Capita soventemente che, in fallimenti anche assai complessi, si realizza un attivo significativo, ma tale da poter corrispondere solo parte delle spese in prededuzione sorte durante la procedura. Tipicamente: periti stimatori, ctu, cancellieri e, soprattutto, legali.
Il comma 3 dell’art. 111 bis della legge fallimentare stabilisce che è possibile provvedere al pagamento dei crediti prededucibili sorti a seguito di provvedimenti di liquidazione di compensi dei soggetti nominati ai sensi dell’art. 25 nel corso del fallimento al di fuori del procedimento di riparto, previa autorizzazione del comitato dei creditori ovvero del giudice delegato, solo se l’attivo è presumibilmente sufficiente a soddisfare tutti i crediti prededucibili.
Nell’ipotesi di insufficiente realizzo, l’ultimo comma dell’art. 111 bis stabilisce con chiarezza che il pagamento dei crediti prededucibili debba avvenire secondo i criteri della graduazione e della gradualità. Giova far presente che, spesso, il curatore si rende conto che l’attivo liquido non è presumibilmente sufficiente a pagare tutti i crediti prededucibili solo in una fase avanzata della procedura e all’esito di azioni giudiziali che, pur se vittoriose, non portano liquidità per la massa.
Molte volte, nelle more dell’accertamento dell’insufficienza dell’attivo, si provvede alla liquidazione e al pagamento di alcune di queste spese prededucibili prosciugando la liquidità disponibile e rendendo impossibile il pagamento del compenso del curatore – che andrà necessariamente posto a carico dell’erario (nella misura minima) – o di altri crediti di rango
superiore rispetto a quelli che si sono già pagati.
È stabilito positivamente che in caso di insufficiente attivo per pagare i prededucibili si apre,
dunque, il concorso sostanziale degli stessi con la conseguenza che, salvo le somme rivenienti dalla liquidazione di beni oggetto di garanzia reale, le distribuzioni debbono avvenire seguendo l’ordine delle cause legittime di prelazione. In sostanza, si tratta di prendere in considerazione le cause di prelazione che possono assistere alcuni di essi nell’ambito di un normale procedimento di riparto (i crediti di pari grado debbono essere soddisfatti pro quota, in proporzione dell’ammontare di ognuno di essi). Prima di ogni altro credito prededucibile occorre soddisfare, ovviamente, le spese di giustizia ex artt. 2755 e 2770 c.c.
Occorre a questo punto far presente che il compenso spettante al curatore deve qualificarsi non già come mero debito della massa, al pari delle obbligazioni contratte dal medesimo curatore nel corso della procedura e in funzione della medesima, bensì come “costo” necessario e ineliminabile della procedura, in quanto “condicio sine qua non” della procedura stessa che, senza il curatore, non potrebbe aver corso (ordinanza Tribunale di Milano del 09.01.2014, estens. Lamanna).
Pertanto, al pari delle spese di giustizia, il compenso del curatore deve essere pagato prima dei
debiti della massa. Del resto, la legge fallimentare impone, giustamente, che la liquidazione del compenso in questione avvenga subito dopo il rendiconto e prima dell’eventuale riparto finale, rendendo chiaro come quest’ultimo debba attuarsi distribuendo le somme realizzate al netto di quanto spettante al curatore a titolo di compenso.
Se il curatore, nel procedere con il soddisfacimento dei crediti prededucibili, non abbia tenuto conto delle rispettive cause di prelazione, egli potrebbe assumere, secondo parte della dottrina, una responsabilità contrattuale nei confronti del creditore pretermesso, con termine decennale di prescrizione dell’azione; secondo altra parte della dottrina, la responsabilità sarebbe extracontrattuale. Sembra da escludersi, in ogni caso, una responsabilità del giudice delegato, anche alla luce dei minori poteri ora riservatigli nel controllo dell’attività del curatore, soprattutto in ordine alla possibilità di apportare variazioni al progetto di riparto. Va ricordato, inoltre, che il principio di irripetibilità dei pagamenti effettuati in esecuzione dei piani di riparto (art. 114) non opera tra i creditori, ma solo tra il fallimento ed il beneficiario del pagamento. Non vi sono, quindi, limiti all’azione di un creditore nei confronti di un altro indebitamente arricchitosi a causa dell’errore del curatore.
Orbene, nel caso in cui un curatore fallimentare si rende conto che le somme liquide disponibili non sono sufficienti al pagamento di tutti i crediti prededucibili sorti durante la procedura, egli non può pagare talune di esse al di fuori del riparto. Si dovrà procedere alla soddisfazione onde evitare pagamenti errati e non ripetibili e per non lasciare insoddisfatte le spese di giustizia (causando un danno ingiusto all’Erario), ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 111 bis. Approvato il rendiconto, si chiederà la liquidazione del compenso del curatore e poi si procederà al pagamento delle spese in prededuzione, distribuendo le somme disponibili secondo i criteri della graduazione e della proporzionalità, conformemente all’ordine assegnato dalla Legge.

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