“Le azioni di responsabilità avviate da commercialisti nei confronti di colleghi devono essere sempre attentamente valutate, onde evitare di nuocere alla loro reputazione senza fondato motivo”. E’ quanto affermato dai due Consiglieri nazionali dei commercialisti delegati alla deontologia, Giorgio Luchetta e Francesco Muraca.

“Ultimamente”, spiegano Luchetta e Muraca, “si ha notizia di casi di contenzioso tra colleghi, specie tra curatori fallimentari o commissari giudiziali e componenti di collegi sindacali di società sottoposte a procedure concorsuali, scaturente dalla non piena osservanza del principio enunciato nel comma 4 dell’articolo 15 del nostro codice deontologico, secondo il quale “Il professionista deve astenersi dall’esprimere giudizi o dall’avviare azioni suscettibili di nuocere alla reputazione dei colleghi senza fondato motivo”. Lo stesso articolo 15 prosegue affermando che “non possono essere mossi addebiti di responsabilità disciplinare ai colleghi che avviano azioni risarcitorie contro altri colleghi, se i primi, sentite le giustificazioni dei secondi, destinatari dell’azione, hanno adeguatamente argomentato e documentato il rapporto di causalità tra la condotta e il danno che si vuole risarcito”.

“Non è certo nostra intenzione quella di disincentivare la vigilanza su eventuali comportamenti commissivi o omissivi da parte di nostri colleghi”, proseguono i due Consiglieri nazionali, “ma va evitato il rischio che le azioni di responsabilità possano trasformarsi in uno strumento pretestuosamente utilizzato al fine di realizzare attivo fallimentare, così come recentemente denunciato anche da alcuni organi di stampa e come da molti colleghi rappresentatoci nel corso dei numerosi incontri da noi avuti in tutta Italia in tema di deontologia”.

“Del resto”, proseguono Luchetta e Muraca, “il diritto processuale come interpretato dalla Suprema Corte (cass. 23180/2006) richiede espressamente che chi agisce in giudizio deve sin dall’inizio esporre compiutamente la motivazione dovendo descrivere accuratamente i comportamenti degli amministratori che si ritengono essere stati contrari alla legge o allo statuto sociale”. Luchetta e Muraca sottolineano come “non è sufficiente la generica denuncia di un fenomeno di “mala gestio”. I superiori principi del contraddittorio e del diritto di difesa lo richiedono. Questo doveroso comportamento processuale scoraggia aggressioni poco fondate oppure ove vi sia solo un “fumus” richiedendo invece previe indagini ed approfondimenti tanto più importanti quando chi agisce è un soggetto investito di funzioni pubbliche. Peraltro, spesso si tratta di azioni che si risolvono con transazioni di importi modesti rispetto a quelli inizialmente richiesti. Sul punto, l’art. 15 comma 4 del Codice Deontologico dei Dottori Commercialisti dimostra sensibilità al problema, imponendo al professionista, anche qualora stia esercitando la funzione di Curatore di fallimento o di commissario giudiziale, di adeguatamente argomentare e documentare il rapporto di causalità tra la condotta e il danno che si vuole risarcito. Il codice deontologico aggiunge anche il dovere di sentire preventivamente le giustificazioni del collega (questo soprattutto nel caso di responsabilità di un collega, ma non solo). Il seguire la procedura di cui al citato art. 15 permette di iniziare l’eventuale azione giudiziaria non solo andando esente da responsabilità deontologica, ma anche e soprattutto consci di operare nel pieno rispetto della legge addebitando una responsabilità che si ritiene sussistere”.

 

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