Revisionare la responsabilità civile degli organi di controllo delle società di capitali e introdurre una sua migliore delimitazione. E’ la richiesta sottoposta al Ministero della Giustizia dal Consiglio nazionale dei commercialisti. La proposta della categoria è formulata anche “nell’ottica della riforma delle norme penali fallimentari” e dovrebbero portare all’introduzione “di un limite quantitativo”. Sul tema, il presidente nazionale della categoria, Elbano de Nuccio, ha inviato un’istanza alla Ministra Marta Cartabia e al Sottosegretario Francesco Paolo Sisto, nella quale si chiede anche l’apertura di un tavolo tecnico di confronto sulla materia. “Non si tratta – puntualizza de Nuccio – di una tensione ad evitare responsabilità per il proprio operato, bensì della necessità per il professionista coinvolto di poter agire in un perimetro leggibile dei confini in cui la discrezionalità del proprio operato sia ritenuta legittima sul momento e anche successivamente”. Del resto, sottolinea, “in questa direzione si sono espresse recentemente anche le Commissioni Giustizia di Camera e Senato”.

“La responsabilità illimitata – spiega de Nuccio – sta progressivamente allontanando dagli incarichi di sindaco tutti quei professionisti che non intendono esporre la propria reputazione professionale alla azione risarcitoria. La attuale assenza di qualunque limite ha prodotto e produce reiterate situazioni distorte, soprattutto in sede di procedure concorsuali, laddove si riscontra troppo spesso che una delle principali fonti dell’attivo è data dal presumibile realizzo delle azioni risarcitorie esperite nei confronti degli unici soggetti che, per legge, sono assistiti da copertura assicurativa: i professionisti componenti degli organi di controllo”.

Il presidente dei commercialisti aggiunge che “questo sistema è incoerente perché amplia la discrezionalità di azione degli organi di controllo societari per finalità di pubblico interesse affinché la crisi di un’impresa emerga quanto prima possibile e nel contempo, però, non ne delimiti il perimetro di responsabilità che in seguito possa essergli ascritta all’esito degli eventi maturati successivamente. Per conseguenza, stanti le attuali prescrizioni normative, addossa la responsabilità illimitata anche agli organi di controllo, che da un lato diventa estremamente onerosa in sede civile a causa della illimitatezza del danno pretendibile, tanto che troppo spesso l’azione risarcitoria è una delle principali componenti dell’attivo della procedura concorsuale che agisce nei confronti del professionista, dall’altro in sede penale la responsabilità illimitata diventa estremamente lesiva del professionista fin quando non riesca a dimostrare di non essere colpevole, per il venir meno della copertura assicurativa unita alla eccessiva durata dei processi. Infine, troppo spesso l’azione risarcitoria espletata in sede penale è fondata sui medesimi presupposti che fanno perno sugli asseriti “poteri impeditivi”, ma con effetti dilanianti per i professionisti componenti dei collegi sindacali anche laddove alla fine si dimostrino incolpevoli”.

“Fermi restando i requisiti di responsabilità professionale, anche deontologici oltre che risarcitori, che debbono restare assolutamente fermo presidio di legalità – conclude de Nuccio – chiediamo che venga introdotta una soluzione tecnica per una determinazione quantitativa al danno risarcibile, come già avvenuto nella esperienza di altri Paesi europei, con la tecnica dei multipli dei compensi attribuiti”.

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