L’aspettativa di vita degli italiani tende ad aumentare, come in gran parte dell’occidente, ma quello che distingue l’Italia dagli altri paesi è il tasso di natalità che è tra i più bassi del mondo. In base alle analisi quinquennali della Divisione Popolazione dell’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU), relative al periodo 2005-2010, il tasso medio di natalità per il mondo intero è stimato a 20,3 nascite ogni 1.000 abitanti e quello italiano a 9,2, ossia meno della metà. In realtà, le valutazioni successive hanno ulteriormente ridotto tale valore fino a poco più di 8 nascite ogni 1.000 abitanti.

Questo fenomeno, conosciuto anche da altri paesi industrializzati come il Giappone, ha già prodotto degli effetti concreti sulle abitudini di vita dei cittadini, sui consumi privati, sui servizi sociali ed anche sul sistema previdenziale, come gli italiani di tutte le età sanno.

In effetti l’Italia è stato uno dei primi paesi occidentali a dotarsi di un sistema previdenziale generale ed obbligatorio, che ha consentito fin ora ai lavoratori di usufruire di trattamenti adeguati ad una vita dignitosa, una volta terminata l’attività lavorativa. Ma il sistema in vigore fino a pochi anni fa si basava sostanzialmente su un “patto tra generazioni”, in quanto le pensioni dei lavoratori a riposo erano pagate con i contributi dei lavoratori in servizio. Finché aumentavano sia la platea dei lavoratori in servizio sia le retribuzioni (in valore assoluto), il sistema si manteneva in equilibrio, ma quando le dinamiche sono cambiate con la riduzione dei lavoratori in servizio e l’aumento dei pensionati, ha mostrato tutti i suoi limiti, imponendo vari interventi correttivi, anche “pesanti”, il principale dei quali ha portato all’abbandono del sistema retributivo per quello contributivo nonché all’aumento del limite di età lavorativa.

Se è vero che alcune persone temono la pensione più di una malattia, altre programmano la loro vita anche in base alla cessazione dell’attività lavorativa e su di loro, in particolare, l’innalzamento della soglia di età per “andare in pensione” ha avuto ripercussioni che in alcuni casi sono state gravi. Purtroppo, neppure la riforma più giusta è mai perfetta.

Dal momento che oggi si vive di più appare logico che, conseguentemente, si lavori per un numero maggiore di anni, ma non si può negare che il vigore di un lavoratore di trent’anni è mediamente superiore a quello di un collega ultra sessantenne. Se poi si tratta dello stesso lavoratore è ragionevole supporre che la sua produttività possa diminuire con il tempo, anche se in misura minore all’aumento delle sue competenze ed esperienze.

Nell’intesse dei lavoratori adulti, della collettività nella quali operano, del loro datore di lavoro e, più in generale, del Paese, è apprezzabile la recente iniziativa del legislatore, contenuta nella legge di stabilità 2016, che dovrebbe favorire il “passaggio del testimone” dagli stessi lavoratori adulti ai loro colleghi più giovani, con l’utilizzo dell’istituto del lavoro a tempo parziale.

Il presente memorandum intende esaminare il nuovo strumento di avvicinamento soft del lavoratore all’età minima pensionabile, che consente di ridurre l’orario di lavoro, mantenendo una retribuzione congrua alle proprie esigenze di vita, senza che questa decurtazione intacchi la propria posizione contributiva, attraverso il riconoscimento da parte dell’Inps di contributi figurativi. Probabilmente con l’andare degli anni questo provvedimento non rimarrà isolato, si veda ad esempio la precedente norma contenuta nel decreto legislativo 141/2015 (Jobs act) sulla previsione di un part time in vista della pensione per quelle aziende che applicano contratti di solidarietà espansiva, la c.d. “staffetta generazionale”.

Con la legge di stabilità 2016 il Governo del nostro Paese è intervenuto nuovamente sul tema dell’epilogo dell’attività lavorativa, con uno strumento sperimentale di accompagnamento alla pensione dei lavoratori dipendenti del settore privato, che coinvolge tutte le parti in causa: impresa, lavoratore ed Inps.

Al termine del presente documento è pubblicata una bozza di accordo tra datore di lavoro e lavoratore dipendente per dar corso alla procedura ex art. 1, comma 284, della legge 28 dicembre 2015, n. 208. Ovviamente il fac simile proposto non ha carattere esaustivo, rappresentando solo un utile riferimento per gli addetti ai lavori con implementazioni da effettuare in base alle proprie esigenze.

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