L’aula di Montecitorio

“Tutte le proposte di legge attualmente all’esame della Commissione prevedono un ampliamento più che significativo dell’ambito applicativo della disciplina dell’equo compenso, sia attraverso il superamento della nozione di cliente forte, sia tramite il riferimento a tipologie di accordo diverse dalle convenzioni unilateralmente predisposte. Si tratta di un fatto molto positivo, con il quale si prende evidentemente atto che la normativa attualmente vigente non è in grado di garantire una reale e concreta tutela dell’equità del compenso professionale”. E’ quanto affermato dal Vicepresidente del Consiglio nazionale dei commercialisti, Giorgio Luchetta, nel corso dell’audizione presso la Commissione Giustizia della Camera sulle tre proposte di legge in tema di equo compenso a firma Meloni, Mandelli e Morrone.

Serve un compenso minimo obbligatorio

“La disciplina attualmente in vigore – ha spiegato Luchetta – si applica esclusivamente ai rapporti tra professionista e cliente forte basati su convenzioni unilateralmente disposte da quest’ultimo, ossia con imprese bancarie o assicurative e con imprese diverse dalle micro, piccole e medie. Anche la PA è tenuta a garantire il principio dell’equo compenso in relazione alle prestazioni rese dai professionisti, ma questa previsione, seppur lodevole, non è sufficiente ad approntare un’efficace tutela al lavoro autonomo”. Tanto più, ha aggiunto Luchetta, che “i contraenti forti fanno spesso ricorso ad accordi formalmente diversi dalle convenzioni per evitare l’applicazione della disciplina e che c’è una riluttanza della PA nel riconoscere questo diritto ai professionisti”. Per questo la proposta dei commercialisti è quella di “estendere la disciplina a un qualsiasi accordo con un diverso committente, eliminando dunque qualsiasi riferimento alla natura o alla dimensione di quest’ultimo e auspicando che l’equo compenso possa tradursi in un compenso minimo obbligatorio, facendo riferimento ai parametri ministeriali”.

Parametri specifici per le singole professioni 

Proprio in tema di parametri ministeriali, i commercialisti propongono di “predisporre distinti provvedimenti che individuino i parametri specifici in relazione alla singola professione”.  “La predisposizione di singoli decreti ministeriali – ha concluso Luchetta – costituisce l’occasione anche per sottoporre a revisione le modalità di emanazione dei decreti ministeriali che individuano i citati parametri. Per quanto riguarda la categoria dei commercialisti attualmente il DM n. 140/2012 non contempla una serie di attività pur svolte da questi come, ad esempio, le prestazioni aventi ad oggetto l’attività di asseverazione e attestazione, di sistemazione di interessi tra privati, la predisposizione del bilancio sociale, di sostenibilità e ambientale, gli arbitrati, la consulenza aziendale specifica. Ciò discende dal mancato coinvolgimento dell’Ordine professionale nel processo di elaborazione dei parametri. Per questo sarebbe opportuno introdurre un’apposita norma primaria che disponga l’adozione di singoli decreti ministeriali per la individuazione dei parametri specifici di ciascuna professione. Tali decreti dovrebbero essere emanati dal Ministero su proposta del singolo Ordine professionale e dovrebbero essere sottoposti ad aggiornamento periodico quantomeno biennale.  Attualmente ciò è espressamente previsto solo per la determinazione dei parametri ministeriali per i compensi degli avvocati. L’introduzione di analoga disposizione, dunque, avrebbe il benefico effetto di riallineare il sistema e ricondurlo a maggiore coerenza”.

 

 

 

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