc (contabilità di cassa, etc.). Insomma ciò che intendo dire è che le semplificazioni, ancorché utili, non devono sempre essere uguali per tutti ma vanno graduate in base alle dimensioni e alle caratteristiche dei contribuenti, per essere ancora più efficaci.

Molti commentatori hanno criticato il governo per aver lasciato inattuati numerosi principi della delega, inclusi quelli che incidevano direttamente sulle tasche dei contribuenti (in particolare quelli più piccoli).
E’ innegabile che dai decreti delegati siano rimasti esclusi temi significativi. Ma ciò è dipeso anche dal fatto che la delega doveva essere necessariamente a costo zero. Interventi a favore di partite Iva e professionisti troveranno spazio altrove. Dopodiché – è inutile nascondersi – accanto ai vari fronti di miglioramento del sistema è necessario ridurre la pressione fiscale: l’anno scorso ci siamo concentrati sul lavoro (cuneo fiscale, bonus 80 euro, etc.); quest’anno sarà la volta della prima casa e già a partire dal prossimo anno potremo concentrarci sulle imprese.

Nelle scorse settimane il MEF ha coinvolto il CNDCEC in alcuni tavoli tecnici relativi sia alle semplificazioni sia alla legge di stabilità 2016. In attesa di conoscere le proposte che arriveranno dal congresso di Milano, che contributo può dare la categoria per aiutare il sistema fiscale a “cambiare verso”?
Personalmente fin da quando sono arrivato al ministero mi sono sforzato di interloquire e di dialogare il più possibile con la categoria. Avendo svolto in prima persona la professione, mi rendo perfettamente conto che attraverso le mani dei commercialisti tutte le modifiche e le novità normative passano dalla teoria alla pratica. Chi meglio di loro può quindi evidenziare problematiche e idee di miglioramento? Dal punto di vista della tecnologia il fisco italiano è uno dei più avanzati ed efficienti al mondo. Tale risultato è stato ottenuto nel tempo anche grazie al fondamentale apporto degli intermediari. L’intenzione di questo governo è quella di continuare a sviluppare i servizi online, la fatturazione elettronica, la trasmissione telematica dei corrispettivi e quant’altro. Credo che in questo percorso il contributo dei commercialisti possa essere determinante.

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