Secondo un orientamento consolidato nella giurisprudenza della Corte di Cassazione, ogni attività umana economicamente rilevante può essere espletata nelle forme del rapporto di lavoro subordinato ovvero di quello autonomo, in relazione alla scelta liberamente compiuta dalle parti circa lo schema maggiormente idoneo a soddisfare i rispettivi interessi. Ai fini della qualificazione del rapporto di lavoro come subordinato o autonomo, occorre fare riferimento oltre alla volontà espressa dalle parti al momento costitutivo, qualcuno direbbe al tempo stesso, anche alla concreta attuazione del rapporto stesso.
È appena il caso di ricordare che ai fini della qualificazione del rapporto di lavoro la rilevanza della volontà delle parti è quella di una presunzione semplice, di conseguenza anche quando le parti hanno contrattualmente regolato un rapporto di lavoro autonomo ove si dimostri che – in concreto – il prestatore lavori o abbia lavorato soggiacendo al potere direttivo e disciplinare del datore di lavoro, il rapporto non può che essere configurato come rapporto di lavoro subordinato.
Negli ultimi anni il legislatore è intervenuto in varie occasioni sulla materia dei rapporti di lavoro autonomo svolti nella modalità della collaborazione autonoma ma, stranamente, senza mai regolare completamente l’istituto che, pertanto, fino al decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81 “Disciplina organica dei contratti di lavoro e revisione della normativa in tema di mansioni, a norma dell’articolo 1, comma 7, della legge 10 dicembre 2014, n. 183” , entrato in vigore il 1 luglio 2015, è stato regolato:
da una norma di carattere procedurale, l’art. 409 del codice di procedura civile che regola le controversie individuali di lavoro e al punto 3 (tre) dispone vi rientrino anche i “rapporti di agenzia, di rappresentanza commerciale ed altri rapporti di collaborazione che si concretino in una prestazione di opera continuativa e coordinata, prevalentemente personale, anche se non a carattere subordinato”;
dalla legge 14 febbraio 2003 n. 30 (c.d. legge Biagi), che ha introdotto nel nostro ordinamento il contratto di lavoro a progetto;
dalla normativa previdenziale (gestione separata Inps).
In attesa della riforma organica dell’istituto, proprio dalla normativa previdenziale e, in particolare dall’art. 15 del decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 22 “Disposizioni per il riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali in caso di disoccupazione involontaria e di ricollocazione dei lavoratori disoccupati, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183” che ha introdotto la dis-coll “in attesa degli interventi di semplificazione, modifica o superamento delle forme contrattuali…”. Appare chiaro che il processo della separazione netta tra lavoro subordinato e lavoro autonomo, senza più “vie di mezzo”, è lento ma inesorabile e punta ad un’evoluzione non solo normativa ma anche culturale volta ad indebolire un “sistema lavoro” caratterizzato dal precariato.
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