Il documento di ricerca “La scissione negativa: ammissibilità civilistica e profili contabili” approfondisce il tema della legittimità della scissione c.d. negativa.
Dopo aver dedicato alcuni cenni alle ipotesi tipiche di scissione (tra cui la scissione totale o parziale di cui all’ 2506, comma 1, c.c., la scissione c.d. “asimmetrica” ai sensi dell’art. 2506, comma 2, c.c., la scissione di società in stato di liquidazione, di cui all’art. 2506, comma 4, c.c., la scissione proporzionale e non proporzionale ai sensi dell’art. 2506-bis, comma 4, c.c.), il documento si sofferma sull’esame delle fattispecie c.d. atipiche e, più precisamente, sulla scissione c.d. negativa, illustrando preliminarmente i tratti caratterizzanti dell’operazione, la natura e le finalità della stessa per poi offrire una ricognizione dei principali orientamenti sviluppatisi in merito all’ammissibilità civilistica.
Nell’ambito dell’operazione che viene qualificata dalla dottrina e dalle prassi, nonché dai rari precedenti della giurisprudenza, come una scissione atipica con cui viene assegnato, a una (o più) società beneficiarie, un insieme di elementi patrimoniali attivi e passivi con valore contabile netto negativo, infatti, ricadono ipotesi in cui il patrimonio scisso è contabilmente negativo ma con valore “reale” positivo, e casi in cui l’assegnazione riguarda elementi patrimoniali di valore sia contabile che economico negativo.
In merito alla legittimità della scissione contabilmente negativa ma “realmente” positiva, le tematiche considerate e su cui si è da tempo aperto un intenso dibattito dottrinale hanno riguardato, l’effettività del valore economico positivo dei beni assegnati, la possibilità che la società beneficiaria sia di nuova costituzione; la necessità o meno di una perizia di stima per valutare al valore corrente il compendio patrimoniale oggetto di scissione. A titolo d’esempio, un importante orientamento ammette la legittimità di un’operazione di scissione negativa anche favore di una beneficiaria costituita ex novo e in funzione dell’operazione, purché l’operazione sia corredata da una relazione di stima del patrimonio della scissa da assegnare alla neo costituita società beneficiaria, prevista dall’art. 2343 c.c. (per le spa) e dall’art. 2465 c.c. (per le srl), redatta da un esperto in possesso dei requisiti di professionalità sanciti nell’art. 2501-sexies c.c. Da tale attestazione deve, pertanto, risultare l’esistenza di un valore a copertura del netto patrimoniale negativo assegnato alla beneficiaria.
Attestata la legittimità giuridica della scissione negativa a valore reale positivo, nonché l’ammissibilità e la fattibilità della medesima anche sotto il profilo tecnico contabile, più complessa appare la giustificazione, sotto il profilo giuridico, economico e contabile, di un’operazione di scissione negativa a valore reale nullo o negativo. Sebbene una minoritaria parte della dottrina e delle prassi ne abbiano sostenuto l’ammissibilità solo a determinate condizioni, si ritiene che – anche laddove non sia necessario determinare un rapporto di cambio e la beneficiaria sia preesistente e abbia un patrimonio netto tale da riassorbire l’apporto negativo senza incorrere nelle ipotesi di cui all’art. 2446 e 2447 c.c. – sia difficilmente ravvisabile una giustificazione sotto il profilo economico e contabile nonché una qualche valenza strategica dell’operazione.
Tali aspetti sono approfonditi nel documento che non trascura di menzionare l’unico precedente della giurisprudenza di legittimità.
La Corte di Cassazione (sez. I civ., n.26043, del 20 novembre 2013), infatti, ha ritenuto non consentita e, pertanto, di difficile sostenibilità, un’operazione che appaia essenzialmente finalizzata ad attribuire alla scissa un apparente stato di solvibilità, mascherando in tal modo lo stato di decozione della stessa.
Nel caso di specie l’invalidità dell’atto non poteva essere pronunciata poiché si era realizzato l’effetto sanante conseguente dall’ultima delle iscrizioni dell’atto di scissione nel registro delle imprese e dalla mancata opposizione dei creditori nei termini indicati negli artt. 2503 c.c. e 2506 – quater c.c.
Si osserva, infatti, che la scissione, intesa come operazione di riorganizzazione societaria, fonda l’intera disciplina della stabilizzazione dell’operazione e dei suoi effetti sulla regola declinata nell’art. 2504 – quater c.c., da leggere in combinazione anche con l’art. 2506 – quater, comma 1, c.c. in forza delle quali, gli effetti dell’atto non possono caducarsi a seguito dell’iscrizione nel registro delle imprese, iscrizione che assume, pertanto, il valore di pubblicità sanante.
di Cristina Bauco e Gabriella Trinchese
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